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31/3/2021

Uomo bianco, cuore nero

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di Agnese Macchi
Cuore di tenebra è un breve romanzo dello scrittore polacco-inglese Joseph Conrad ed entrò in circolazione per la prima volta nel 1899, suddiviso in tre episodi; nel 1902 ci fu la pubblicazione ufficiale. Il titolo può assumere un doppio significato, o meglio, può essere soggetto a più interpretazioni. Infatti il romanzo racconta di un viaggio nel cuore nero dell’Africa, il Congo belga; ma anche di un uomo tedesco, Kurtz, che possiede un cuore oscuro. 
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Foto: Uig / BRidgeman / Aci
Marlow, il narratore della vicenda, è un personaggio di cui sappiamo poco; sappiamo che è stato incaricato da una Compagnia belga coinvolta nel traffico di avorio, per una spedizione nell’Africa nera alla ricerca di Kurtz, di cui non si ha più notizia. La narrazione si apre così, con un battello che salpa dal Tamigi, a bordo del quale si trova per l’appunto Marlow. Il tema dei viaggi via mare è uno dei più cari all’autore, che per oltre vent’anni portò avanti la carriera di comandante di navi.
 
Dopo un lungo viaggio, l’equipaggio col battello discende il fiume Congo, per raggiungere il cuore dell’Africa nera. Lo scenario è infernale, i locali vengono sfruttati e schiavizzati, le loro risorse competono ad arricchire solo i Paesi europei e le condizioni in cui si trovano quei popoli sono soggette a un decadimento senza fine. I colonialisti mirano unicamente ad arrivare primi sul luogo, a spolparlo delle proprie ricchezze, a lasciarlo poi, una volta impoverito, inaridito, inerme, privato di tutto. I colonialisti hanno fame di denaro, i locali hanno fame e basta. Del resto la spedizione di Marlow era mirata unicamente a trovare Kurtz e riportarlo in Inghilterra per una sola ragione: il fatto che egli costituisse una forte concorrenza nel commercio dell’avorio.
 
Marlow insieme ad alcuni locali e coloni europei, dopo che il loro battello è stato distrutto, si imbarcano su un altro, molto poco sicuro. Le popolazioni incontrate durante l’itinerario si rivelano ostili, primitive, selvagge, attaccano quasi inspiegabilmente l’equipaggio. Alla fine Kurtz si trova. Alloggia in un villaggio in cui, per la sua pelle bianca, veniva ormai considerato un semidio. Teste mozzate sfoggiate su pali in suo onore, uomini disposti a fare di tutto pur di procurare a Kurtz l’avorio, questi disposto a fare di tutto pur di ottenerlo.
 
Kurtz è malato, folle, ignora le sue azioni immorali, ignora la persona che è diventato; si identifica oramai solo con i propri fini economici. Soltanto nell’ora della sua morte, sul battello di Marlow che appunto è riuscito a catturarlo e lo sta riportando in Europa, Kurtz si rende conto di tutto “l’orrore”, e pronuncia questa parola prima di spirare e abbandonarsi alla morte. Ebbene sì, è proprio questo l’orrore: uomini guidati da interessi materiali, che ignorano i propri simili e le loro necessità, uomini spietati, affamati di denaro, corrotti, malvagi.
 
Già nel XIX secolo era noto l’orrore, agli occhi di Conrad, a quelli di Marlow, perfino agli occhi di Kurtz anche se per un secondo, fu riconosciuto quell’orribile orrore. Che l’Africa fosse il continente più ricco del mondo se ne sono accorti prima i bianchi dei nativi africani, e l’Africa da quel momento è in egual maniera la terra più povera del globo; in un declino senza freni che va avanti da secoli.
 
Un paio di giorni fa a Lecco, tre uomini hanno cercato di investire tre ragazze di colore. Questo è solo uno dei tanti episodi di razzismo che si ripercuotono oggi giorno su persone la cui unica “colpa” è quella di essere nati nella parte sbagliata del mondo.
 
Oggi riflettiamo su quel progresso che è tanto ostentato, a patto che esista. 

