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29/11/2016

Roberto Innocenti. L'arte di inventare i libri. 

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Catalogo di Giorgio Bacci edito da Felici Editore - Istos Edizioni 
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​di Eva Dei
Nel caso vi siate persi la mostra di Roberto Innocenti che si è tenuta a Palazzo Blu di Pisa dal 9 luglio al 16 ottobre 2016, Felici Editore e Istos Edizioni vi permettono di riviverla attraverso un accurato catalogo di Giorgio Bacci dal titolo Roberto Innocenti. L'arte di inventare i libri.  
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Copertina di Roberto Innocenti. L’arte di inventare i libri
Giorgio Bacci, coordinatore nazionale di uno dei progetti FIRB, Futuro in Ricerca 2012, ricercatore in storia dell’arte contemporanea presso la Scuola Normale Superiore di Pisa e curatore della mostra prima citata, ci regala quella che forse è la più ampia retrospettiva dell'unico illustratore italiano ad aver ricevuto il premio Hans Christian Andersen (2008). 
Il volume, oltre a riproporre gli splendidi acquerelli dell'artista, ne segue il percorso di ricerca e creazione, riportando in alcuni casi le parole dello stesso Innocenti o quelle di una lunga intervista che Rossana Dedola ha riportato in Le conte de ma vie: entretiens avec Roberto Innocenti.  Il libro segue ovviamente il percorso espositivo della mostra; il testo è in lingua italiana, affiancato dalla traduzione in inglese. I maggiori approfondimenti critici e letterari si trovano nel primo capitolo, sorta di introduzione, fondamentale per capire come si sviluppa il processo creativo dell'artista. ​
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Roberto Innocenti
Il titolo di questo primo capitolo rivela subito quella che è la capacità più sorprendente delle tavole di Innocenti: la loro capacità di raccontarci la contemporaneità, di calarsi in un ambiente che non è mai casuale, ma sempre attentamente caratterizzato, con forti rimandi a una realtà che non ci è sconosciuta. Si noti come è stretto per esempio il rapporto tra l'autore e la fotografia, a volte usata come semplice ispirazione, a volte quasi rievocata.  
Innocenti è stato il primo a realizzare una storia illustrata per bambini che parlasse della Seconda Guerra Mondiale e della Shoah; nel 1985 pubblica infatti Rosa Bianca, storia di una bambina che scopre, a pochi passi dal suo paese, un campo di concentramento. In questo caso è impossibile non riconoscere nel bambino che viene catturato nel paese della protagonista il "bambino del quartiere di Varsavia" della famosa foto del memoriale redatto da Jürgen Stroop. Allo stesso modo in un suo lavoro del 2003 sullo stesso tema, La storia di Erika, una tavola riprende chiaramente la famosa fotografia di Michael Kenna raffigurante l'ingresso del campo di concentramento di Birkenau.  Queste scelte manifestano la volontà di Innocenti di documentarsi e di studiare prima di procedere con le illustrazioni; vuole raccontare un pezzo di storia, un pezzo di storia reale. Non c'è motivo quindi di inventare o di creare delle situazioni immaginarie, quando ci sono delle immagini reali ben stampate nella memoria di ciascuno di noi. 
Fotografia quindi come ispirazione, ma spesso anche come emblema di un comune interesse nella rappresentazione di particolari condizioni umane. È il caso delle rappresentazioni del paesaggio di periferia urbana in cui è ambientata la Cappuccetto Rosso contemporanea di Innocenti. Il palazzo dove abita la piccola Cappuccetto Rosso, lo snodarsi delle strade tra palazzi e grattacieli, la casa della nonna come ultimo baluardo di tradizione, di resistenza alla modernità: tutti questi elementi con le loro soluzioni figurative si ritrovano anche in alcune foto di fine Novecento di Gabriele Basilico che ritraggono Quarto Oggiaro o la banlieue parigina. 
Il volume vi offre la possibilità di confrontare questi famosi scatti con le tavole di Innocenti, rintracciandone le somiglianze e i rimandi intertestuali. 
A questo capitolo introduttivo seguono tre sezioni che richiamano le tre sale espositive della mostra. Un totale di 84 tavole suddivise per tematica: “Il senso del tempo e della storia” con la riproduzione di alcune tavole tratte da Rosa Bianca, La Storia di Erika, Casa del Tempo, “I non-luoghi della letteratura”, tema rappresentato in Cenerentola, L’ultima spiaggia, Cappuccetto Rosso e infine i “Mattoni rossi” che accomunano il paesaggio di Pinocchio e quello di Un canto di Natale.
Link per approfondire:
http://www.istosedizioni.com/
https://www.facebook.com/LibriIstosEdizioni/
 
