di Beatrice Gambogi Gennaro, proprietario, sta mostrando a Rocco, potenziale affittuario, il suo appartamento.
GENNARO E questa è la camera. Rocco osserva tutto accuratamente. ROCCO Bella, mi piace. GENNARO Torniamo in cucina, così facciamo due chiacchiere. Vanno in cucina e si siedono al tavolo. GENNARO Come ti dicevo al telefono, il costo è di 600 euro al mese, che per un bilocale in questa zona è un prezzo onesto. Le spese condominiali le pago io. Le utenze sono a carico tuo, ma qui si spende poco, la casa è piccolina e anche in pieno inverno ci si mette poco a scaldarla. ROCCO La zona com’è? Tranquilla? GENNARO Sì, assolutamente. Tranquilla, residenziale, silenziosa. Però col lato positivo che hai la metro a dieci minuti. ROCCO Supermercati, posta, farmacia…? GENNARO C’è tutto, c’è tutto. La posta è proprio qui sotto, la farmacia a cinque minuti e vicini hai sia la Coop che il Todis. Senti… ma tu che lavoro fai? ROCCO L’attore. GENNARO (si lascia scappare un risolino, ma torna subito serio) Ah, l’attore. Pensavo un lavoro più… normale. E ti possiamo vedere in televisione? ROCCO Al momento sto facendo più che altro teatro. E la settimana prossima reciterò in un cortometraggio. GENNARO Tanta gente dice che col teatro non ci si mangia… chissà se ci si riesce a pagare l’affitto, almeno… ROCCO Per quello non si preoccupi, io pago. Questa che sto facendo adesso è una produzione importante, lavoro con regolarità, ho anche fatto tanta televisione in passato, e lì pagano parecchio bene. (Rocco incrocia lo sguardo perplesso di Gennaro) Se vuole le posso dare il numero del proprietario della casa dove stavo prima, che le può dire che ho sempre pagato. GENNARO Non ce n’è bisogno. È che… sai… preferirei una persona con un’entrata fissa, mi fa sentire più tranquillo. ROCCO Guardi, per me non è davvero un problema pagare 600 euro al mese. Ho anche un bel po’ di soldi da parte… GENNARO (guardando l’orologio) Facciamo così, ti faccio sapere io, va bene? Perché ora viene un’altra persona a vedere l’appartamento e ti devo proprio salutare. Mi faccio sentire io, dai. Ti do un colpo di telefono. Ciao. Immagini tratte da pexels
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di Tommaso Dal Monte Man mano che procedevo con la lettura del Signore delle mosche, aumentava in me una sensazione di déjà vu; ma solo durante un dopopranzo settimanale ho avuto l’agnizione. Fin da quando ho memoria, il palinsesto di Italia Uno prevede, tra le 14:00 e le 15:00, almeno una puntata dei Simpson: e mentre, come sempre, digerivo in compagnia di Homer, mi sono ricordato dove avevo già visto qualcosa di simile al romanzo di Golding. Il pulmino per bambini, stagione nove, puntata 14: mentre gli alunni della scuola elementare di Springfield stanno andando in gita, Otto fa un incidente e l’autobus precipita in un fiume che sospinge Lisa, Bart e gli altri prima in mare e poi su un’isola deserta. Qui i giovani naufraghi prima si organizzano per sopravvivere e gestire le risorse, poi si dividono in due gruppi in lotta tra loro finché non sono, sul finale, salvati da una nave. Parodiata ed edulcorata, ma era proprio la trama del libro che stavo leggendo! Andandomi poi ad informare, ho letto che dal romanzo sono stati tratti tre adattamenti cinematografici, che ha intensamente influenzato la produzione di Stephen King e che ha ispirato molti gruppi musicali come gli U2 e gli Iron Maiden. Insomma, è molto probabile che, anche chi non ha letto il libro, possa averne percepito i riflessi in opere da esso derivate. Il signore delle mosche, romanzo d’esordio nonché il più famoso di William Golding, sembra essere nato dopo un esperimento condotto dall’autore con la classe delle scuole elementari in cui insegnava. I bambini erano stati divisi in due gruppi e dovevano dibattere