di Lorenzo Vanni Lo scorrere del tempo è stato rappresentato in letteratura in molti modi diversi. Il più incisivo e rivoluzionario è stato quello degli scrittori modernisti più sperimentali che, adottando il flusso di coscienza, hanno introdotto una nuova categoria storiografica, ossia quella del realismo psicologico. Quando in ambito anglosassone si parla di modernismo, i nomi che si fanno istantaneamente sono quelli di Virginia Woolf e James Joyce e si aggiunge, quasi come nota a margine, il nome di Proust. Quando nel 2005 John Banville vince il Booker Prize per il suo romanzo Il Mare, risulta evidente a tutti (ancor prima di questo romanzo, a dire il vero) quanto Proust eserciti un influsso notevole sull'opera dell'autore irlandese, tanto da esserne considerato l'erede. Banville, classe 1945, affermava che gli autori irlandesi generalmente si dividono tra ammiratori di Joyce e ammiratori di Beckett e, in questa opposizione, vedeva se stesso schierato a favore del secondo; questa ambivalenza ci dà una chiave di lettura del suo romanzo, avvolto nella malinconia e nel ricordo del passato. La trama ruota intorno a Max Morden, critico d'arte che, in seguito alla morte della moglie uccisa da un cancro, decide di tornare nella località di mare in cui aveva passato l'infanzia rievocando i ricordi legati a quel luogo. La narrazione procede in un’alternanza continua tra passato e presente, ogni arco temporale ben riconoscibile grazie al ricorso a paragrafi distinti, per poi assistere nella parte finale a un intrecciarsi dei due piani; nel corso del romanzo la narrazione è continuamente articolata in un monologo interiore che coinvolgerà il protagonista fino alla fine. Beckett, nel suo esistenzialismo espresso principalmente attraverso il Teatro dell'Assurdo, segna l'opera avvolgendola in un'atmosfera malinconica, dove solo nel finale abbiamo la consapevolezza del non-senso che avvolge la vita. Il mare, che nella tradizione occidentale è considerato fin dai tempi di Omero un luogo di mistero e pericolo che sfida costantemente l'uomo, è il testimone silenzioso e indifferente della vita che si svolge al di fuori; nella sua indifferenza, è la rappresentazione della Natura lontana dal suo ruolo di madre, nonostante la morte finale avvenga per acqua (e il topos della morte per acqua simbolizza il ritorno nel grembo materno). Il mare rimane piatto nel corso di tutto il romanzo, ma si agita con l'avvicinarsi del momento topico finale e in questo si nota forse l'influsso di Virginia Woolf con il suo Le Onde, in cui è proprio il moto ondoso a scandire l'alternarsi di vita e morte dei personaggi che si alternano nei loro monologhi. Banville è, per questo e altri romanzi, tra cui spicca La Spiegazione dei fatti (1989), stato preso in considerazione come possibile candidato per la vittoria del Premio Nobel. In attesa del momento in cui potremo celebrarlo come si deve, non possiamo che consigliarvi questo grande scrittore irlandese. Immagini tratte da: https://www.illibraio.it/libri-john-banville-421953/ https://das-kabarett.blogspot.it/2016/08/john-banville-il-mare.html
0 Commenti
Il racconto a fumetti di Daniel Pennac sul palco di Pontedera
Si è tenuta lo scorso venerdì 9 febbraio la prima messa in scena presso il Teatro Era di Pontedera dell’opera di Daniel Pennac Un amore esemplare.
La pièce è l’adattamento del fumetto omonimo, Un amore esemplare, di Daniel Pennac e Florence Cestac, volume che ha inaugurato in Italia la nuova collana Feltrinelli Comics. L'incontro tra la penna sensibile e sognatrice del narratore con le illustrazioni marcate ed evocative della fumettista dà luogo a un'armonia di sensi, che non comprendono soltanto il tatto e la vista, ma con grazia diffondono i profumi e voci di una storia dal forte impatto emotivo. Al punto da sembrare inventata di sana pianta. Un’opera gradevole e delicata a metà tra vera e propria recitazione e racconto ad alta voce, senza dimenticare i disegni della Cestac.