Foto tratte da:
Copertina di Roberto Innocenti. L’arte di inventare i libri: http://www.istosedizioni.com/?product=roberto-innocenti-larte-di-inventare-i-libri
Roberto Innocenti: http://www.monicasilva.it/galleries/editorial-portraits/roberto-innocenti/

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26/11/2016

Storia di Astarte: Il capolavoro incompiuto di Andrea Pazienza 

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di Marco Messina

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Siamo nel bel mezzo delle Seconda Guerra Punica e, tra le retrovie di un esercito cartaginese  ormai sul punto di invadere Roma, vi è una poderosa cagna proveniente dall’Anatolia. Partorisce sette cuccioli, ma solo due di essi sono scelti da Annibale per diventare le sue personali guardie del corpo (Astarte e suo fratello Baal) mentre gli altri vengono soppressi. Lo stesso destino toccherà alla madre, per evitare che li “viziasse” e per risparmiarle le fatiche del viaggio.
E’ un mondo molto peculiare quello descritto da Andrea Pazienza nella sua ultima opera. Pregna dell’epicità tipica del racconto classico narrato con piglio moderno, l’epopea di Astarte è scandita da uno stile (visivo e comunicativo) che per certi versi è la summa di tutte le sperimentazioni (grafiche e narrative) compiute dal Paz negli anni precedenti della sua carriera. Il tratto è caricaturale, molto jacovittiano e ormai quasi del tutto libero dalle influenze moebiusiane, ma anche estremamente preciso e rigoroso, senza mai scadere nel manieristico.   Astarte, morto durante la battaglia di Zama, compare in sogno a Pazienza per raccontagli le sue gesta. "Li senti i campanelli, le risate, le urla, il bramito dei cammelli?", chiede il colossale mastino allo spaesato disegnatore, "Spalanca gli occhi adesso, apri le nari... è Cartagine"; e da lì in poi è come se il lettore fosse catapultato in un mondo lontano nel tempo e nello spazio. Un mondo molto peculiare, si diceva, dove la guerra fa parte della quotidianità e la morte violenta è all’ordine del giorno. Ma Pazienza evita accuratamente di cadere in apologetici machismi guerrafondai (e vista la sua biografia, la cosa non sorprende più di tanto) o, viceversa, in generiche critiche pacifiste contro guerra “in quanto tale”  (e a leggere Penthotal, forse non sorprende neanche questo). E’ un mondo dove a una condanna a morte precede una carezza, dove chi lotta ogni giorno per la propria vita non si pone mai domande, salvo poi riscoprire la propria umanissima debolezza ad un passo dalla fine. 

Astarte viene addestrato all’arte della guerra (“mi insegnavano ad uccidere, apprendevo velocemente”). Durante la prima battaglia, gli mettono addosso una leggera corazza sormontata da una spada tagliente, per sventrare i cavalli dell’esercito nemico. Ad un certo punto, vede davanti a sé un cane immenso, armato di zanne di bronzo: un cane romano. Allora, racconta Astarte, “mi rammentai di essere un cucciolo e striscia nell’erba verso di lui pisciandomi addosso”. Probabilmente è questo il vero punto di forza di Astarte: la commistione tra innocenza e crudeltà intesi come tratti complementari dell’individuo, tra una tenerezza quasi umana e una ferocia animalesca in cui chiunque può riconoscersi. Il tutto narrato dal punto di vista di un cane (e per di più un cane punico!), che dice di noi molto più di quello che solitamente ci piace ammettere. La storia finisce con Astarte e suo fratello insieme “per l’ultima volta”, e la consueta dicitura: continua. Ma in realtà non continua. Andrea Pazienza è morto, drammaticamente, nella notte tra il 15 e il 16 giugno, all’età di soli trentadue anni, lasciando il racconto incompleto. Cosa volesse davvero significare questa storia non lo sapremo mai. Resta un racconto tecnicamente impeccabile e capace di uscite emozioni profonde, ma difficilmente inquadrabile in un messaggio di tipo morale e politico. Ed è bellissimo così. 
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Bibliografia:

- Beniamino Placido, Il cane a fumetti; pubblicato per la prima volta su Repubblica del 28 agosto 1988 (e consultabile presso il sito: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1988/08/28/il-cane-fumetti.html)
- Roberto Saviano, Vi racconto l'ultimo sogno di Paz. Storia di Astarte il cuore di cane; pubblicato per la prima volta su Repubblica del 7 marzo 2010 (e consultabile presso il sito: http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2010/03/07/news/sogno_paz-2539005/)
 
- Storia di Astarte di Andrea Pazienza è disponibile (in versione rimontata) nell’omonimo volume edito da Fandango e (nella versione originale) nell’undicesimo volume del Tutto Pazienza, la recente collana edita da Repubblica e L’espresso che ha ristampato tutte le opere del grande fumettista italiano.


Immagini tratte da:

Immagine 1: http://www.fumettologica.it/wp-content/uploads/2014/05/astarte.jpg
Immagine 2: https://scuolabarnabooth.files.wordpress.com/2013/04/paz5.jpg
Immagine 3: http://lucaboschi.nova100.ilsole24ore.com/wpcontent/uploads/sites/14/imported/6a00d8341c684553ef01310f74e00d970c-pi.jpg
Immagine 4: http://www.fandangoeditore.it/wp-content/uploads/2015/01/VolumeASTARTEinterni_Pagina_090-copia.jpg

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26/11/2016

Breve storia di una mela gialla acerba che si spacciò per mela verde

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​di Ludovica Delfino
C’era una volta una mela gialla acerba che decise di spacciarsi per mela verde. Aveva sentito dire che le mele verdi erano molto apprezzate dagli umani per le proprietà salutari e per il loro potere naturale di sbiancare i denti.
Per i primi tempi la piccola mela non ebbe problemi: era dello stesso colore delle mele predilette dai salutisti, specie ormai diffusissima, e nessuno riconosceva la sua vera natura di mela gialla.
Un giorno, mentre passeggiava per le vie del centro, passando davanti a una vetrina, si specchiò e vide nell’immagine riflessa della sua buccia delle piccole macchie gialle. La piccola mela iniziò a tremare: stava iniziando a maturare! Doveva trovare una soluzione al più presto o nessuno l’avrebbe più considerata e le sue nuove amiche mele verdi l’avrebbero esclusa!
Andò allora subito a comprare della vernice verde e, tornata a casa, aiutata da un piccolo pennello, si colorò di un verde acceso e lucente. Era salva! Poteva continuare la sua felice (?) vita da mela verde.
Arrivò il tempo delle piogge e la mela, ormai cresciuta, mentre passeggiava con le amiche mele verdi, fu presa alla sprovvista da una pioggia torrenziale.
Non faceva ancora freddo, e tutte le mele vissero l’accaduto in maniera giocosa, iniziando a danzare sotto la pioggia. Anche lei, presa dalla gioia, si mise a ballare insieme a loro. Ma, a poco a poco, tra una giravolta e l’altra, notava i loro volti cambiare in un susseguirsi di emozioni diverse: incredulità, paura, disgusto e, infine, delusione.
Passò la pioggia e si ritrovò sola in mezzo alla strada: tutte le mele l’avevano abbandonata tra insulti e sguardi di disprezzo.
Non capiva il motivo di quella cattiveria e si mise a camminare sconsolata per le vie della città. Passando da quella stessa vetrina che tempo addietro le aveva fatto notare le sue prime macchioline gialle, si accorse, vedendosi riflessa, di essere di uno strano colore giallastro tendente al marrone scuro.
La mela fu presa da sgomento rendendosi conto di essere lei l’artefice dell’ immagine riflessa nella vetrina: la vernice verde l’aveva fatta marcire dandole un colore e un odore disgustosi.
Disperata, si nascose dietro un cassonetto e mentre, singhiozzando, osservava attonita e distratta i passanti, una scena attirò la sua attenzione: una mela gialla, felice, camminava accanto a una mela verde..era così bella quell’unione di colori diversi!
Rimase incantata ad osservarle ma quello che non le permetteva di distogliere lo sguardo non era tanto il fatto che la mela gialla avesse come amica una mela verde, non le importava più nulla di questo; quello che le provocava una morsa allo stomaco era la pienezza e la lucentezza del colore giallo, proprio quel colore che aveva deciso di soffocare al suo primo germoglio.
Un ringraziamento a mio padre, ispiratore inconsapevole di questa storia, quando quel giorno tornò a casa con una busta di mele gialle acerbe, convinto fossero mele verdi.