un tema sostenendo posizioni opposte, sotto la supervisione del maestro. Golding ebbe però l’intuizione di uscire dalla classe e di lasciare gli alunni privi di un giudice-arbitro: rientrato dopo un po’ in aula, aveva notato un’esacerbazione del conflitto e comportamenti violenti da entrambe le parti, tanto da dover sospendere la simulazione. La trama del libro vede protagonisti un gruppo di bambini di età tra i sei e i dodici anni, che, a seguito di un disastro aereo, si ritrovano su un’isola deserta nel Pacifico. Inizialmente il gruppo elegge un capo, il carismatico Ralph, e si dà delle regole: tenere vivo il fuoco, andare a caccia, procurarsi l’acqua, costruire degli alloggi… Nella desolazione della notte, inizia a diffondersi la paura che sull’isola viva una bestia e, con l’aumentare del terrore, si diffonde un’anarchia che porta il gruppo a dividersi in due parti, capeggiate rispettivamente da Ralph e da Jack, il capo dei cacciatori. In una progressiva escalation di intimidazioni e violenza, si arriva alla vera e propria persecuzione della fazione guidata da Ralph, il quale rimane presto da solo e braccato dai nemici. Il finale inaspettato non permette che si giunga al massacro, ma lascia comunque trasparire la visione pessimistica e amara dell’autore. Attraverso una storia che inizialmente sembra ricalcare i modelli della letteratura avventurosa in cui un self-made man riesce a imporsi in situazioni avverse – Robinson Crusoe, L’isola del tesoro, ma anche lo shakespeariano La tempesta – Golding mostra il progressivo imbarbarimento di un gruppo di bambini inglese che, anziché riuscire ad affermarsi sulla natura e sulle asperità dell’isola, cede agli istinti di sopravvivenza e sopraffazione. Questo primo livello di lettura, che rivela una visione negativa dell’animo umano, disposto ad abbandonarsi al Male, conduce anche ad un’interpretazione allegorica del romanzo, il quale allude ai rischi a cui è esposto uno stato democratico. Il libro, del 1954, è certo figlio della Seconda Guerra Mondiale e da questo punto di vista è vicino, più che al romanzo d’avventura, ai capolavori coevi della letteratura distopica come 1984 e La fattoria degli animali.
Tuttavia, più che questo secondo livello di significazione, mi ha molto colpito la tensione che si accumula nel corso del libro e che esplode in vere e proprie scene madri, che costituiscono degli spartiacque per la psicologia e la vita dei bambini sull’isola. Fortissima è la scena in cui, durante un ballo rituale, il clan di Jack si accanisce contro uno dei ragazzi, il quale, in un impeto da baccanale, viene scambiato con la fantomatica bestia e letteralmente scannato. In quel momento, come più volte nel corso del romanzo, il gruppo attiva il meccanismo del capro espiatorio, scaricando tutta la violenza su un singolo innocente per la salvaguardia del branco. Come intuisce Simone, il ragazzo un po’ tocco del gruppo, la bestia che tutti cercano fuori di sé è in realtà una presenza malvagia insita in ognuno di loro e che alcuni controllano peggio di altri: è Satana, cioè il signore delle mosche, che agisce per la catastrofe collettiva. Jack sembra il suo intermediario perfetto: abile cacciatore, assetato di potere, è il bambino che, più di ogni altro, sperimenta un processo di regressione ad uno stato selvaggio, certificato dal truccarsi la faccia e dal comunicare con gli altri attraverso richiami animaleschi. Ma anche Ralph, il protagonista positivo, non sembra all’altezza del ruolo di leader illuminato: esso è incapace di comprendere l’importanza di adattarsi all’ambiente per sopravvivere e continua, per tutto il corso della storia, a ripetere ordini di cui lui stesso non sembra più comprendere il significato. Il fatto poi che i due personaggi che, per ragioni diverse, rappresentano