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10/9/2016

Paper girls. Un tuffo negli anni '80, tra Stranger Things e La guerra dei Mondi

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di Marco Messina

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La nostalgia è un sentimento universale. In essa si intrecciano il piacevole ricordo e il desiderio di tornare in determinati luoghi e situazioni, o di rincontrare persone ormai lontane e irraggiungibili: un’esperienza che tutti hanno provato almeno una volta nella vita. Ma se filosofi e psicologi erano soliti legare la nostalgia a un “chi” o a un “dove”, negli anni ’80 essa è andata via via intrinsecandosi sempre più all’interno di un “cosa” ben specifico: l’intrattenimento di massa. Quella degli attuali trentenni è probabilmente la prima generazione per cui i ricordi d’infanzia sono indissolubilmente legati alla fruizione di film, telefilm e videogiochi, per tacere di quelli che oggi sono considerati i grandi classici della musica contemporanea. Passano i decenni, le mode tornano ciclicamente alla ribalta, e quando quell’audience di ragazzi cresce trasformandosi in potenziali acquirenti, è facile prevedere cosa succede: qualcuno fiuta l’affare, e la cultura pop diventa business. Si “vende”, letteralmente”, nostalgia, dando origine a un filone artistico fatto di remake e prodotti dal sapore volutamente retrò . Se avete visto la serie televisiva Netflix Stranger Things [link: http://www.iltermopolio.com/cinema/stranger-things-la-serie-tv-gia-cult] (giusto per citare uno degli esempi più recenti di questa tendenza) potrete farvi un’idea abbastanza precisa di cosa vi attende nelle prime pagine di Paper Girls, la nuova graphic novel edita dalla Bao Publishing.
Siamo a Stony Stream, in Ohio, alla vigilia di Ognissanti. Fuori è ancora buio quando Eric, con la borsa a tracolla piena di quotidiani, inizia il suo giro di consegne, durante il quale conoscerà altre quattro ragazze che condividono il suo stesso “mestiere”: Mac, Tiffany e Kj. Girare di notte potrebbe rivelarsi pericoloso per delle ragazzine di 12 anni, ma molto presto i classici bulli di quartiere si riveleranno il minore dei problemi. Succedono cose molto più strane a Stony Stream, tra gente che scompare, ninja futuristi e pterodattili dall’estetica molto moebiusiana, in una notte tumultuosa che cambierà per sempre il destino delle protagoniste.
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A fronte di un incipit in apparenza abbastanza banale (o furbo, a seconda dei punti di vista), la trama imbastita da Brian K. Vaughan (già autore della serie Vertigo Y: The Last Man e del pluripremiato Saga, sempre edito dalla Bao) e illustrata da Cliff Chiang (visto di recente sulle pagine di Wonder Woman, con i testi di Brian Azzarello) prende molto presto un china inaspettata, pur non rinunciando mai del tutto alla propria indole pop, voluta e ricercata. Gli stessi autori hanno definito la loro opera come “Stand by me che incontra La guerra dei mondi”, e mai accostamento fu più azzeccato. Nonostante la patina vintage che percorre tutta la storia, il linguaggio narrativo utilizzato è moderno e consapevole, specialmente per quanto riguarda i dialoghi, la caratterizzazione dei personaggi e alcune scelte di storytelling. Sempre un po' sopra le righe, gli adolescenti descritti da Vaughan parlando e si comportano ESATTAMENTE come degli adolescenti. In particolare,ognuna delle quattro protagoniste incarna un determinato archetipo sociale dell’America degli anni ’80, diventando rappresentante di quella specifica classe socio-economico-religiosa. Il pericolo di scadere negli stereotipi è arginato dal modo in cui vengono rappresentati quegli stessi personaggi: puntando molto sui dialoghi, Vaughan permette di approfondire la loro psicologia (archetipa, come detto prima, ma non per questo superficiale) tramite degli scambi di battute molto ritmati e veloci, dando spessore al tutto senza appesantire ulteriormente la lettura usando espedienti quali, ad esempio, le didascalie. In ciò è aiutato dal bravissimo Chiang, dal tratto cartoonesco ed espressivo, capace di rendere al meglio anche le sequenze mute, come quella, raccontata tramite griglia verticale anziché orizzontale, in cui Tiffany gioca in loop ad Arkanoid, metafora della sua vita ripetitiva e inappagante.
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Più in generale, si potrebbe dire che quelli di Paper Girls sono gli anni ’80 visti dal di fuori, da chi li ha già vissuti e metabolizzati, in un visione che, per quanto strizzi continuando l’occhio ai nostalgici, si dimostra molto meno accomodante di quanto potrebbe sembrare ad un lettura superficiale. Tutto il sottotesto riguardante lo scontro generazionale (appena accennato, ma che probabilmente troverà maggiore spazio nei prossimi volumi), le stesse idiosincrasie delle ragazze, o le tantissime influenze fantascientifiche, servono a raccontare, attraverso il linguaggio filtrato della narrazione, tutta una serie di contraddizioni sociali e culturali che solo una consapevolezza sedimentata nei decenni avrebbe permesso di raccontare. A differenza di altre produzioni simili, in Paper Girls la nostalgia non è un fine, ma un mezzo tramite cui trascinare il lettore in un vorticoso viaggio nello spazio e nel tempo: sono gli anni ’80 narrati da chi li ha vissuti, per un pubblico che, citando Stephen King, nel frattempo “è andato avanti”.


