Il romanzo postumo di Kent Haruf
Holt, una silenziosa cittadina del Colorado che strizza l’occhio all’America raccontata da Hopper, “un America silenziosa, fatta di case isolate, di fari e di stazioni di benzina quasi deserte, di orizzonti puliti e nitidi. È fatta di contatti e di contrasti fra la natura e le opere dell'uomo”. A Holt vivono due signori sulla settantina, due vedovi, due vicini: Addie Moore e Louis Waters. Tutto parte da una proposta fatta da Addie con grande naturalezza:
“Mi chiedevo se ti andrebbe qualche volta di venire a dormire da me. Cosa? In che senso? Nel senso che siamo tutti e due soli. Ce ne stiamo per conto nostro da troppo tempo. Da anni. Io mi sento sola. Penso che anche tu lo sia. Mi chiedevo se ti andrebbe di venire a dormire da me, la notte. E parlare.” Questo quello che troverete nelle prime pagine di Le nostre anime di notte ultimo romanzo postumo dello scrittore americano Kent Haruf (1943-2014). Dobbiamo ringraziare la casa editrice milanese NN, se la potenza narrativa di questo autore ha raggiunto l’Italia. Una scrittura lineare, semplice, diretta; un uso della punteggiatura ridotto all’osso, tanto da non distinguere “graficamente” il discorso diretto da quello indiretto. “Quella volta però scrisse quasi un capitolo al giorno, con un cappellino sempre sulla testa, come un paraocchi, per concentrarsi solo sulla storia, senza pensare a refusi, sintassi...”, queste le parole rilasciate dalla seconda moglie Cathy per descrivere la stesura dell’ultimo libro di Haruf. Una sorta di urgenza, una corsa contro il tempo per combattere la malattia e la morte, che lo ha colto il 30 novembre del 2014. Haruf è riuscito però a consegnare una prima bozza di quello che potrebbe essere considerato il suo libro-testamento. Ignorato per lungo tempo nella sua stessa America, Haruf conosce la fama solo nel 1999 grazie a Canto della pianura (Plainsong), primo libro di quella che sarà una trilogia; faranno infatti seguito Crepuscolo e Benedizione. Oggi amato e stimato ai livelli di Carver, Haruf decide di chiudere la sua carriera con un libro che è in parte anche autobiografico: “Ma quanto c'è di Kent e lei in Louis e Addie, signora Haruf? -Molto, visto che parlano sempre tra loro di notte al buio, di tutto, come facevamo Kent e io. Il resto è frutto della fantasia.” Addie e Louis sono le due anime del titolo, due anime che si incontrano di notte. Perché come dice Addie, la notte è il momento peggiore per chi è da solo. Iniziano così a incontrarsi per scacciare la solitudine, senza pressioni, con la possibilità di interrompere in qualsiasi momento. Non sono degli irrequieti adolescenti, né due amanti appassionati, bensì due anziani che si tengono per mano nello stesso letto e che imparano a conoscersi raccontandosi. La scrittura piana di Haruf accompagna il percorso di due signori che vivono questa esperienza con la serenità e la saggezza date dalla loro età; questo non impedisce al lettore di provare un’estrema tenerezza per i due protagonisti, che può arrivare tranquillamente all’immedesimazione. Quello che Haruf ci lascia è un ultimo inno alla vita, valido per chiunque. Un inno a provare e sentire emozioni autentiche, senza curarsi degli altri. “Ti ho già detto che non voglio più vivere in quel modo – per gli altri, per quello che pensano, che credono. Non è così che si vive. Non per me, almeno.”
