1/4/2017 LIBRI DI POESIA: Marco Santagata presenta “L’Alcyone” di D’Annunzio ore 11.00 Auditorium di Palazzo BluRead NowL’auditorium di Palazzo Blu arricchisce la sua offerta di cultura alla città. Il successo delle Domeniche in musica ha incoraggiato Palazzo Blu a proporre secondo la stessa formula dell’esecuzione-lezione, un ciclo d’incontri sulla letteratura, dal titolo “Libri di poesia”. Quattro appuntamenti, che si terranno la domenica mattina, da novembre a aprile, nell’Auditorium di Palazzo Blu, nei quali giovani attori leggeranno brani di opere di grandi poeti lirici italiani da Petrarca a Montale, che saranno poi commentati e spiegati da Marco Santagata, Luigi Blasucci, Alberto Casadei. Il quarto appuntamento della rassegna si terrà domenica 2 aprile 2017, ore 11.00. Protagonista è Marco Santagata e “L’Alcyone”” di D’Annunzio. Marco Santagata, studioso di letteratura italiana, insegna all’Università di Pisa. All’attività di storico e di critico della letteratura affianca quella di narratore. Si occupa inoltre di didattica online in qualità di presidente del consorzio ICoN – Italian culture on the net. INFORMAZIONI LIBRI DI POESIA 7 maggio 2017, ore 11.00. Marco Santagata presenta “L’Alcyone”” di D’Annunzio Pisa, Auditorium di Palazzo Blu (Via Pietro Toselli, 29) L’accesso all’Auditorium sarà consentito 30 minuti prima dell’inizio dell’evento e comunque fino ad esaurimento dei 130 posti disponibili Tel. 050 220.46.50 Mail: info@palazzoblu.it
In questa pagina troverete tutti gli Incontri in Auditorium : - http://palazzoblu.it/prossimi-incontri/
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Un suicidio di massa?
Invitato dalla giovane Opal a ritornare nella misteriosa cittadina scozzese, Dylan scopre che tutti gli abitanti sono in stato di decomposizione «Mabel, ma che sta succedendo? La città … La gente … tutto appare e scompare da un momento all'altro». Nel numero 238, Gli eredi del Crepuscolo, veniamo a conoscenza di come sia proprio Dylan ad avere alterato gli equilibri di Inverary: entrando nella zona del crepuscolo, ha di fatto sconvolto l'equilibrio della cittadina, provocando delle oscillazioni che hanno fatto finire Inverary in un buco nero, «qualcosa nel mondo stava cambiando chissà, forse i contatti con il mondo esterno, magari a causa delle vostre precedenti visite, Dylan, avevamo alterato l'esistenza immobile di questo luogo».
Dylan, che era giunto a Inverary attraversando le gelide acque del Lock Fyne, per mezzo di un vascello traghettato da Charon (si palesa così fin da subito, sia pure in modo cifrato, il galeone-vascello quale simbolo mortifero, ricordo di quel passato da cui Dylan non riesce a staccarsi), realizza come quel vortice, che lo aveva quasi risucchiato e che avrebbe di fatto dovuto ucciderlo, non è altro che l'epicentro del buco nero, un universo parallelo: «avevo dovuto mesmerizzarti per permettervi di lasciare la Zona del Crepuscolo. Ma solo una parte di voi se ne è potuta andare veramente. Un'altra parte è rimasta con noi, senza ricordi, tranne qualche frammento di sogno, e con noi ha attraversato il tempo e lo spazio per approdare fino a qui».
É lo stesso Charon a rivelare a Dylan le ragioni per cui Mabel e compagni hanno deciso di abbandonare la città: «so cosa pensate … che la gente di qui non avrebbe mai potuto lasciare questo posto […] qualcosa stava cambiando nella zona del crepuscolo … gli abitanti si stavano rendendo conto di essere chiusi in una gabbia e sapevano che rimanendo qui non avrebbero avuto speranze», del convincimento del Dottor Xicks di traghettare gli abitanti di Inverary in un'altra dimensione e di come il folle medico volesse sbarazzarsi di lui perché immune alla mesmerizzazione e contrario al suo diabolico progetto.
Dylan pertanto, che era stato mesmerizzato ed era diventato membro a tutti gli effetti della zona del crepuscolo, è riuscito, a differenza di Charon, a compiere il “trapasso”, a raggiungere, come gli abitanti della monotona cittadina scozzese, una nuova dimensione. Per compiere ciò, tuttavia, ha dovuto pagare un costo alto: la disgregazione del suo corpo. Ritrovatosi misteriosamente catapultato nello studio di Xicks, lo scienziato ammette di aver fallito, che gli effetti della mesmerizzazione stanno svanendo (motivo per cui in Ritorno al Crepuscolo Inverary stava scomparendo) e che, dopo aver ottenuto il consenso di tutti gli abitanti, tra cui lo stesso Dylan, abbia deciso di andare in un'altra dimensione «il giorno dopo però tutti voi avevate già dimenticato la nostra assemblea ricominciando a rivivere lo stesso identico dannato giorno».
Xicks rivela, infine, di come il “suicidio collettivo” di Inverary sia stato abbastanza facile da ottenere; tra gli abitanti della cittadina si stava formando, infatti, la consapevolezza che la loro esistenza era monotona e ripetitiva. Nella scena finale Dylan pare quasi prendere coscienza di essere prigioniero di un meccanismo "seriale" che in fin dei conti non è altro che una sorta di "Zona del Crepuscolo" (ogni mese, infatti, egli vive un'avventura presto dimenticata ma destinata inevitabilmente a ripetersi).