Immagini gentilmente concesse dall'Ufficio stampa della BAO Publishing.

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10/9/2016

Amicizia, amore e incesto: riflessioni e percorsi letterari

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​di Andrea Di Carlo
L’amicizia, l’amore e l’incesto (sebbene quest’ultimo molto più disturbante) sono temi molto frequentati in letteratura, affrontati con varie angolazioni e ideologie nel corso dei secoli. La prima riflessione compiuta e matura sull’amore nel mondo antico si trova senz’altro nel Simposio platonico: raccolti a banchetto (pratica comune nel mondo antico), i dialoganti si troveranno a definire cosa sia per loro l’amore. L’intervento più significativo è quello di Aristofane, il quale espone il celebre mito dell’androgino: a giudizio del poeta comico ateniese, i generi sessuali erano, inizialmente, tre, maschile, femminile e androgino (con caratteristiche dell’uno e dell’altro). Gli essere umani, in questo tempo, avevano due teste, quattro braccia, quattro gambe, quattro mani, due organi sessuali ed erano tondi. Tuttavia, per la loro hybris, Zeus punì l’umanità dividendola. Conclude Aristofane che, da quel momento, ogni essere umano è in cerca della propria metà (da qui la frase dolce metà) per ricostituire l’unità iniziale (Centrone 2014, Colli 1979). 
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Giddens (1992), tuttavia, sintetizza che la concezione dell’amore e della sessualità comunemente intesi sorge soltanto a partire dal sec. 18°, con la rivoluzione liberal-borghese e l’emersione della sessualità plastica, un tipo di amore in cui la procreazione non è il fine primario. Culturalmente, questo cambiamento di mentalità è riflesso in uno dei romanzi più celebri dell’epoca, Pamela (1740) di Samuel Richardson, dove si mettono in discussione convenzioni e pratiche del passato (Sabor, Keymer 2005). Un’importante amicizia, che segna il Rinascimento, è quella tra Michel De Montaigne ed Etienne De La Boétie. Morto molto giovane De Boétie, il Bordolese dedicò all’amicizia uno dei suoi Saggi: emerge la definizione di amicizia come un sentimento caldo, nitido e spirituale, che affina l’anima (Garavini 2014).
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Una simile condizione è ravvisabile nei Sonetti shakespeariani (1609). Non è possibile determinare con esattezza il rapporto che intercorre tra l’Io lirico e il Bel giovane: siamo di fronte a un’amicizia come quella delineata da Montaigne oppure si tratta di un tormentato sentimento omosessuale? Se esegeti romantici come Coleridge avevano negato l’esistenza di un’attrazione omosessuale (cfr. Rollins 1944: 233), Pequigney (1985: 64) e Wells (2012) danno credito alla teoria che tracce latenti di omosessualità siano da riscontrare in pieno nel macrotesto del Bardo, in modo particolare nelle commedie e nei summenzionati sonetti. 
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L’incesto (dal latino in e castus, “sentimento non casto, non puro”) designa una passione amorosa ai margini della legittimità in tutte le culture, in quanto coinvolge consanguinei. Il dettato veterotestamentario vieta l’incesto definendolo abominio (cfr. Levitico 18 6-16) e Lévi-Strauss (1949) condanna questa pratica in quanto impedisce la circolazione di beni e l’inizio di una relazione esogamica stabile. Sebbene sia stato ab origine stigmatizzato come relazione immorale, l’incesto conobbe un’inaspettata fortuna nel Rinascimento inglese, grazie alla tragedia di John Ford ‘Tis Pity She’s a Whore (“Peccato che sia una sgualdrina”, 1629-1633) (Boehrer 1992: 22-27, Wiseman 1990). Nell’Italia papista e corrotta (specchio della corruzione della corte giacobita) l’unico sentimento puro è paradossalmente la relazione incestuosa che lega i fratelli Giovanni e Annabella, che insieme cercano di ristabilire l’Uno platonico del Simposio. Shakespeare con Romeo e Giulietta e Ford con Peccato che sia una sgualdrina affrontano in modo problematico l’amore: da una parte l’archetipo dei giovani innamorati, che non accettano che i contrasti tra i Montecchi e i Capuleti costituiscano un ostacolo alla loro storia, dall’altra i fratelli incestuosi, che individuano nel loro amore proibito una valvola di sfogo dalla corruzione della loro epoca. L’amore, che nella dicotomia natura/cultura sottostà a una rigida regolamentazione ( cfr. Foucault 1976a, 1984b), si mostra nella sua forma incontaminata in una dramma giacobita che esalta un sentimento contrario alla norma sociale, l’incesto. 
Bibliografia:
 