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18/11/2016

Gotthold Ephraim Lessing: tra tolleranza e riflessione artistica

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Andrea di Carlo

Uno dei più significativi esponenti dell’Illuminismo letterario e filosofico tedesco è rappresentato da Gotthold Ephraim Lessing (1729-1781). Figlio di un pastore luterano, la sua opera letteraria si contraddistingue per la ricerca della verità, in quanto non si dà una verità prestabilita e preordinata, ma essa deve sempre essere ricercata, per il suo forte spirito di tolleranza e fratellanza e per il rifiuto di dogmi (immagine qui). La sua visione del mondo emerge chiaramente in una delle sue opere più celebri e più belle, Nathan der Weise (“Nathan il saggio”, 1779). Il testo si svolge nella cornice della terza crociata (1192) e vede come protagonisti il mercante Nathan (rappresentante dell’Ebraismo), Saladino (rappresentante dell’Islam) e un anonimo templare (rappresentante del Cristianesimo). L’autore pone i monoteismi sullo stesso piano, senza affermare il primato di nessuno e criticando qualsiasi tipo di fanatismo e, per poter far ciò, si serve della parabola dell’anello. Attraverso il racconto allegorico, Lessing cerca di dimostrare come nessuna delle religioni sia migliore dell’altra, ma tutte sono uguali, come l’amore di un padre per i figli non cerca alcuna preferenza. La parabola di Lessing ha un suo antecedente nel testo boccacciano di Melchisedec e dei tre anelli, tratto dalla prima giornata del Decameron (Barr Nisbet 2013: 602-603, Yasukata 2002)
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Lo spirito illuministico e la critica a una nobiltà corrotta e anacronistica emergono in Emilia Galotti (1772). Lessing basa il suo dramma sulla vicenda narrata da Livio della giovane Virginia, una bella ragazza di origine plebea, di cui si innamora il decemviro Appio Claudio. Ella resiste alla seduzione, ma viene corrotta e il padre preferisce ucciderla invece di esporla alla vergogna. Una vicenda simile viene narrata dallo scrittore tedesco ambientando la storia nella Mantova del XVIII secolo (Fick 2016: 347-366)
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L’opera di Lessing non interessa soltanto la letteratura, ma abbraccia anche la riflessione filosofica e artistica. All’estetica della letteratura lo scrittore tedesco dedica la Drammaturgia di Amburgo (1767-1769), dove egli rifiuta il modello francese di Corneille e Racine e afferma la centralità delle unità aristoteliche e dell’opera di William Shakespeare.
Lessing dedicò anche scritti all’arte, come Del Laocoonte (1766). Egli sintetizza che l’arte, a differenza della poesia, opera nello spazio e ne rappresenta il movimento: una lezione , quella di Lessing, che sembra essere stata ben recepita dall’ekphrasis keatsiana dell’Ode all’urna greca (1819).
Come si vede, ampio è il lascito morale e culturale dello scrittore tedesco: non soltanto egli si dedicò all’affermazione di una visione del mondo laica, relativista e aperta, ma sfidò anche la concezione artistica della sua epoca, in quanto non esiste nessuna verità già preconfezionata e stabilita.    

 

Bibliografia:
 Barr Nisbet, H (2013) Gotthold Ephraim Lessing: His Life, Works, and Thought. Oxford: Oxford University Press.
 Fick, M (2016) Lessing-Handbuch: Leben-Werk-Wirkung. Stuttgart: Metzlerverlag.
 Yasukata, T (2002) Lessing’s Philosophy of Religion and the German Enlightenment. Oxford: Oxford University Press.

 Immagini tratte da:
 
http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=3274&biografia=Gotthold+Ephraim+Lessing