due emblemi di purezza, equilibrio e speranza vadano incontro ad una fine terribile, rivela chiaramente la visione pessimistica che Golding ha della natura umana. Il libro non lascia spazio a facili speranze, ma impone una riflessione sulla tenuta della nostra umanità in situazioni di crisi e difficoltà. IMMAGINI: Fonte Immagine 1: GiocoMagazzino Fonte Immagine 2: Book and negative di Agnese Macchi Bertolt Brecht, originariamente Eugen Berthold Friedrich Brecht, nacque a Berlino nel 1898; fu un drammaturgo, poeta, regista teatrale e saggista tedesco. “Da leggere il mattino e la sera” è un breve componimento estratto dalla raccolta “poesie 1933-1938” e recita così:
Quello che amo mi ha detto che ha bisogno di me. Per questo ho cura di me stessa guardo dove cammino e temo che ogni goccia di pioggia mi possa uccidere. Già dopo una prima lettura, comunque attenta, si può percepire di essere di fronte a una poesia aperta a molte interpretazioni. Ognuno può interpretarla a modo suo, perché se ci si immedesima nel poeta, già dal primo verso a ciascuno balzerà alla mente quello che più ama. È lì che Brecht pone maggior attenzione: apre così questa sua preghiera, un mantra da ripetere mattino e sera, ricordando quello che ama. Non è per niente semplice capire a che cosa o a chi si riferisse Brecht, ma chiunque ami qualcosa o qualcuno può facilmente ritrovarsi in queste parole. È quello che si ama che ci spinge a conservarci, a guardare dove si mettono i piedi a non perderci tra i passi di una vita impervia e a volte crudele. Perché per l’appunto, ogni singola goccia di pioggia, ogni singolo evento, caso, circostanza, può ribaltare la realtà delle cose e farci sparire per sempre in un misero attimo. È la goccia di pioggia più temibile di tutte, eppure finché si è vivi ci sembra impossibile morire. Non conviene temere la morte, dal momento che nessuno sarà mai esentato dal tetro abbraccio di questa, piuttosto è bene amare la vita, e rimanerci aggrappati il più possibile. Il tempo spazza via tutto e spazza via anche noi, non è una novità, lo sappiamo bene ormai; allora perché non ripetere ogni mattina e ogni sera quanto ci amiamo e conserviamo unicamente per quello che si ama? Schivare le gocce di pioggia è impossibile, a meno che non ci si chiuda in un qualche sgabuzzino; allora ognuno si bagnerà della pioggia che merita, e se sarà forte troverà la forza di asciugarsi e continuare, solo il debole si accascerà sotto la pioggia lamentandosi proprio di questa. Dedicarsi a ciò che si ama permette di travasare un po’ della nostra essenza altrove, lasciare il segno da qualche parte, qualsiasi essa sia, esterna al nostro corpo, niente più di un pesante fardello che un giorno scomparirà. Si inizia pensando all’amore, si finisce pensando alla morte. Questo componimento per quanto breve, lascia una scia di emozioni pressoché infinita. Ne risulta un inno alla vita, una spinta a perseguire e porre l’attenzione su ciò che si ama, un impulso a sfuggire dal tempo, che a volte è crudele e passa senza aspettarci. Il messaggio è molto importante: dovremmo dedicare tutto il nostro potenziale a ogni singolo istante, certo il sacrificio e la rinuncia si fanno avvertire, ma niente è come vedere avvicinarsi ciò che si ama, o essere contornati da chi si ama. L’uomo vive per questo. Brecht poteva descriverlo in otto versi. Immagine tratta da: COMUNICATO STAMPA Bel mortale canta ancora È quasi un’invocazione necessaria e benaugurante il titolo del cartellone di spettacoli che la Formazione del Teatro Verdi di Pisa presenta alla ripartenza delle attività teatrali. Tutti i percorsi sono uniti da un denominatore comune: la necessaria coltivazione della fantasia e della creatività proprio nel momento in cui questa nostra fondamentale capacità è stata maggiormente attaccata. Gli