Boehrer, BT (1992)   Monarchy and Incest in Renaissance England: Literature, Culture, Kinship, and Kingship: Philadelphia, University of Pennsylvania Press.
 
Centrone, B (2014)  Platone, Simposio, introduzione di Bruno Centrone: Torino, Einaudi.  
 
Colli, G (1979) (a cura di)  Platone, Simposio, a cura di Giorgio Colli: Milano, Adelphi
 
Foucault, M (1976a) Histoire de la sexualité: La volonté de savoir : Paris, Éditions Gallimard.
 
Foucault, M (1984b) Histoire de la sexualité : L’usage des plaisirs, Le souci de soi : Paris, Éditions Gallimard.
 
Garavini F (2014) (a cura di)  Michel De Montaigne, Saggi, a cura di Fausta Garavini: Milano, Bompiani.
 
Giddens, A (1992)  The Transformation of Intimacy: Sexuality, Love and Eroticism in Modern Society: Cambridge, Polity.
 
Lévi-Strauss, C (1949) Les structures élémentaires de la parenté: Paris, Presses universitaires de France.
 
Pequigney, J (1985) Such Is My Love: A Study of Shakespeare’s Sonnets: Chicago, University of Chicago Press.  
 
Rollins, HE (1944) (ed. by) William Shakespeare, Sonnets: Philadelphia, New Variorum Lippincott.
 
Sabor, P, Keymer, T (2005)  “Pamela” in the Marketplace: Literary Controversy in Eighteenth-Century Britain and Ireland: Cambridge, Cambridge University Press.
 
Wells, S (2012) Shakespeare, Sex, and Love: Oxford, Oxford University Press.
 
Wiseman, SJ (1990)  “‘Tis Pity She’s a Whore: Representing the Incestuous Body”, in Gent, Llewellyn (eds) Renaissance Bodies: The Human Figure in English Culture c. 1540-1660: London, Reaktion Books.   
 