Link per approfondire:
http://www.nneditore.it/libri/le-nostre-anime-di-notte/ http://www.repubblica.it/cultura/2017/02/11/news/cathy_haruf_eravamo_io_e_kent_le_due_anime_nella_notte_-158067536/ Foto tratte da: https://www.ibs.it/nostre-anime-di-notte-libro-kent-haruf/e/9788899253509
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Sviluppare l’immaginazione è alla base di una cittadinanza attiva Oggi, e da venti anni, assistiamo ad una sempre più entrante presenza del virtuale, dei Media e della tecnologia. L’etica che ne promuove l’utilizzo è l’aumento della comodità e la semplificazione del quotidiano. Nel tempo libero, ci affidiamo alla TV, al computer, sempre in proporzione maggiore rispetto al tempo passato su un libro: è più comodo, si pensa meno, non c’è bisogno di immaginarsi posti, personaggi e situazioni perché le vediamo già, e ricche di particolari. Questo ci rende impersonali, vediamo tutti le stesse cose. Nei bambini questa tendenza sociale sarà progressivamente distruttiva, come noi, si abituano ad avere tutto pronto, ad affidarsi sempre e per ogni cosa alla tecnologia. Noi ci stiamo abituando, loro ci stanno crescendo: chissà come sarà il mondo quando saranno adulti. L’immaginazione, la fantasia, la creatività diventano le armi più forti con cui possiamo dotare i nostri figli per far fronte a questo futuro “schiacciamenti”. Fare lo sforzo di immaginare ciò che ci viene raccontato da disegni e parole è la ginnastica migliore, ci rende attivi e creatori. Occorre dunque tornare lì, ad Esopo, Calvino, Gianni Rodari e a tutte le avventure reali, improbabili ed assurde in cui possiamo imbatterci con un libro in mano. Storie nuove, non “cartonizzate”, meglio! Siamo liberi di crearle dentro di noi. I bambini così abituati saranno meglio preparati ad affrontare questo mondo, instabile e precario. Come realtà editoriale, la ISTOS EDIZIONI ha scelto di inserire in questa linea di pensiero il settore bambini dando vita a collane che mirano allo sviluppo della fantasia. Il Trenino Arancione é stata la prima: “un ciclo di fiabe raccontate da Flin, un dolce vecchietto con i capelli celesti che guidando il suo bizzarro trenino corre nei sogni dei bambini conducendoli in mondi fiabeschi e colorati”. Sono uscite Il Ranocchio Doremi (ott 2015) e la Lepre pazza della bella piazza (ott 2016), scritte da Giuliana Piroso e illustrate da Ilenia Rosati. Vi raccontiamo ora un nuovo progetto: “I CreaStorie” Il progetto “I creastorie” vuole aprire le pagine a tutti gli inventori di racconti, gli ispirati che con una penna in mano sono pronti a lasciarsi andare e a condurre gli altri nel mondo magico della fantasia... La Città delle Cinque Perle e altri racconti, scritto da Sofia Debora Fusco, bambina di 9 anni con una grande voglia di leggere e di scrivere, è il primo volume. La giovane scrittrice autore del libro, quest'anno sarà al Salone del Libro di Torino, la più importante manifestazione italiana dedicata all'editoria. Sabato 20 maggio, infatti, la baby scrittrice (10 anni compiuti da poco) sarà presente allo stand della Istos Edizioni, prima al mattino per incontrare il pubblico e poi alle 17 per la presentazione ufficiale e l'incontro coi giornalisti. Nel corso dell'incontro con la stampa verranno fatti importanti annunci riguardanti la sua partecipazione come protagonista di un nuovo programma televisivo della Rai. Immagini tratte da: Immagine 1 da https://www.facebook.com/LibriIstosEdizioni/ Immagine 2 da www.istosedizioni.com
Il ripiegamento su se stesso e lo sguardo sul proprio Io aveva determinato, alla fine del XVI secolo, la nascita del saggio come genere letterario: Montaigne in Francia e Francis Bacon in Inghilterra avevano unito l’interesse all’antichità classica a un’indagine influenzata da una visione del mondo cristiana e scientifica. Diverso, tuttavia, è il percorso che contraddistingue il saggio romantico: l’Io torna a essere protagonista, riferendo di eventi e di situazioni assolutamente ordinarie e normali. Sarà Charles Lamb (1775-1834), in Inghilterra, a rappresentare il maggior esponente della saggistica romantica.
Nato a Londra, la sua gioventù è segnata da fatti orribili: un periodo di pazzia che lo costringerà a essere rinchiuso, mentre la sorella Mary, anch’ella colta da un crollo nervoso, ucciderà la madre a coltellate. Grande amico di Coleridge, lo stesso Lamb, disperato per le condizioni mentali della sorella, gli ebbe a scrivere che preferirebbe vederla morta.
Lo scrittore troverà conforto nella fede: autore di poesie dal titolo inequivocabile (“Sul Padre Nostro”, “Il giovane catechista” o “Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite”), egli non mancherà di attaccare fortemente l’ateismo o qualsiasi mancanza di fede nel componimento “Vivere senza Dio nel mondo”. Bisogna inoltre ricordare che l’amicizia e la frequentazione del giovane Coleridge potrebbero aver spinto Lamb a frequentare ambienti unitaristi o, in ogni caso, non affiliati con la Chiesa d’Inghilterra.
Al di là delle poesie religiose, la fama di Charles Lamb è legata ai Essays of Elia (1823, “Saggi di Elia”) e Last Essays of Elia (1833, “Gli ultimi saggi di Elia”). I protagonisti sono Elia (controfigura di Lamb stesso) e la cugina Bridget (cioè sua sorella Mary).