Fonti:
La zona del Crepuscolo, Sergio Bonelli Editore Edgar Alan Poe, The facts in the case of M. Valdema Antoine Mesmer, Rivelazione mesmerica e La verità sul caso Valdemar, o Testimonianza sul caso del signor Valdemar Ritorno al Crepuscolo,Sergio Bonelli Editore Gli eredi del Crepuscolo, Sergio Bonelli Editore
Immagini tratte da:
www.cravenroad7.it
Ghost in the shell, l’opera più famosa di Shirow Masamune, è ambientata in un ipotetico XXI secolo in cui tutti gli aspetti della vita umana sono completamente informatizzati (sebbene popoli e nazioni continuino a esistere, come viene specificato nelle prime pagine), dove impianti cibernetici, cyborg e I.A. avanzate rappresentano ormai la norma. Tutti, esseri umani e non, sono collegati a un complesso di reti informatiche attraverso il proprio ghost (un concetto molto simile a quello di “anima” o “spirito”) che ne racchiude l’identità e la memoria. Come specificato nella prefazione del manga, tutti questi cambiamenti sono stati resi possibili dall’avvento e dallo sviluppo delle micromachine (o nanomacchine), grazie alle quali è stato possibile riprogrammare il cervello umano alla stregua di un computer, con la possibilità di connetterlo e riprogrammarlo a piacimento. In un siffatto universo, a rappresentare una minaccia per l’ordine pubblico sono i ghost tracking, individui in grado di hackerare i ghost altrui per manovrarne il corpo o alterarne le esperienze. Ed è in casi del genere che entra in gioco la cosiddetta “Sezione 9”, capitanata dalla protagonista della storia, Motoko Kusanagi.
L’opera di Shirow è di fatto un poliziesco di stampo cyberpunk, come andava di moda nel periodo a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90, ma possiede una profondità capace di trascendere il tempo e i generi (come tutta la fantascienza “buona”, in fondo). Partendo dal rapporto uomo-macchina, che da sempre ha ispirato e tormentato l’uomo, Shirow non lesina riflessioni di tipo psicologico e sociologico, in temi quali la riproducibilità dell’essere umano e il principio di autodeterminazione, sfociando nelle battute finali della storia, in una digressione quasi esoterica sulla natura dell’universo.
Nel manga sono inoltre presenti numeri appunti dell’autore, utili per meglio calare il lettore nella storia, nella sua ambientazione e nella sua filosofia di fondo; ma, anche così, Gits resta una di quelle opere che meritano più di una rilettura per essere capite e metabolizzate.
Nel 1995, Ghost in the shell è stato trasposto in un lungometraggio animato diretto da Mamoru Oshii. Sono molte le differenze che si notano mettendo a confronto le due opere. Prima di tutto, per forza di cose, quello di Oshii è un adattamento, che riporta in maniera più o meno fedele (a volte di più, a volte molto meno) la storia principale del manga, quella che vede la Sezione 9 contrapposta al Burattinaio, uno dei più grandi ghost-tracking del mondo; storia che nel manga tocca solo alcuni capitoli (gli altri sono per lo più slegati).
Cambia molto anche il tono generale della storia. Nel manga Shirow ricorreva spesso a gag e personaggi superdeformed (ovvero rappresentati in maniera caricaturale) per alleggerire il tono generale della narrazione; Oshii opta invece per un registro più serioso e cupo, con dei protagonisti più apatici, quasi a voler sottolineare la loro condizione di alienazione e di essere non completamente umani.
Infine, per quanto Oshii riprenda più o meno tutti i temi presenti nel manga, la vera differenza risiede nell’insistenza del regista giapponese verso la sessualità e la riproduzione in un essere post-umano. Motoko, che nel manga è addirittura protagonista di un’improbabile gang bang lesbo, nel film diventa una specie di paradosso vivente: possiede un corpo perfetto e per buona parte del film va in giro nuda, ma è anche quasi del tutto asessuata e non vi è nulla di erotico in lei; parla di mestruazioni per giustificare il suo cattivo umore, ma essendo dotata di un corpo del tutto sintetico, lo spettatore capisce subito che non può sanguinare.
Da questo punto di vista, il film può essere visto come un tentativo di descrivere nuove forme di riproduzione e di nuovi tipi di “essere” che, per forza di cose, emergeranno con l’aumentare dell’informatizzazione del mondo. Che si parli del manga o del film, si tratta in entrambi i casi di due cult: l’eredità con cui Rupert Sanders deve fare i conti è pesantissima.
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Immagine 1: http://cc-media-foxit.fichub.com/image/fox-it-mondofox/dfda1db7-c866-450a-b2da-fda4f4703bdc/ghost-in-the-shell-manga-1200x630.jpg Immagine 2: https://s-media-cache-ak0.pinimg.com/564x/03/08/10/030810c75ba48fbfd40572741e71de52.jpg Immagine 3: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/en/c/ca/Ghostintheshellposter.jpg Immagine 4: https://errantcritic.files.wordpress.com/2015/06/ghost-in-the-shell.jpg |
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Maggio 2023
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