Immagine trattda da: 
https://www.storicang.it/a/tragedia-congo-belga_14624

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24/3/2021

Prospettive

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di Agnese Macchi
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Ho sceso dandoti il braccio, è una poesia di Eugenio Montale, composta nel novembre del 1967 in memoria della moglie defunta, Drusilla Tanzi. Come era suo solito fare Eugenio aveva dato un soprannome alla donna: Mosca, così la chiamava, difatti lei portava occhiali dalle lenti spessissime, a causa di una forte miopia. Il componimento è il numero cinque di Xenia, poi inserito nella raccolta Satura. La lirica è una delle più note dell’autore, breve, consta soltanto di dodici versi, ma comunica appieno che cosa rappresentassero Mosca e Montale, l’una per l’altro.

Centrale nella poesia è l’abitudine che aveva Montale quando la moglie era in vita, di porgerle il braccio scendendo le scale a causa appunto della scarsa vista di lei, con un’iperbole si suppone che gli scalini scesi insieme siano stati almeno un milione, per rendere l’idea di quanto tempo i due abbiano trascorso amandosi. Ma Drusilla per Eugenio è stata qualcosa di più, si crea una sorta di contrasto tra i personaggi; se Montale è stato gli occhi di Mosca, questa, mostrandogli ciò che è invisibile alla vista, ha permesso al poeta di comprendere il linguaggio del cuore, di guardare alle cose con esso. “Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio non già perché con quattr’occhi si vede di più. Con te le ho scese perché sapevo che di noi due le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, erano le tue.” così Montale si congeda dalla moglie, ma anche da tutto quello che di effimero e mondano si insinua nella vita di tutti. Allora al poeta non servono più le coincidenze, gli appuntamenti, le prenotazioni e le ricorrenze, quando lo si impara a fare, non si può vedere che col cuore.

Drusilla ora non c’è, e per il poeta è “il vuoto ad ogni gradino”, seppure quelli scesi insieme siano almeno un milione, gli sembra che il tempo del loro amore sia stato comunque breve. Ma il viaggio di Montale continua, questo ce lo dice lui, d’ora in poi sarà diverso, avrà i mezzi giusti per comprendere il mondo, per decifrarlo. Per questo Drusilla è una donna immortale, è a lei che si deve un pezzetto di questa arte, un pezzetto di Eugenio Montale. Ci sono cose che possiamo fare a meno di vedere, e altre che invece sono indispensabili, a quelle bisogna guardare più che a dove si mettono i piedi.

Perché per guarire un cuore miope non basta indossare le lenti.
​


​Immagini tratte da https://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/2/2c/Tanzi_Montale.jpeg

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17/3/2021

Come funziona il Premio Strega?

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di Tommaso Dal Monte
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Sono stati da poco ufficializzati i titoli proposti per il Premio Strega 2021, il più importante concorso letterario italiano. Quest’anno i candidati sono stati ben sessantadue, i quali si ridurranno prima a dodici e poi a cinque, fino alla proclamazione finale del vincitore.
La rilevanza del Premio Strega nel panorama librario italiano non è solo culturale – i vincitori ricevono una sanzione di letterarietà perché entrano a far parte di un ristretto gruppo, tra cui si contano alcuni autori ormai canonici come Pavese, Moravia, Morante, Ginzburg e Levi – ma anche economica: secondo uno studio, infatti, i libri che si aggiudicano il primo posto tendono a moltiplicare le vendite di ben cinque volte rispetto a prima del successo. Questo dato spiega la funzione strategica che il premio riviste anche per le case editrici, le quali vedono la vittoria come una garanzia di guadagno. Allo stesso tempo anche gli scrittori, nel corso della storia della manifestazione, non hanno esitato a ricercare i voti della giuria attraverso lettere di raccomandazione per i propri libri. Per fare un nome su tutti, citato perché tendenzialmente allergico agli ambienti intellettuali e clientelari, possiamo fare quello di Pier Paolo Pasolini, di cui conserviamo le lettere inviate nel corso del 1968 per “segnalare” ai giurati, tra cui Leonardo Sciascia, il suo Teorema (vanamente, perché quell’anno vinse L’occhio del gatto di Alberto Bevilacqua).