Il sipario si alza e lo schermo sullo sfondo si anima grazie ai disegni che Florence Cestac realizza sul momento; se il volto della disegnatrice ci è nascosto, visto che è seduta a una scrivania e ci volge le spalle, il tratto che si distingue sullo schermo è inconfondibile. Presto il disegno di una giovane sartina si sovrappone a Ludovica Tinghi, attrice e “traduttrice” di Daniel Pennac. Sì, perché il celebre scrittore francese compare poco dopo, rammaricandosi di sapere l’italiano, ma di non riuscire mai a parlarlo. Infatti lo spettacolo si sviluppa in un’alternanza di francese e italiano, in cui Pennac ci racconta, sfogliando il suo fumetto, la storia di Jean e Germaine. La Tinghi a questo punto si offre di farci da traduttrice, ma è anche colei che veste i panni di vari attori: dal fratello di Pennac al padre di Germaine, ma è proprio a quest’ultima che presta più spesso il volto. A questo punto non resta che trovare il nostro Jean dal naso a “quart de brie”. Il prescelto è Massimiliano Barbini che dal pubblico raggiunge gli altri attori sul palco.
La storia che Pennac condivide con noi è quella di un amore tra classi sociali diverse, tra Germaine, umile sartina figlia di uno straccivendolo, e il marchese Jean de Bozignac. Un amore che attraversa la storia e la Francia, da Bordeaux a Colle sur Loup in Costa Azzurra. Proprio qui rivela di averli conosciuti Pennac, quando ormai erano dei signori di mezza età che andavano contro ogni ragionevole convenzione sociale: entrambi erano stati rinnegati dalla propria famiglia di origine, Jean non aveva un lavoro, non avevano figli, erano quella che veniva definita una coppia improduttiva. E nonostante chiunque li guardasse con occhio critico e sospettoso, il giovane Pennac aveva deciso invece di “amarli assolutamente”, perché catturato dalla magia della loro unione. Un'unione certamente avversa agli schemi comuni e alla "normalità" prevista dalla morale pubblica. Un legame caratterizzato da una simbiosi straordinaria tra le due persone, all'interno della quale la tenerezza prendeva il sopravvento su tutto il resto, e in cui la passione per il fascino esercitato dai libri si trasformava nel pane quotidiano che avrebbe nutrito le anime di Jean e Germaine sino alla fine della loro esistenza. Il giovane Pennac era rimasto irresistibilmente conquistato da questo incontro al punto da impegnarsi a escogitare gli stratagemmi più disparati per poterli rivedere. Ed è proprio grazie ai numerosi escamotage inventati dal giovane scrittore per passare sempre più tempo in loro compagnia, nella loro casa, che veniamo a conoscenza di questo amore esemplare, senza intermediari e senza alcuna possibile separazione, perché la verità è che Jean e Germaine sono “sono nati il giorno del loro primo incontro”.
Foto tratte da: foto gentilmente fornite dal Teatro Era. Potrebbe interessarti anche: di Alberto di Pede Esistono argomenti molto difficili da trattare per uno scrittore, argomenti che richiedono, oltre a perizia e studio, una grande sensibilità e una grande attenzione nell'impiego delle parole. Queste devono essere letteralmente pesate, tarate una a una, perché l'utilizzo improprio anche solo di una di esse potrebbe fare molto male. Nel suo libro Le tre del mattino, Gianrico Carofiglio tratta due di questi argomenti contemporaneamente, e lo fa in punta di penna, con una delicatezza e un'attenzione insuperabili. Un figlio adolescente, che ha già subìto il trauma della separazione dei genitori e che non conosce quasi per niente il padre, si scopre colpito da una malattia subdola e vigliacca. La notizia, com'è logico, lo sconvolge, ma i genitori decidono di combatterla unendo le loro forze. Da qui parte la storia di Antonio: un primo viaggio con ambedue i genitori e il primo verdetto che lo costringerà a una cura, concedendogli una vita apparentemente normale, ma facendolo sentire intimamente diverso. L'appuntamento con il professore è fissato per tre anni dopo. E sarà durante quel secondo viaggio, effettuato solo con il padre, che Antonio, a causa della prova da sostenere, conoscerà lati sconosciuti di quel genitore, scoprendone debolezze, intime paure, recondite scintille d'umanità. In giro per due notti per le strade di Marsiglia, senza poter dormire, padre e figlio si scopriranno come non hanno mai fatto, raccontandosi in una crescente intimità. L'autore gli farà attraversare quartieri malfamati e zone grigie dell'esistenza, senza mai cadere nella trappola del giudizio o della retorica. E, alla fine, dopo ben quarantotto ore di veglia forzata, arriverà l'esito della prova. Ma arriveranno anche altri due esiti importanti relativi alla vita del giovane Antonio e al recupero del suo rapporto con il padre. Un libro bello, ben scritto e senza dubbio realistico. Parola di chi quelle strade di Marsiglia, proprio per quel motivo, le ha percorse. Immagine tratta da:
https://www.qlibri.it/images/stories/jreviews/_le-tre-del-mattino-1506462370.jpg
Una nuova penna si è fatta notare nell’ultimo mese tra i lettori di thriller e, sebbene il vento freddo del nord e i paesaggi innevati facciano da sfondo a questa storia, non stiamo parlando di una “nuova regina” scandinava. Con Fiori sopra l’inferno giochiamo in casa, grazie a Ilaria Tuti, giovane e promettente scrittrice friulana. Il consenso tra i lettori in realtà non ci sorprende troppo, considerando che il libro, presentato all’ultima Fiera del Libro di Francoforte, è stato conteso da molti editori per i diritti di traduzione e verrà pubblicato già in quattro Paesi europei: Francia, Germania, Spagna e Inghilterra.