Immagini tratte da:
Simposio (dialogo), Dominio Pubblio, Wikipedia italiana, voce: Simposio (dialogo).
Michel De Montaigne, Dominio Pubblico, Wikipedia italiana, voce: Michel De Montaigne.
William Shakespeare, Dominio Pubblico, Wikipedia italiana, voce: William Shakespeare. 

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4/9/2016

Il protofumetto

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​di Lorenzo Vannucci
​Sono diverse le nazioni che rivendicano la primogenitura del fumetto: Ally Slooper, personaggio caricaturale con un cilindro e un bizzarro nasone rosso, impresario svogliato sempre pieno di debiti con il padrone di casa, riflette la mentalità vittoriana presente anche in alcuni romanzi di Dickens come Oliver Twist. Max und Moritz (1865), grande classico della letteratura per l'infanzia, può essere considerato invece come il precursore del fumetto tedesco. Influenzato da Töpfer, realizzatore di Histoire de Mounsieur Jabot e precursore del fumetto nero, William Busch sviluppò in Max und Moritz un fumetto “noire”, caratterizzato da un forte umorismo nero (la morte dei due bambini macinati e dati in pasto alle oche), riprendendo lo stile dei protofumetti svizzeri e tedeschi (la rima baciata , stile lineare e la scelta di accompagnare ai suoi disegni due o tre linee di testo, come se fossero didascalie) rivisitandoli in chiave surrealistica. Il fumetto tratta di Max e Morris che, senza ritegno, ordiscono scherzi crudeli a danno di innocenti personaggi. Tuttavia, a differenza di Gian Burrasca - personaggio non statico ma in continua evoluzione - le malefatte si ritorgono contro con i due protagonisti, vittime dei loro scherzi.
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Töpfer in Saggio sulla fisiognomia dà una prima interpretazione di cosa fosse a quei tempi il fumetto, rimarcando l'importanza dello scarabocchio: «fare letteratura per immagini non vuol dire servirsi di un mezzo per esprimere un'idea grottesca, ma non vuol dire neanche rappresentare una storiella o un motto. Significa invece l'invenzione totale di un fatto per cui singole parti disegnate, messe una accanto all'altra, rappresentano un tutto». Lo scarabocchio, secondo Töpfer, non è estetica, una continua ricerca di perfezione fatta di linee sinuose: per il pittore “barocco” questo insieme di segni, ottenibili mediante delle linee leggere calcate da linee sempre più forti e decise, deve anzitutto suscitare un'emozione. Nel capitolo Giorgino che piange e Giorgino che ride  non solo Töpfer attraverso lo“storgimento” della bocca all’insù e all'ingiù palesa lo stato d'animo del suo personaggio, ma rende il lettore partecipe dell'emozione provata dalla sua creazione. Disegni che, come scrive in M. Jabot «non avrebbero che un significato oscuro; il testo senza i disegni non significherebbe nulla».
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 Nel 1894 il fumetto sbarca negli Stati Uniti: Pulitzer, editore e politico ungherese naturalizzato americano pubblicò nel 1894 un fumetto dai tratti fortemente “europalizzanti”: Hogan's Alley. Nato come semplice monello dalle grandi orecchie a sventola con un camice bianco, nel 1896,  a seguito di un errore tipografico, il fumetto prende nome “Yellow Kid”. Ritratto di New York all'alba del '900, Pulitzer riporta come in un quadro realista i meandri della Grande Mela. Lo scrittore naturalizzato cittadino americano non si limita ad una rappresentazione fedele e accurata della vita mondana di New York come in un quadro di Renoir, con con ampie descrizioni di interni di caffè , scorci di metropolitane e paesaggi di quartiere, ma tratta in chiave realista della nascita della metropoli inserendo il suo personaggio all'interno di “distretti” in costruzione. L'occhio clinico di Pulitzer penetra con nel cuore della vita americana più autentica e cruda, passando da squarci con bambini che giocano nei parchi alla dura realtà nelle case popolari.
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Sitografia:
1)https://it.wikipedia.org/wiki/The_Yellow_Kid
2)http://letteraturagrafica.over-blog.com/article-toppferiana-saggio-storico-sul-protofumetto-antoine-sausverd-monsieur-crepin-ou-la-metoposcopie-calv-124611313.html
3)https://it.wikipedia.org/wiki/Rodolphe_T%C3%B6pffer
4)http://letteraturagrafica.over-blog.com/article-35260418.html
5)http://lucaboschi.nova100.ilsole24ore.com/2013/06/27/la-nascita-definitiva-del-fumetto-di-sauro-pennacchioli/
6)https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_del_fumetto
7)https://it.wikipedia.org/wiki/Ally_Sloper
8)Il secolo del fumetto, Brancato
Immagini tratte da:

- wikipedia inglese, Wilhelm Busch, pubblico dominio, voce: Max and Moritz
- www.gutenberg.ca
- letteraturagrafica.over-blog.com

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3/9/2016

Disvenendo Ofelia

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​di Ludovica Delfino
La più decantata, la più raffigurata, la più amata, al punto che pittori, poeti e cantautori si sono più volte cimentati con il suo personaggio, il suo sguardo vacuo e indifferente, segnato da un dolore troppo grande, Ofelia continua a sfuggire alla comprensione, ad attrarre con la sua assenza che pervade il dramma shakespeariano dell’Amleto.
Al giovane principe Amleto, che piange la recente morte del padre, il re di Danimarca, sugli spalti del suo castello una sera appare uno spettro: è il fantasma del padre che gli rivela di essere stato ucciso da suo fratello Claudio, che ora ha sposato la sua vedova e cinge la sua corona; per questo reclama la vendetta. Il giovane, turbato, promette; per poter portare a compimento più agevolmente i suoi piani, simula la pazzia e, con parole deliranti, allontana da sé la giovane fidanzata Ofelia. Ed ecco avvicinarsi il momento del delitto ma, per sfortuna, credendo di pugnalare Claudio, Amleto trafigge Polonio, padre di Ofelia, la quale, addolorata per il rifiuto di Amleto e per la morte del padre, impazzisce di dolore. Terminerà la sua esistenza affogando in un corso d’acqua, scatenando l’odio e la vendetta da parte del fratello Laerte, che tenterà di uccidere Amleto.
Una delle tragedie più conosciute di Shakespeare, “Amleto” è considerata come rappresentazione della reazione di un uomo di alto senso morale di fronte alla malvagità del mondo; ma dalle sue pagine emerge, in forte suggestione, la poetica figura di Ofelia, personaggio in apparenza  marginale, tuttavia fulcro dell’intera tragedia.

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Fanciulla remissiva, pura, vittima innocente e ignara, dopo un intenso corteggiamento di Amleto, subisce il suo crudele e immotivato rifiuto.
Ma Laerte e il padre l’avevano messa in guardia, spingendola a diffidare del corteggiamento di un re, ed è qui che sta un tratto principale del personaggio di Ofelia: il lacerante conflitto amore/obbedienza nei confronti del padre Polonio e di Amleto. Una lacerazione che sfocerà nella follia autentica, che sconvolgerà la sua mente e la spingerà all’annullamento.
Figura incorporea, che continua a tramandare di sé l’immagine non di un corpo, ma di un volto che galleggia nell’acqua tra corolle di fiori, Ophelia è anche corpo, ma corpo negato, una donna che il desiderio d’amore represso spinge al tragico esito, e che, curiosamente, rivelerà, infine, la sua corporeità al ritrovamento e seppellimento del suo cadavere intaccato dall’acqua.
Artisti come Millais, Delacroix, Gervex, Waterhouse, Carena sono stati attratti particolarmente dalla sua figura verginale e dalla composizione decorativa e necrofila, che la fa riaffiorare dalle acque stagnanti entro una fitta cornice di vegetazione e fiori.