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​ Il storia del Premio Strega inizia nel 1947 e si porta dietro un certo fascino fin dal nome ‒ fascino a dire il vero improprio, perché il nome non allude, come si potrebbe pensare, a una qualche magia intrinseca alla letteratura, ma è semplicemente il marchio del principale sponsor del premio, cioè il Liquore Strega. La vera anima della manifestazione è stata per molti anni Maria Bellonci, scrittrice versatile (nonché vincitrice dello stesso Strega nel 1986) ma soprattutto capace di aggregare intorno a sé un vasto gruppo di scrittori, giornalisti e intellettuali di vario titolo. Questi compongono, oggi come allora, il cosiddetto gruppo degli Amici della domenica, il cui numero e funzione è cambiata nel tempo.
Attualmente il gruppo è composto da alcune centinaia di persone che hanno il compito di proporre i libri da candidare al premio. Le opere in gara devono essere state pubblicate in lingua italiana tra il 1 marzo dell’anno precedente e il 28 febbraio dell’anno in cui si tiene la competizione.
A questo punto i testi, quest’anno come detto sessantadue, sono scrutinati dal Comitato Direttivo, composto da tre ex vincitori del premio (attualmente Giordano, Janeczek e Mazzucco), da alcuni Amici della domenica e dai rappresentati delle fondazioni che patrocinano la manifestazione. Il Comitato si incarica di selezionare solo dodici opere e la gara entra nel vivo. Si tengono quindi due nuovi cicli di votazioni a cui, oltre agli Amici della domenica, prendono parte anche alcuni lettori forti (dal 2010), rappresentati di istituzioni culturali all’estero e università o gruppi di cultura italiani (dal 2017) per un totale di 660 aventi diritto di voto. Durante il primo ciclo ognuno dei giurati esprime tre preferenze tra i dodici libri in gara e, sulla base dei punti ottenuti, si elegge la cinquina che andrà allo scrutinio finale. Si tenga presenta che tra i candidati finali deve esserci anche un libro edito da un editore medio-piccolo: se non è stato selezionato dai votanti, viene aggiunto successivamente ottenendo così una finale a sei concorrenti. Infine i giurati votano un’ultima volta, scegliendo tra i finalisti un solo titolo: in caso di pareggio il premio viene assegnato ex aequo. La proclamazione del vincitore avviene, di solito, il primo giovedì del mese di luglio al Ninfeo di Villa Giulia a Roma ed è trasmessa in diretta televisiva.  

Benché il premio sia ancora lontano dall’entrare nella sua fase più calda, i lettori stanno già facendo ipotesi sui possibili vincitori. Noi ci esimiamo dal fare pronostici, ma continueremo a seguire la manifestazione nel suo svolgimento.

FONTI:
https://www.agi.it/cultura/premio_strega_quanto_vale-1933453/news/2017-07-06/
https://premiostrega.it/PS/la-giuria/