La vicenda si snoda nel paesaggio innevato delle Alpi friulane. Incastonato tra le montagne, tra il folto bosco e qualche pista da sci, si trova Travenì. Un antico borgo che vive soprattutto di turismo, dove tutti conoscono tutti e dove proteggere l’immagine della propria comunità è una forma di difesa a volte anche poco razionale; spesso infatti si innesca una sorta di meccanismo che porta a credere che la negatività, il male, venga sempre dall’esterno, dal forestiero. Ma c’è qualcuno che non la vede affatto così e quel qualcuno è il commissario scelto da Ilaria Tuti. Con un sottile e ironico cambio di punti di vista l’autrice ci spiazza e scopre i nostri cliché: e quando tutti ci aspettiamo di conoscere il nuovo protagonista maschile di questa vicenda ci imbattiamo invece in Teresa Battaglia. Un personaggio sicuramente poco convenzionale: non la classica donna in carriera giovane, bella e intelligente a cui siamo spesso abituati, ma una donna di mezza età, in lotta con il suo corpo e con un destino avverso che ne mina l’incontestabile abilità. Sì perché anche se spesso è burbera e irruenta, Teresa è unica nel suo lavoro, nessuno come lei sa entrare nella mente di un criminale. “Non è bravo, è feroce. Ma c’è davvero differenza fra le due cose? Io non lo so. È forse bravo un lupo che divora la preda o è semplicemente se stesso?” Massimo ricordò il discorso iniziato nel bosco dietro la casa dei Kravina. “Sta dicendo che lui è così e non può evitarlo” disse. “Suona male, parecchio male.” Lei sorrise. Sembrava stanca o forse solo annoiata dalle chiacchiere di quello che considerava un neofita, nemmeno troppo capace. “Forse loro vedono il mondo meglio di noi” disse, in un sussurro. “Vedono l’inferno che abbiamo sotto i piedi, mentre noi contempliamo i fiori che crescono sul terreno.” Se il germe del male fosse in ognuno di noi? Spesso resta latente, non ha motivo di dischiudersi e crescere, ma se a volte le privazioni, le sofferenze facessero mettere solide radici a quel germe nell’animo umano? Teresa non giustifica per questo le azioni dei criminali, ma non riesce a dimenticare quello che sono o che hanno potuto subire. E così quando una mattina la tranquillità del paesino viene incrinata dal ritrovamento di un corpo senza vita, steso in mezzo alla neve e sistemato come per un rituale, Teresa non cerca qualcuno che viene da fuori, ma qualcuno che giace nel cuore, nella storia di quel borgo.
La vicenda procede infatti in un’alternanza di presente e passato. Quando non siamo a Travenì facciamo un salto indietro nel tempo di circa quarant’anni e ci troviamo in Austria, all’interno di un edificio isolato che tutti in paese chiamano Scuola, ma che sembra molto lontana negli intenti da questa definizione. Si tratterebbe di un orfanotrofio ma in realtà non è chiaro cosa accada veramente all’interno delle sue mura. Ilaria Tuti intreccia il suo thriller a un episodio storicamente avvenuto (ovviamente poi romanzato dall’autrice per la sua storia); questa scelta, insieme alla sapiente descrizione dell’ambientazione, contribuisce a conferire l’atmosfera disturbante e perturbante che contraddistingue il libro.