Duplice è l’interpretazione che è possibile dare all’Io narrante: da una parte egli potrebbe essere un impiegato italiano collega di Lamb presso la South Sea Company (la società inglese deputata ai commerci nei mari del sud), ma, al tempo stesso esso potrebbe indicare la mendacità della narrazione di Elia stesso, in quanto il nome potrebbe significare a lie (“una menzogna”). Fino a che punto, dunque, la narrazione è affidabile?
A ogni buon conto, il narratore Elia dà voce a ricordi d’infanzia o a situazioni della sua gioventù, a indicare la ripresa romantica del tema dell’infanzia e, soprattutto, la narrazione in prima persona che contraddistingue la produzione letteraria di questo periodo. Ai fratelli Lamb si deve anche un’importante opera di critica shakespeariana, i Tales from Shakespeare (1807). Si tratta di un lavoro con cui sia Charles che Mary intendevano avvicinare i più giovani all’opera del Bardo dell’Avon, il primo occupandosi di tragedie e la seconda di commedie, scrivendo una prefazione comune. È importante sottolineare come la statura del drammaturgo di Stratford acquisti una maggiore importanza durante il romanticismo, poiché esso viene salutato come l’emblema del genio creatore (cosa che già aveva fatto Goethe col suo saggio Zum Shakespeare-Tag).
Ricordare Charles Lamb significa commemorare una delle figure, ahimè, più trascurate della letteratura inglese, ma ricchissima di spunti e di riflessione.
Immagini tratte da: http://www.bbc.co.uk/education/guides/zcg6nbk/revision/6 https://www.poetryfoundation.org/poems-and-poets/poets/detail/charles-lamb https://openlibrary.org/works/OL44842W/The_essays_of_Elia http://www.amazon.in/Tales-Shakespeare-Puffin-Classics-Charles/dp/0140366776
Saul, tragedia di Vittorio Alfieri in endecasillabi sciolti, strutturata in cinque atti tratta dalla Bibbia, è incentrata sulle ultime ore di re Saul nell'accampamento di Gelboè durante la guerra contro i filistei. Se nei primi atti Saul oscillava tra affetto e invidia, lucidità e follia, ira e depressione, con il profilarsi di una risoluzione positiva, nel quinto atto ogni speranza è vana. Il destino di Saul non è altro che coronata polve, una corona destinata alla polvere.
Interiormente combattuto fra amore e odio, tracotanza e consapevolezza della prossima catastrofe, Alfieri porta in scena il dramma di un uomo anziano che, a malincuore, deve lasciare il regno a Davide. Saul, logorato nell'animo dall'impossibilità di cedere il trono al suo figlio naturale Gionata, scende in “guerra” contro tutti, vedendo nei suoi figli, nei sacerdoti e nello stesso popolo di Israele dei possibili responsabili della sua triste sorte.
Il peccato di superbia, nonché l'incapacità di accettare la sua umanità, finiscono per creare un inevitabile e insanabile conflitto contro Dio, il cui allontanamento è metafora di un uomo che si è allontanato da se stesso e che, trasportato dalla invidia verso Davide e dalla sua smisurata superbia, lo rendono tremendamente solo. Accecato dal suo ego e riponendo tutto il mondo all'interno del suo io, Saul finisce per escludere dalla sua vita la realtà oggettiva.
Prigioniero del groviglio dei suoi sentimenti contrastanti, Saul cerca di rievocare il glorioso passato, il tempo dei successi e delle innumerevoli vittorie in battaglia invano, finendo, alla fine, per commiserare se stesso. In preda a allucinazioni, Saul sente ormai compiersi il destino mosso dalle sue stesse azioni. L’ombra tremenda e adirata di Samuele, i cui occhi sono iniettati di sangue, spaventano Saul a tal punto che deve intervenire Micol per cercare di tranquillizzarlo. Durante questa crisi irreversibile Saul solo per un attimo mostra un barlume di lucidità, comprendendo come il suo atteggiamento superbo e sfrontato abbia recato danno ai suoi figli, a Davide e a tutto Israele. Non si giustifica a Dio – a cui non sa chiedere perdono - ma dentro di sé capisce che come uomo, padre, e re di Israele ha miseramente fallito.