IMMAGINI:
Immagine 1: SoloLibri.net
Immagine 2: Lettera43

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10/3/2021

Swing Low

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di Lorenzo Vanni
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A distanza di vent’anni dalla sua prima pubblicazione, esce in Italia Swing Low della canadese Miriam Toews portando a termine il lavoro di stampa dell’intera opera dell’autrice da parte della casa editrice Marcos y Marcos. Il romanzo di Toews scava in profondità nel passato famigliare per riscoprire la storia del padre, Melvin Toews, morto suicida e nel tentativo di trovare una forma di elaborare il lutto ricorre a un romanzo, questo.
In partenza viene detto che cosa non è questo libro: non è la storia di un fallimento, come Mel afferma essere la sua vita, ma è invece la storia di un compimento e come sia stato possibile che un uomo a cui era stata diagnosticata una crisi maniaco-depressiva potesse arrivare a condurre una vita normale nonostante quella stessa diagnosi avesse affermato che invece non sarebbe stato possibile. Per dimostrare questo l’autrice racconta la storia del padre, di cui assume il punto di vista, che nell’ospedale psichiatrico in cui è ricoverato annota e prende appunti sulla sua vita cercando di ricostruire il filo della memoria, cronologicamente poco tempo prima di decidere di morire sotto un treno.
Le scene del romanzo si alternano tra momenti di rievocazione del passato a partire dai primi anni di vita fino ai diciassette, nel 1952, in cui riceve la suddetta diagnosi dovuta alla sua convinzione di essere un uovo per poi percorrere l’arco della sua vita fino a quel momento, intervallate da interruzioni brusche che riportano il racconto alla realtà perché qualcosa o qualcuno interrompe il flusso della scrittura: un’infermiera che entra nella stanza, una voce nel corridoio, qualcuno che sussurra delle parole accanto a lui.
L’espediente è noto e può essere fatto risalire fino a Samuel Richardson, autore settecentesco di romanzi epistolari con la caratteristica di inserire interferenze nel flusso di scrittura che si interrompe proprio quando sta per entrare un altro personaggio, cosicché i piani di passato e presente si intrecciano. L’autrice rientra nella letteratura anglofona in quanto canadese, cosa che legittima questo tipo di riferimento.
Va detto che nonostante il tema possa a una prima occhiata apparire complesso e cupo, Toews riesce a dare all’intera narrazione un tono semi-ironico in alcuni passaggi e altri più seri affrontati con la dovuta cautela. Alla fine non si ha l’impressione di aver letto la biografia di un uomo che sta per suicidarsi, se non fosse che di tanto in tanto vengono aggiunti elementi legati al presente che lasciano supporre problemi più gravi di quelli esplicitamente ammessi; qui subentra il dubbio e la possibilità che, nonostante tutto il lavoro di autoanalisi intrapreso da Mel, agisca una qualche forma di autocensura volta a cancellare le tracce di una possibile degenerazione psichica.
In breve: un buon libro, ma non un capolavoro. Una scrittura asciutta quanto basta, dialoghi pressoché assenti, troppo concentrato sulla biografia “ufficiale” e troppo poco sulla mente disturbata del protagonista. Quest’ultimo punto è certamente difficile da realizzare dato che la vicenda tocca nel personale, ma avrebbe dato più carattere a una storia ricca di spunti: il compito di un artista è anche questo, andare oltre sé e sacrificarsi in nome di quel che si ritiene debba essere definita Arte.
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​Immagini tratte da:
​
https://marcosymarcos.com/libri/swing-low/

https://nuvomagazine.com/magazine/spring-2012/author-miriam-toews

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3/3/2021

Modellattrice

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di Beatrice Gambogi
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Giulia e Anna stanno aspettando di fare un provino per un cortometraggio. Sono sedute accanto.
GIULIA Anche tu sei qui per il personaggio di Evelyn?
ANNA No, io sono per “Segretaria 25-35 anni”.
GIULIA Ah, ecco. No, io sono più giovane. (pausa) Ma lo sai che mi pare di averti già visto da qualche parte? Fai la modella, per caso?
ANNA Io? No, figurati, sono un metro e sessanta con le scarpe!
GIULIA Da seduta non si vede. Io comunque faccio anche la modella.
ANNA Complimenti.
GIULIA Però mi piacerebbe fare anche un po’ l’attrice.
ANNA Già…
GIULIA Ho fatto un corso. Per la tecnica, sai… Col talento naturale e basta non ti chiamano ai provini.
ANNA Immagino.
GIULIA Tu hai studiato recitazione?
ANNA Ho fatto la Galante Garrone.
GIULIA Ah. (lunga pausa) Tosta?
ANNA Abbastanza, ma ho imparato molto.
GIULIA (alzando la voce) Ecco, ora mi è venuto in mente dove ti ho visto! Alla Ellisson models agency! Ci ho azzeccato?
ANNA Mmm… no, mai sentita. Se è un’agenzia di modelle, te l’ho detto, non ho mai fatto la modella.
GIULIA Però guarda… hai un viso veramente interessante, perché non provi?
ANNA Sono bassa per fare la modella.
GIULIA Quanti anni hai?
ANNA Trentuno.
GIULIA Ah, allora sei anche vecchia. (Anna si volta a guardarla dritta negli occhi) Per fare la modella, intendo! Per “Segretaria 25-35 anni” vai benissimo! Anzi, spero che prendano me per fare Evelyn e te per fare “Segretaria”, così almeno ci ritroviamo sul set insieme!
ANNA (sarcastica) Sarebbe fantastico.
C’è un lungo silenzio durante il quale Anna, col foglio in mano, ripassa il suo monologo e Giulia si guarda intorno, annoiata, torcendosi i capelli. D’improvviso Giulia si “risveglia” e si dà uno schiaffo in fronte.
GIULIA Adesso sì che mi è tornato in mente! Ecco dove ti ho visto! Al casting modelle bionde di martedì scorso! Eh? Giusto, eh?

​
Immagine tratta da: 
pexels

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