Ilaria Tuti sarà a Pisa sabato 17 febbraio alle ore 17:30 per un incontro con i lettori organizzato dalla Libreria Fogola presso l’auditorium delle Officine Garibaldi. Foto tratte da: https://www.lafeltrinelli.it/libri/ilaria-tuti/fiori-sopra-l-inferno/9788830449817 I disegni inseriti in questo articolo sono stati espressamente realizzati da Elisa Grilli, per visionare altre sue opere visitate: https://elisagrillidc.wixsite.com/drawing2dream oppure https://www.facebook.com/elisagrillidicortona/ Potrebbe interessarti anche:
Negli ultimi due anni il dibattito politico (e non solo) è stato occupato dalla questione razziale. È diventato un elemento centrale all’interno del confronto politico soprattutto in seguito all’elezione di Donald Trump in America, ma lo è stato anche in Italia, in seguito all’intensificarsi del fenomeno migratorio a partire dal 2015. Si ha una duplice impressione sul tema: da un lato che lo si voglia affrontare per porlo in un’ottica critica e analizzarlo in ogni suo aspetto per comprendere come trovare una possibile soluzione e sottrarlo alla speculazione politica, dall’altro lato che esista un movimento apparentemente opposto e guidato dalla cosiddetta “sinistra progressista” avente come obiettivo dichiarato quello di riconoscere meriti e diritti alle minoranze razziali. Questo non sempre avviene in completa buona fede, e può capitare che a essere premiata, più che il talento vero e proprio, sia l’appartenenza razziale.
In altre parole, un romanzo come La Ferrovia Sotterranea (2016) di Colson Whitehead edito in Italia da Big Sur, pur essendo un buon romanzo, forse non meritava la vittoria al Premio Pulitzer. Questo non significa che non debba essere preso sul serio, anche perché è evidente che sia un’opera valida.
La storia si svolge in pieno XIX secolo e ruota attorno a due schiavi, Cora e Caesar, che fuggono dalla piantagione di cotone in cui erano rinchiusi e, attraverso la ferrovia sotterranea, cercano di rifarsi una nuova vita in Carolina del Sud, stato abolizionista. I loro vecchi padroni, però, ingaggiano un cacciatore di schiavi che cerca di catturarli per riportarli dai loro padroni.
Le prime 50 pagine, ambientate nella piantagione, sono farraginose, ma il ritmo si risolleva appena i due riescono a fuggire e da qui la storia decolla. In effetti è raro incontrare, in un romanzo che abbia come tema centrale lo schiavismo, un’ambientazione diversa da quella di una piantagione; l’interesse cresce molto quando si osserva il modo in cui Cora e Caesar tentano di inserirsi in un tessuto sociale mutato dove le persone di colore sono accettate e dove vengono riconosciuti il diritto allo studio e a un lavoro che non sia inumano come quello svolto al servizio dei vecchi padroni. La sensazione che si ha è che l’autore sia sostanzialmente scettico, quando non apertamente pessimista, riguardo alla possibilità che le persone di colore siano effettivamente accettate e l’atmosfera che si avverte in tutto il romanzo è opprimente; dalla scrittura traspare la rabbia per la vita nella piantagione e la disillusione quando i due tentano di rifarsi una vita, rendendo chiaramente percepibile come Cora e Caesar vivano in una condizione di costante allerta, nonostante abbiano raggiunto una situazione che potrebbero chiamare felicità. Scopriranno che non è tutto interamente positivo, neanche in Carolina del Sud. L’impressione generale è di trovarsi davanti un buon romanzo, sicuramente valido, ma a cui mancano le caratteristiche in più che lo renderebbero un grande romanzo da Pulitzer. C’è da dire che forse non possiamo avvertire interamente la portata di un argomento del genere non conoscendo e non vivendo il tema vivo in America, tuttavia ci sentiamo di consigliarlo se non altro per sapere qualcosa in più sull’argomento. Immagini tratte da: https://www.ibs.it/ferrovia-sotterranea-libro-colson-whitehead/e/9788869980879 https://www.prhspeakers.com/speaker/colson-whitehead
“Ma noi non volevamo farlo” ho insistito.