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18/11/2016

L'omosessualità nei fumetti: l'amore al femminile

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di Lorenzo Vannucci

Negli anni '90 fanno capolino nelle pubblicazioni italiane i primi personaggi omosessuali: a Legs Weaver, spin off di Nathan Never e prima protagonista dichiaratamente lesbica – lanciata nel 1995 dalla Bolelli Editore nel 1995 -. subentrano Roxanne Ritcher, protagonista di Scott Pilgrim, Batwoman, Sailor Nettuno e Sailor Urano, eroine di Sailor Moon, Katcho e Francise, personaggi centrali di Strangers in Paradise e Oscar Francoise, personaggio chiave di  Lady Oscar.
Nonostante le voci e le allusioni a una  presunta omosessualità di  Legs Weaver, «Stiamo girando intorno al problema, May! La sostanza che è che tu non sei più... o forse non sei mai stata... "innamorata" di me... o sbaglio?», nel fumetto non viene mai del tutto chiarito se effettivamente avviene qualcosa  tra Legs, May Frayn e Janet Blaise. 
Per quanto Legs sia stata considerata un'incona lesbo degli anni '90, non ci sono prove a giustificare una relazione di carattere amoroso tra i due personaggi. È vero che Legs e Janet hanno passato una serata romantica insieme, sole nel buio della notte a fissare silenziosamente il chiarore della  luna, ma è altrettanto vero che erano sedute a debita distanza, secondo i limiti imposti dalla censura.
I sostenitori di una Legs Weaver icona del amore lesbo, oltre alla serata romantica con Janet, si sono appellati da sempre al fidanzamento con Blaise (nonostante l'ufficializzazione di una presunta relazione, i due non si scambiano mai nemmeno un bacio) e alla scena in cui May, dopo essersi riviestita da casa di Legs, vede quest'ultima nuda distesa sul letto
Un primo esempio di censura si può notare nel fumetto di Sailor Moon: nonostante la
relazione tra Michiru e Haruka sia palese, la loro relazione venne censurata dalla Mediaset facendole passare per grandi amiche. Allo stesso modo Batwoman, prima super-eroina lesbica ad avere una testata a suo nome, ex soldato cacciata dall'esercito per la sua omosessualità dopo essersi innamorata perdutamente di una poliziotta, è stata censurata dalla Dc Comics proprio nel momento in cui la protagonista stava per realizzare il suo sogno di coppia, ossia celebrare le nozze con la propria compagna.

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Se in Strangers in Paradise assistiamo per la prima volta alla manifestazione di un'amore libero (una storia di amore che ripercorre la vita di  Katchoo e Francine,  fatta di studio, lavoro, desideri e speranze ), con Lady Oscar per la prima volta entra nel panorama della fumettistica il tema del travestitismo e dell'ambiguità. Oscar,  nonostante il suo attaccamento estremo alla regina e il vestirsi sempre da uomo, non è lesbica  «il buon padre voleva un maschietto, ma ahimè sei nata tu. Nella culla ti ha messo un fioretto, lady dal fiocco blu... », ma una donna che, per per decisione del padre, viene cresciuta con una educazione maschile per poter prendere il suo posto a capo della guardia reale.
Scott Pilgrim, invece, è un fumetto innovativo, una storia d’amore nerd disegnata con stile cartoonesco, una miniserie che si apre ad una nuova generazione (quella del nuovo millennio) affrontando il tema dell'omosessualità attraverso il personaggio di Roxanne Ritcher, giovane ragazza innamorata della sua compagna di stanza Ramona Floewers, alta, bellissima, quasi ventenne. La trama del fumetto è “folle”: Scott, giovane disoccupato innamorato della bella Ramona, per stare con la propria ragazza è costretto ad affrontare, e “sconfiggere”, i suoi ex-fidanzati, tra cui Roxanne Ritcher, omosessuale dichiarata e ex fidanzata di Ramona.

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   Love my life, infine, è il primo fumetto manga giapponese a dare uno spaccato a tutto tondo sul tema dell'omosessualità in Giappone. Attraverso i personaggi di Ikiko Izumiya, matricola universitaria dal carattere estremamente timido e di Eri Jojima, studentessa leggermente più grande di Ikiko, l'autrice del fumeto in maniera mai superficiale mostra il tema dell'omosessualità in tutte le sue sfaccetature. Il fumetto, oltre a mostrare in modo realistico come l'universo giapponese affronta il tema dell'omosessualità, affronta il tema tabù del sesso in maniera “poetica”. Poesia che si ritrova nella semplicità dei disegni, lineari e tenui, eleganti e raffinati allo stesso tempo, un “locus amenus” del fumetto che permane anche dopo l'invaghimento di Ikiko per un'altra ragazza. La visione dell'autrice sul tema dell'omosessualità traspare con limpidezza nella risposta dei genitori alla dichiarazione da parte di Ikiko: dopo aver rivelato di essere lesbica, il padre le rivela non solo di essere gay, ma che anche sua madre è lesbica e che si sono sposati, pur sapendo di essere omosesessuali, solo per il desiderio di avere una figlia.