spettacoli sono la reazione di un nutrito gruppo di adolescenti e di un gruppo di uomini e donne diversamente giovani. Tutti i corsi pensati prima della pandemia sono stati reinventati alla luce di quanto accadeva e dei tempi di riapertura che si prolungavano al di là delle previsioni fatte a gennaio quando i corsi sono iniziati. Ma ce l’hanno fatta e tutti i laboratori di formazione attorale del Teatro Verdi avranno un loro esito scenico, un incontro col pubblico. Una comunità che si ritroverà a condividere temi che possano essere di riflessione e un’iniezione di energia. La riscrittura de La Storia Infinita di Michael Ende è sembrato un testo perfetto in questi tempi di patologie mai edite come quelli che abbiamo vissuto; al di là della malattia dal punto di vista sanitario, il rischio è stato ed è quello di ammalarsi dentro, coltivando quel nero nulla che rischia di mangiarci l’anima, proprio come succede nel mondo di Fantàsia del libro di Ende, che improvvisamente tende a sgretolarsi con l’Infanta Imperatrice ammalata di non si sa che. Lo spettacolo contiene creazioni sviluppate proprio durante il lavoro in remoto, che potremmo dire hanno costituito una cura al quadrato: da un lato inventavano e narravano personaggi che si affannavano a sviluppare una cura contro la malattia dell’Imperatrice della storia, dall’altro andando a costituire, grazie alla costruzione dello spettacolo, una cura per i partecipanti. Il titolo La Grande Ricerca esplicita da solo il viaggio e alcune scene registrate sulla piattaforma Zoom, che è stata l’unica sala prove usata durante molti mesi, testimoniano la duttilità del percorso nel suo sviluppo. Allo stesso modo il mondo fatato che si intreccia con le vicende relazionali del Sogno di una notte di mezz’estate di William Shakespeare è sembrato un testo analogamente adatto anche perché narra lo sforzo e la voglia di praticare il teatro da parte di alcune persone che non sono professioniste, ma che trovano proprio nel preparare uno spettacolo un antidoto alla grande complessità del tutto. Gli Ultimi giorni di Giuda Iscariota dell’americano Adly Guirgis, andato in scena per la prima volta nel 2005, è incentrato su di una fantasiosa terra di mezzo tra cielo e terra in cui si celebra appunto il processo al Primo traditore. Il testo è straordinario proprio nell’esaltare quel tempo sospeso e di riflessione a cui siamo stati costretti nell’ultimo anno. In questa Corte di Tribunale ai confini del Purgatorio, Fabiana Aziza Cunningham, avvocatessa zingara irlandese figlia di una chiromante e di un prete spretato, chiede, dopo duemila anni circa, un processo d’appello per Giuda Iscariota. E il pubblico è chiamato ad ascoltare testimonianze, interrogatori e “rare registrazioni delle telecamere di sicurezza nell’ufficio di Ponzio Pilato” per poi emettere il verdetto sul più famoso Traditore della Storia. Una girandola di personaggi attinti dalle Scritture (Sacre o meno) e dalla Storia dell’Umanità, tutta la tensione di una disputa legale in cui si discute il caso più scottante degli ultimi due millenni: da Pilato a Santa Madre Teresa di Calcutta, da Satana a Sigmund Freud passando per Gesù di Nazareth e lo stesso Giuda. I Giganti della Montagna di Luigi Pirandello è uno dei testi più indefiniti dell’autore, incompleto (Pirandello è morto mentre lo stava ultimando), è unico nell’aprire e sviluppare la sua riflessione esistenziale alla linea fantastica e brillante che ha rappresentato nella sua opera un elemento fondamentale, spesso però trascurato nell’ interpretazione scenica delle sue opere. Il rapporto tra sogno, teatro, vita si tende qui al massimo. Una compagnia allo sbando si incontra con gli abitanti di una fantasmatica villa degli Scalognati. In un tempo sospeso ragioneranno di vita e rappresentazione