“A volte non c’è bisogno di voler ferire qualcuno per fargli del male, Jack. Capito?” Non sempre ce lo ricordiamo noi adulti, figurarsi dei bambini. Ma proprio come insegna Veronica a Jack, così R.J. Palacio (pseudonimo di Raquel Jaramillo) cerca di ricordarlo a tutti noi con Wonder, suo romanzo d’esordio, edito in Italia da Giunti Editore. Un romanzo che probabilmente troverete nella sezione ragazzi ma che, sia per la sua scrittura sia per la storia e i valori a cui questa rimanda, è una lettura che consiglierei anche agli adulti. Il romanzo è strutturato in otto parti con l’alternarsi dei punti di vista di vari personaggi. Il protagonista è August, Auggie, un bambino di dieci anni. August è nato con una patologia che colpisce la fisionomia facciale e che di conseguenza causa anche problemi collegati allo sviluppo degli organi di senso facciali, in particolar modo le orecchie e quindi l’udito. L’autrice, in un’intervista al Telegraph, ha dichiarato di aver tratto spunto per il libro da una sua esperienza personale. Durante una giornata al parco in compagnia dei suoi due figli, la Jaramillo vede una bambina affetta da una malattia che poi scoprirà essere la sindrome di Treacher-Collins; il panico la coglie, soprattutto per la possibile reazione della figlia piccola di 3 anni, così richiama i bambini e si allontana di corsa: «Alle mie spalle ho sentito la madre della ragazzina che, con voce molto calma, diceva: “Forse è ora di tornare a casa”. Mi sono sentita un verme e non sono riuscita a dimenticare questa esperienza.» Da quell’episodio e da quella emozione di vergogna l’autrice ha imparato qualcosa: il rispetto per l’altro, che non significa come erroneamente si pensa, davanti a situazioni come queste, una forma di iperprotezione o un atteggiamento di favoritismo e agevolazione, ma semplicemente la capacità di guardare il prossimo sempre con lo stesso sguardo, al di là del suo aspetto esteriore o interiore.
Ed è questo che il protagonista di Wonder desidera più di ogni altra cosa: “Se trovassi una lampada magica e potessi esprimere un desiderio, vorrei avere una faccia così normale da passare inosservato”. Non stupisce che da piccolo Auggie adorasse il casco da astronauta che gli aveva regalato Miranda, l’amica di sua sorella Via: con quel casco poteva essere chiunque, ma anche semplicemente un bambino normale. Poi improvvisamente il casco sparisce e così, nello stesso modo, i suoi genitori capiscono che non possono continuare a proteggerlo per sempre.
Dopo aver studiato sempre a casa con la madre, August si trova ad andare per la prima volta a scuola, in prima media. Da qui prende veramente avvio il romanzo, perché per Auggie la scuola significa molte cose: non solo confrontarsi con grandi e bambini che lo giudicano per il suo aspetto, ma anche scoprire che cos’è “una classe” e vivere una routine totalmente nuova, fatta di professori, compiti, progetti scolastici e molto altro. Senza dubbio una volta a scuola Auggie si troverà faccia a faccia con il pregiudizio e il bullismo, ma scoprirà e imparerà anche a riconoscere l’amicizia, quella vera. Wonder, questo inno alla gentilezza, è diventato da poco anche un film con Julia Roberts, Owen Wilson e un bravissimo Jacob Tremblay nei panni di Auggie. Foto tratte da: https://www.giuntialpunto.it/product/8809058348/libri-wonder-r-j-palacio I disegni inseriti in questo articolo sono stati espressamente realizzati da Elisa Grilli, per visionare altre sue opere visitate: https://elisagrillidc.wixsite.com/drawing2dream oppure https://www.facebook.com/elisagrillidicortona/ Potrebbe interessarti anche:
Venerdì 9 e sabato 10 febbraio ore 21, al Teatro Era di Pontedera, arriva il grande romanziere Daniel Pennac che è in scena Massimiliano Barbini, Florence Cestac, in Un amore esemplare, con l’adattamento teatrale Clara Bauer e Daniel Pennac.