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Sitografia:

http://fumettidicartarchivio.blogspot.it/2014/01/love-my-life.html
https://it.wikipedia.org/wiki/Omosessualit%C3%A0_nei_fumetti
http://indelebilmente.forumfree.it/?t=70633220

Immagini tratte da:

http://fumettidicartarchivio.blogspot.it/2014/01/love-my-life.html
http://fumettidicartarchivio.blogspot.it/2014/01/love-my-life.html
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12/11/2016

Scacco alla Torre, una passeggiata con Marco Malvaldi dentro la vera Pisa.

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di Alice Marrani

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Prima di immergersi nella lettura c’è da chiarire che cos’è Scacco alla Torre. Chi pensa di trovarsi in un altro romanzo ambientato a Pineta rimarrà deluso. Allo stesso tempo si sbaglia chi pensa di usarlo come guida turistica. “Questo libriccino serve solo per darvi un’idea” scrive Malvaldi. Più che un’idea questo libro è un gesto: quello di prendere la testa del turista e voltarla lentamente verso la Pisa che si scopre solo togliendo lo sguardo da quel monumento che la rende famosa nel mondo e che sembra, da solo, attrarre a sé migliaia di turisti accecati dalla sua luce: la Torre.
Succede così nelle città in cui un solo monumento riesce ad eclissare tutto il resto, nelle quali chi arriva per la prima volta si dirige verso un fazzoletto di pochi metri quadrati con sguardo determinato e fermo, dimenticandosi di guardarsi intorno, perdendosi la bellezza di quello che lo circonda. Così nasce Scacco alla Torre, con la voglia di prendere per mano chi arriva e fargli fare una passeggiata guidata nelle strade e nelle storie di una città antica e piena di vita che troppo spesso rimane oscura a chi non la abita. La volontà è quella di cancellare la frase “oltre alla torre a Pisa non c’è niente da vedere” senza voler passare da guide esperte ma volendo dar voce a quello che la città ha da dare, nella sua cultura, nella sua vita quotidiana e nella sua storia. Chi ci guida è un pisano che lì ha sempre vissuto. Si dice che per conoscere davvero un luogo, nella sua più sincera realtà, fuori dal turismo e dagli itinerari segnati nelle mappe, è necessario abitarvi per un po’ di tempo. Chi può portarci a fare un giro autentico di una città meglio di chi la abita da una vita? Così la Pisa intorno alla torre si apre fino a Tirrenia e a Marina di Pisa per arrivare a San Rossore. Bagnata dall’Arno entra tutta dentro le pagine, la sua gente e gli studenti, i suoi palazzi storici, i giardini dove ci si può sdraiare a leggere un libro e le sedi dell’Università, le tradizioni e la musica, le contraddizioni e le oggettive bellezze. Certamente anche quella Piazza famosa nel mondo, ma in modo diverso, intimo e alternativo. Entrano anche il carattere, le curiosità e gli aneddoti che si fondono perfettamente con la schietta ironia che ci ha accompagnato in tutti gli altri lavori di Marco Malvaldi.
Come la Torre di Pisa acceca il turista, così il Bar Lume non deve accecare troppo il lettore che magari ha preso questo libro attratto solo dal desiderio di andare a vedere dove sono nate le storie di Massimo e dei suoi vecchietti. Per fare un esempio, se avete letto Buchi nella sabbia ci sono alcune cose che potrete ricollegare mentalmente, fra queste un gruppetto di anarchici carraresi e quello che a Pisa stavano realmente facendo. Le storie si fondono con la realtà nella misura in cui l’ispirazione allo scrittore viene dal suo vissuto, dalla sua città e dal suo carattere quindi sì, c’è qualcosa del Bar Lume a Pisa, è ovvio. Più di qualcosa visto che possiamo finalmente andare a prendere un caffè nel bar che ha ispirato i romanzi, con la tentazione di chiedere al “barrista” un cappuccino alle due del pomeriggio solo per vedere se ci viene negato in malo modo oppure no. Ma ciò che è importante è che, chi non lo ha mai fatto, abbia voglia di scendere dal treno e passeggiare in Corso Italia, arrivare a Ponte di Mezzo, proseguire in Borgo Stretto e poi perdersi nelle stradine, magari mangiando un boccone, o visitare qualche altra chiesa oltre al magnifico Duomo, oppure entrare dentro Palazzo Blu o arrivare alla Cittadella prima di dirigersi senza fermarsi direttamente davanti alla torre che pende. 
La scrittura piacevole e l’approccio informale, un po’ campanilistico com’è ovvio che sia, l’amore sincero per la città e la voglia di raccontarla a chi non la conosce farà venire la voglia a chiunque di voi di andare a conoscere la Pisa vera. A tutti…tranne forse ai livornesi ma quella è un’altra storia.