della medesima, in una situazione piena di slittamenti e sussurrati colpi di scena, mentre là fuori si prepara e si teme l’irruzione della vita più mondana e materiale simboleggiata da un imminente matrimonio dei Giganti. “Bel mortale canta ancora”, che è una battuta della regina delle fate Titania nel Sogno di una notte di mezz’estate, dice la necessità del canto e della condivisione della bellezza; dice la voglia di continuare a sviluppare quella parte relazionale e creativa che è stata palpabile nei numeri delle adesioni ai corsi e che ora è pronta a “riveder le stelle”. Sarà un presentarsi alla collettività ovviamente ancora contratto (limiti nel contatto e nel togliersi la mascherina in scena, specie per i primi spettacoli), ma sarà in ogni caso una festa, visto che non può resistere a lungo un teatro non dal vivo e senza pubblico. GIARDINO SCOTTO, sabato 5 e domenica 6 giugno, ore 21 LABORATORIO PRIMO LIVELLO, "LA GRANDE RICERCA" di Franco Farina e Federico Guerri da La storia Infinita di Michael Ende coordinamento laboratorio Federico Guerri e Franco Farina assistente alla regia Margherita Guerri, suono Franco Puccini, luci Nicola Savazzi con Miriana Angeli, Valentino Benvenuti, Alice Chessa, Greta Celestino, Francesca Conti, Anna Cristiani, Flor Donati, Madalina Dominte, Angela Filippi, Lorenzo Galli, Federica Greco, Lorenzo Gremignai, Niccolò Laface, Benedetta Marziotti, Ailen Macchia, Andrea Menoni, Marta Morano, Ludovica Rangoni, Margherita Razzi, Valerio Redini, Mariangela Riz, Marco Salamone, Lorenzo Scribani, Alessia Spada, Laura Simoni TEATRO VERDI, sabato 24 e domenica 25 giugno, ore 21 LABORATORIO UNIVERSITARI e ADULTI, "TI PREGO BEL MORTALE CANTA ANCORA" di Luca Biagiotti e Franco Farina da Sogno di una notte di mezz'estate di W. Shakespeare con Mughetto Finzi, Aldo Paolicchi, Ornella Aglioti, Rebecca Ficini, Emanuele Rovini, Monica Baroni, Michela Bilotta, Stefania Di Bono, Rebecca Galaverni, Raffaella Angelino, Daniele Matronola, Elena Fustini, Francesco Di Fraia, Giulia Bargagna, Dorotea Pezzano, Paola Tacchi, Niccolò Viale , Francesca Matteucci, Maria Luisa Grosso, Gabriella Degl’innocenti, Ilaria Loi, Alice Tognetti, Giulia Petruzzi, Beatrice Palombi TEATRO VERDI, sabato 10 e domenica 11 luglio, ore 21 LABORATORIO SECONDO LIVELLO, “GLI ULTIMI GIORNI DI GIUDA ISCARIOTA" di Stephen Adly Guirgis coordinamento laboratorio: Luca Biagiotti, Cristina Lazzari e Franco Farina con Sara Aliberti, Anita Avesani, Eleonora Bechi, Sofia Biasci, Calderisi Margherita, Diego Campera, Gosvami Cuccu, Laura Demi, Emanuel Giordini, Alice Giorgi, Luca Granucci, Cecilia Odetti, Lorinna Dini Pacciardi, Leonardo Pasquale, Nicholas Santamaria TEATRO VERDI, sabato 17 e domenica 18 luglio, ore 21 LABORATORIO TERZO LIVELLO, "I GIGANTI DELLA MONTAGNA" di Luigi Pirandello coordinamento laboratorio: Luca Biagiotti, Cristina Lazzari e Federico Guerri con Alice Bianchi, Arianna Regina, Lorenzo Scribani, Lorenzo Galli, Pietro Leopoldo Vicerè, Alessio Venturini, Alessandra Artigiani, Alessandro Giacomelli, Elena Fustini, Daniele Matronola, Claudia Biancotti, Eugenio Fortunato, Nicola Perone, Federico Cristiani, Giorgia Durantini, Clara Pasquali, Sara Genovesi, Angel De Olivera È possibile acquistare i biglietti sia on line, sia nell’orario di apertura della biglietteria del teatro, che poco prima dello spettacolo direttamente nel luogo di svolgimento dello spettacolo: prezzo unico 10,00 euro. di Lorenzo Vanni Nel corso dell’ultimo decennio abbiamo avuto numerose visioni di un futuro inquietante, spostandosi tra media diversi dal cinema alla letteratura. L’intera letteratura mainstream per un certo periodo ne è stata invasa e le distopie sono andate a delineare un quadro sociale e, per molti versi, politico che veniva evidentemente percepito