Destato dai suoni della battaglia Saul corre a prendere le armi ma, arrivato al campo, scopre che tutti i suoi compagni, a eccezione di Micol, sono morti. Tu sola ormai, ma non a me rimani, dice Saul amareggiato. Saul sa che Micol è rimasta in vita non per lui ma per suo fratello Davide, ma non per questo decide, come estremo gesto di amore, di salvarla da morte certa. Portata da Abner in terre sicure, dopo essersi accertato che non venga catturata dai Filistei, Saul, nella solitudine, medita di togliersi la vita. Senza i suoi figli, consapevole di essere vittima delle sue ansie e della sua superbia, sospeso nel labirinto della sua ira e della sua follia, abbandonato da Dio, dai sacerdoti e dal popolo di Israele, prende la spada e si lascia cadere sopra.
Se la morte è da protagonista, Saul sceglie di fare altrettanto compiendo l'ultima delle sue contraddizioni. Sceglie il suicidio per ribadire la sua titanica volontà, la sua superiorità rispetto a Dio e, al tempo stesso, pone fine al tiranno che è in lui. Immagini tratte da: frammentiarte
Parlare di André Gide (1869-1951) significa tratteggiare uno scrittore anticonformista e fortemente libertario, forte anche della consapevolezza della sua omosessualità (un tratto che ricompare frequentemente nella sua opera).
Nato in una rigorosa e austera famiglia calvinista, Gide ben presto si affranca dalla rigida atmosfera familiare, coltivando una relazione con la cugina fino a realizzare la propria omosessualità. Questo aspetto emerge nel romanzo L’Immoraliste (1902, “L’immoralista”), dove il protagonista, un professore universitario parigino di nome Michel, si dedica a una vita sregolata dopo aver riscoperto i piaceri durante un soggiorno in Tunisia, finendo per trascurare la moglie, la quale muore di parto. L’immoralista del titolo è proprio il protagonista che affida al lettore il racconto della sua esistenza. Emerge chiaramente anche l’interesse dell’autore per la psicologia dei personaggi: egli infatti si dedica allo studio dell’evoluzione del personaggio di Michel, che, da totalmente disinteressato ai piaceri della vita, finisce, per enantiodromia, ad assuefarsi a una vita edonistica.
A mio parere è degno di nota il romanzo La symphonie pastorale (1919, “La sinfonia pastorale”). Due sono i protagonisti della vicenda: la giovane Gertrude, cieca e orfana, e un pastore protestante. Tema del romanzo è proprio la cecità: se Gertrude è fisicamente cieca e incapace di vedere, l’amore che il religioso prova per lei è chiaro; egli ha consapevolezza dei suoi sentimenti, ma fa di tutti per non “vederli”; li nasconde, proprio perché nel suo ufficio pastorale le indicazioni bibliche sono fondamentali. Anche in questo caso siamo di fronte allo studio di un uomo: un rigido pastore, che scopre di cedere alle tentazioni dell’amore.
La parodia e la satira nei confronti della società francese dell’epoca (unita alla sempre presente analisi introspettiva) emerge nel celebre Les Caves du Vatican (1914, “I sotterranei del Vaticano”). La provincia francese si rianima per salvare il papa, imprigionato da un massone nei sotterranei del Vaticano. Il romanzo, tuttavia, si concentra di più sulla psicologia di Jules Lafcadio, di cui tratteggia con maestria i disturbi della personalità, quasi con piglio freudiano.
André Gide non si sottrae allo sperimentalismo letterario che contraddistingue gli anni ’20 (si pensi a Eliot e alla Terra Desolata (1922)). In questo clima si inserisce il romanzo Les Faux-Monnayeurs (1925, “I falsari”). È impossibile definire un intreccio ben preciso in questo testo, dove più storie e personaggi si intrecciano. Il protagonista, Edouard, si sta dedicando a un romanzo, “I falsari”, il cui protagonista è egli stesso un romanziere. I falsari sono sì coloro che falsificano il denaro, ma, nell’ottica dell’autore, essi sono coloro che avvelenano rapporti e sentimenti. Va inoltre detto che quest’opera di Gide è un’appassionata difesa dei diritti e delle persone LGBT.
In un’epoca in cui le minoranze LGBT sono continuamente sotto minaccia (basta pensare ai turpi lager creati ad hoc in Cecenia per gli omosessuali) o dove si vive quasi esclusivamente di apparenza invece che di sostanza, la lezione etica e morale di André Gide ha ancora tanto da dire.
Immagini tratte da: https://www.ibs.it/falsari-libro-andre-gide/e/9788845283284 http://le-citazioni.it/autori/andre-gide/ https://www.flickr.com/photos/aorloff/5376952477 https://www.amazon.com/Symphonie-Pastorale-Andre-Gide/dp/B00A4EEYFO |
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Febbraio 2023
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