Lo spettacolo, in francese e in italiano, è tratto dal fumetto appena uscito Un amore esemplare di Daniel Pennac e Florence Cestac, Feltrinelli editore. È la storia di un amore puro senza intermediari, così vero da sembrare inventato, che conquista il piccolo Daniel Pennac a tal punto da entrare a far parte del bagaglio dei suoi ricordi. Le parole di Pennac, in un’atmosfera incantata, si intrecciano con i disegni di Florence Cestac per dare vita a un gioco teatrale tra racconto e fumetto. Il racconto e lo spettacolo nascono dall’incontro fra un grande romanziere Daniel Pennac e una grande fumettista Florence Cestac. Pennac ha una bella storia da raccontare. Una storia d’amore, fra un uomo e una donna di diversissima estrazione sociale, ma uniti da un sentimento forte, pulito e coraggioso. Una storia vera e così bella da sembrare inventata. Da qui la regista Clara Bauer traspone il fumetto a teatro con la presenza in scena dei due autori. Daniel Pennac racconta al pubblico il suo colpo di fulmine per questa incredibile coppia mentre Florence Cestac riempie l’intero spazio scenico con i suoi disegni dal vivo. Quand’era ancora un bambino, Daniel Pennac trascorreva le vacanze a La Colle sur Loup in Costa Azzurra. Sole, piante di fichi ed un grande pergolato sotto il quale si giocava a bocce. Qui, con suo fratello Bernard, incontrava per la prima volta Jean e Germaine: lui, alto e calvo; lei, magra, rosea e felice. Jean e Germaine erano stati ripudiati dalle loro rispettive famiglie che non approvavano la loro unione. Lei era un’umile sartina, lui figlio di un ricco industriale. Agli occhi di Daniel bambino apparivano una coppia sempre di buon umore, contagiosa per la loro gioia di vivere. Niente figli, niente lavoro, Jean e Germaine vivevano il loro amore senza intermediari, un amore sedentario, un amore esemplare. Daniel Pennac si è chiesto a lungo come raccontare questa storia, poi ha pensato alla sua amica disegnatrice Florence Cestac e alla sua impareggiabile capacità di raffigurare le persone come sono nella vita. Ed è così che un giorno, in un ristorante di Parigi, le chiede di raccontare con i suoi disegni l’amore tra Germaine e Jean, che pur non avendo nulla di spettacolare è un amore eccezionale così meraviglioso da sembrare inventato. Nasce così il fumetto Un amour exemplaire (Dargaud 2015) Un Amore Esemplare (Feltrinelli 2018). Scrive la regista Clara Bauer: “Amore Esemplare è la storia di un matrimonio riuscito fra persone di classi sociali diverse, i cui protagonisti, Jean e Germaine, sprigionano un tale incanto di fantasia erotica e tenera da conquistare con il loro amore un ragazzino, che adotta questa coppia non comune, l’adotta per sempre, pienamente. Questo ragazzino, in realtà, era in piccolo Daniel Pennac, e questa coppia, Jean e Germaine, abitava nel suo villaggio. Diventato adulto e scrittore, Daniel Pennac racconta alla sua amica disegnatrice Florence Cestac la memorabile storia dei suoi cari Jean e Germaine, e le affida la missione di trasformarla in fumetto. Ed eccoci insieme a quel bambino ai tempi in cui centuplicava le manovre di seduzione e le furbizie da sioux per introdursi nella casa della coppia designata. Eccoci testimoni delle circostanze rovinose ed esilaranti del colpo di fulmine del giovane marchese Jean de Bozignac, per Germaine, la sarta che osò restituire uno schiaffo alla sua padrona. Così scopriamo il come e il perché la borghesia locale concedesse così poca stima alla coppia Jean / Germaine, mentre li vediamo amarsi, divertirsi insieme, leggersi libri a vicenda e li seguiamo fino alla fine – fino alla loro morte – a tratti in compagnia di Rachel, l’amica del cuore, e dei duri colpi della sorte, incluso l’ultimo: l’impossibile separazione. La mia sfida è stata quella di dare una forma teatrale al fumetto, una forma che incarnasse e condividesse questa storia che mi ha tanto colpito. Ma come portare un fumetto a teatro? E questo in particolare? Come incarnare “l’amore di resistenza” tra Jean e Germaine? Da una sola vignetta di un fumetto può sorgere una vera scena di teatro.” |
Details
Archivi
Febbraio 2023
Categorie |