come incerto e destabilizzante. I modelli di riferimento sono sempre gli stessi imprescindibili: Brave New World di Aldous Huxley e 1984 di George Orwell. La finezza nel ragionamento sotteso all’opera di Huxley l’ha sempre resa un’opera di maggiore fascino, anche se generalmente meno conosciuta di quella di Orwell che pure di Huxley era stato allievo. Non stupisce quindi che il romanzo d’esordio di Margherita Geraci renda omaggio al maestro delle distopie con una citazione in esergo che dà il tono generale alla propria opera. Il romanzo di Geraci è Leviathan – La prima legge e costituisce il primo volume di una trilogia ambientata in Italia; è un’Italia che non somiglia in niente a quella che conosciamo, ma è divisa in due parti di cui una è opulenta, dotata di lussi e abitata da aristocratici e star mediatiche. Abitano il Leviatano, mentre chi si trova al di fuori fa parte dei Radioattivi: sono i poveri che abitano in aree desertiche cercando di tirare avanti e di sfuggire agli Avvistatori, una sorta di milizia del Leviatano che dà la caccia ai Radioattivi, detti anche non-schedati.
I collegamenti da poter stabilire sono molti: indubbiamente la divisione tra chi vive nel Leviatano e chi vive al di fuori fa pensare a riferimenti cinematografici che nello scorso decennio hanno giocato molto su questa contrapposizione. I film di Neil Blomkamp ne sono un perfetto esempio, Elysium su tutti dove si ripropone esattamente lo stesso rapporto di potere. Il fatto che l’area ricca e prospera venga chiamata Leviatano rimanda inevitabilmente alla filosofia di Hobbes: uno stato-nazione spinto all’arricchimento compulsivo da un capitalismo sfrenato (solo agli albori ai tempi di Hobbes) che ingrassa se stesso sempre di più a discapito di tutte le aree circostanti. Quella che qui viene presentata come distopia è molto vicina alla realtà in molti paesi africani dove le grandi città sono prospere con un élite di grandi ricchi e tutto intorno la povertà che domina in realtà la maggior parte del continente. Analizzando solo lo scenario di partenza abbiamo quindi una critica al sistema capitalistico, comune a scrittori come Huxley evidentemente, esponenti di un certo modo di intendere la politica. La parte centrale del romanzo è ambientata all’interno del centro di addestramento militare del Leviatano, dove vengono formati gli Avvistatori e dove viene portata Alice dopo essere stata catturata in un’imboscata. Anche in questo caso torniamo nell’ambito della filosofia per capire la struttura della parte centrale: il riferimento è ovviamente a quello che era stato definito “universo concentrazionario” per definire il funzionamento dei campi di concentramento nel trattamento dei prigionieri, e questo è enfatizzato anche dal fatto che in questo centro militare tutti sono indicati con un numero che viene loro assegnato al momento del loro ingresso. Questo centro militare ha, nell’uso che ne fa l’autrice, una doppia accezione: una che risponde alla definizione di universo concentrazionario e l’altra che, in realtà, deriva dalla prima e che consiste nell’applicazione del concetto esteso all’ambiente della prigione, in linea con il pensiero di Michel Foucault. Un centro militare dove vige la disciplina ferrea e la sorveglianza totale. Detto questo, c’è poi la componente tecnica. Margherita Geraci non sembra affatto un’esordiente, ma una scrittrice con piena padronanza dei propri mezzi, al netto di alcuni momenti fuori tono che riguardano Loris e il suo rapporto con l’espressione delle emozioni. Comunque un personaggio complesso da gestire e la cui delineazione è efficace. E ora attendiamo il seguito! Immagine gentilmente concessa dall’editore |
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Febbraio 2023
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