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Nel 1870 il poeta francese Arthur Rimbaud scrisse la poesia “Ophèlie”, ispirata alla donna shakespeariana dal tragico destino, descritta in modo tale da farla assomigliare a un fantasma. Ofelia smette di essere folle, smette di essere icona ed eroina; è una donna umana in tutta la sua tristezza e il suo dolore. La tristezza di Ofelia è tale da irradiarsi in tutto il paesaggio circostante, una natura partecipe del suo dolore:

I

Sull'onda calma e nera dove le stelle dormono
Fluttua la bianca Ofelia come un gran giglio, fluttua
Lentissima, distesa sopra i suoi lunghi veli...
- S'odono da lontano, nei boschi, hallalì.

Da mille anni e più la dolorosa Ofelia
Passa, fantasma bianco, sul lungo fiume nero;
Da mille anni e più la sua dolce follia
Mormora una romanza al vento della sera.

La brezza le bacia il seno e distende a corolla
Gli ampi veli, dolcemente cullati dalle acque;
Le piange sull'omero il brivido dei salici,
S'inclinano sulla fronte sognante le giuncaie.

Sgualcite, le ninfee le sospirano intorno;
Ella ridesta a volte, nell'ontano che dorme,
Un nido, da cui sfrùscia un batter d'ali:
- Un canto misterioso scende dagli astri d'oro.

II

Pallida Ofelia! Come neve bella!
In verde età moristi, trascinata da un fiume!
- Calati dai grandi monti di Norvegia, i venti
Ti avevano parlato di un'aspra libertà;

Poi che un soffio, attorcendoti la chioma folta,
All'animo sognante recava strane voci;
E il tuo cuore ascoltava la Natura cantare
Nei sospiri della notte, nei lamenti dell'albero;

Poi che il grido dei mari dementi, immenso rantolo,
Frantumava il tuo seno, fanciulla, umano troppo, e dolce;
Poi che un mattino d'aprile, un bel cavaliere pallido
Sedette, taciturno e folle, ai tuoi ginocchi!

Cielo! Libertà! Amore! Sogno, povera Folle!
Là ti scioglievi come neve al fuoco:
Le tue grandi visioni ti facevano muta
- E il tremendo Infinito atterrì il tuo sguardo azzurro!

III

- E il Poeta racconta che al raggio delle stelle
Vieni, la notte, a prendere i fiori che cogliesti,
E che ha visto sull'acqua, stesa nei lunghi veli,
Fluttuare bianca come un gran giglio Ofelia. (Arthur Rimbaud)
Immagini tratte da:
https://it.pinterest.com/emilyjanebronte/john-william-waterhouse/
http://lizziesiddal.com/portal/ophelia/

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3/9/2016

Enigma, mistero ed ellissi: Il giro di vite e Henry James

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di Andrea Di Carlo
Scritto nel 1898, il celebre racconto di Henry James The Turn of the Screw (“Il giro di vite”), è l’opera in cui il senso di mistero, enigma e del non detto meglio si manifestano 
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​La fabula si apre con una focalizzazione zero (cfr. Genette 1972) da parte di Douglas, il quale legge al suo pubblico le memorie di una sua amica defunta, sulla quale non si hanno altri dettagli (in quanto lettori siamo tenuti a fidarci di questa versione). Dalla focalizzazione zero si passa alla focalizzazione interna, attraverso la voce di una giovane donna, figlia di un povero pastore anglicano, che accetta l’offerta di lavoro del ricco tutore di due fratelli, Flora e Miles, di badare a questi ultimi. Per la ragazza è la realizzazione di un sogno: per la prima volta riesce ad abbandonare una vita di stenti e privazioni e conoscere finalmente il mondo. La sua mansione la porta a Bly, una bellissima casa della campagna inglese, dove la giovane donna presto capisce che qualcosa non va: Mrs Grose, la governante sempliciotta della tenuta, confessa all’istitutrice delle manifestazioni fantasmatiche di Miss Jessel e Peter Quint, i suoi predecessori. Da qui inizia una serie di eventi, che culmineranno con la morte di Miles. Il senso di enigma e di mistero è accresciuta dalla narrazione omodiegetica, verso la quale Wilson (1934: 385) nutre cospicue riserve epistemologiche: il critico statunitense sintetizza che la vicenda della giovane istitutrice rappresenta un caso di repressione sessuale e di follia. In che modo il critico sostanzia le sue asserzioni ermeneutiche? L’incontro tra il tutore dei bambini e la giovane donna avviene a Harley Street, la celebre via londinese dei medici; l’istitutrice non aveva mai abbandonato, fino ad allora, la canonica in cui era cresciuta e lo zio dei bambini rappresenta il primo vero uomo che ella incontra e di cui si innamora follemente
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 La presunta apparizione (in quanto, date le premesse, è difficile credere alla narrazione in prima persona) degli spettri rappresenta uno sviluppo significativo nel testo: l’istitutrice, per tutelare i bambini, si senta investita da una santa missione di difesa, che finisce nel peggiore dei modi. Da un punto di vista rousseauiano, l’arrivo dell’istitutrice rappresenta la corruzione dell’infanzia, che, come sintetizza il filosofo ginevrino, deve restare lontana dalle minacce della società. 
Qualora si accetti l’effettiva presenza degli spettri e non si creda che si tratti di immagini della mente distorta della giovane istitutrice, essi, a giudizio di recenti interpretazioni, potrebbero rappresentare il perturbante, un passato che non è stato superato o completamente accettato (Beidler 1995).
Un aspetto centrale del testo è rappresentato anche dal titolo: la vite a cui si allude è la tortura a cui sono sottoposti i bambini dall’istitutrice, ma anche un’allusione alla repressione sessuale, in quanto la forma della vite rimanda al fallo (Gardini 2014).
Forte è la tensione epistemica della fabula: l’istitutrice è pazza? Gli spettri esistono veramente o sono frutto della mente fantasiosa della giovane donna? Probabilmente non ci sarà mai una risposta a queste e ad altre domande e ciò, innegabilmente costituisce la bellezza di questo testo. È opportuno concludere questa riflessione con una considerazione di ordine critico: Conrad e James anticipano il Modernismo e i suoi meccanismi narrativi come la narrazione multipla o inaffidabile oppure l’allusione (il make you see conradiano). 
The Turn of the Screw è il prodotto della filosofia del sospetto, quella filosofia che, utilizzando la terminologia di Deleuze, è chiamata a rattristare, cioè a sconvolgere, a revocare tutto in dubbio (cfr. Deleuze 1962). Quello che James fa in questo testo, che non dà una risposta definitiva agli stessi interrogativi che pone. Siamo di fronte a quella che il compianto Umberto Eco definì opera aperta, dove ogni interpretazione è possibile (cfr. Eco 1979).
 
​Bibliografia:
 
Beidler, PG (1995) A Critical History of “The Turn of the Screw” in Henry James The Turn of the Screw: New York, Bedford Book of St Martin Press.
 
Deleuze, G (1962)  Nietzsche et la philosophie : Paris, Presses universitaires de France.
 
Eco, U (1979)  “Il ruolo del lettore”, in Lector in fabula. La cooperazione nei testi narrativi: Milano, Bompiani.  
 
Genette, G (1972)  Figures III : Paris, Edition du Seuil.
 
Gardini, N (2014)  Lacuna: Torino, Einaudi.
 
Wilson, E (1934)  “The Ambiguity of Henry James” in Willen (ed. by) A Casebook on Henry James The Turn of the Screw: New York, Thomas Y Crowell Company.


Immagini tratte da:
 - http://www.goodreads.com/book/show/12948.The_Turn_of_the_Screw
- Edmund Wilson, Pubblico Dominio, Wikipedia italiana, voce “Edmund Wilson”
 

  

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