Ringraziamo la casa editrice ISTOS e Fabrizio Felici di Felici Editore.
http://www.istosedizioni.com/


Immagini tratte da:
Immagine 01: http://www.istosedizioni.com/
Immagine 02: https://commons.wikimedia.org/wiki/File%3AMarcoMalvaldi.jpg
By Nicola Ughi (Own work) [CC BY-SA 3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], via Wikimedia Commons

 

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12/11/2016

American Gods. Le divinità dimenticate di Neil Gaiman

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​di Stefano Pipi
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Shadow è un tipo grande, grosso e di poche parole. Sta scontando tre anni di prigione per una rissa, ma il giorno della scarcerazione viene a sapere che sua moglie ed il suo migliore amico sono morti in un incidente d'auto. Shadow non ha più un lavoro, né un posto in cui stare, ed ha perduto l'amore della sua vita. All'uscita della prigione incontra un bizzarro ed inquietante sconosciuto: si fa chiamare Wednesday, e gli offre un lavoro come sua guardia del corpo. Ed è così, con un incipit che ondeggia fra il dramma e la farsa, che inizia il viaggio di American Gods, di Neil Gaiman. Wednesday, in realtà, è un dio. Uno dei tanti che affollano l'America, portati nel Nuovo Mondo dai coloni, fin dall'alba dei tempi, e che ora sopravvivono mischiandosi ai normali esseri umani. Shadow attraverserà gli Stati Uniti scoprendo il mondo sotterraneo delle divinità americane, e si troverà al centro di una guerra per la sopravvivenza fra i vecchi e i nuovi dèi.
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La narrativa di Gaiman (che nasce come sceneggiatore di fumetti ed ha al suo attivo anche un bel pò di libri per ragazzi, e che vi avevamo già consigliato qui) è costellata di personaggi immaginari, di mostri, divinità e fantasmi, di mondi segreti che si nascondono sotto gli occhi di tutti, di vicende bizzarre e surreali attraversate da una vena di nostalgica amarezza. E American Gods non fa eccezione. Gaiman si diverte a reinventare le divinità di tutto il mondo calandole in un contesto moderno e a tratti dark. Gli dèi sono degli emarginati, costretti a lavori umilianti per sopravvivere, a volte truffatori, a volte semplicemente pazzi, ma sempre intimamente infelici, nostalgici della loro passata grandezza, costretti ad abitare in un mondo che li ha dimenticati e in cui non hanno più posto. Il pantheon di American Gods è un ritratto dell'umanità povera e disadattata della periferia americana.
Gaiman intervalla la vicenda principale con diverse sottotrame, alcune completamente staccate dalla storia di Shadow e Wednesday, con lo scopo di descrivere questa o quella divinità particolare. Certo, a volte si ha una certa impressione di dispersività, ma la lettura è sempre piacevole: il punto forte di American Gods non sta nella trama, per quanto interessante (e con 'finale' a sorpresa) ma nell'atmosfera generale. Non aspettatevi una vicenda ricca di azione e di magie spettacolari: American Gods non è quel tipo di fantasy. Il romanzo di Gaiman è essenzialmente il racconto di un viaggio compiuto dal protagonista alla scoperta di un mondo a cavallo fra realtà e immaginazione. Un viaggio dai toni onirici e a volte amari, basato su un'idea di fondo molto affascinante. Gli dèi di Gaiman devono la loro esistenza alla fantasia umana: sarà per questo che in American Gods sono personaggi così veri e così, paradossalmente, "umani".
Immagini tratte da:
http://www.librimondadori.it/libri/american-gods-neil-gaiman
http://byretheatre.com/events/a-conversation-with-neil-gaiman/

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5/11/2016

Il fumetto negli anni'3o

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IL FUMETTO DI REGIME E IL FUMETTO “COLONIALE”

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di Lorenzo Vannucci

Nei primi del ‘900, dopo una prima forma di “nazionalizzazione delle masse infantili”, seguita da quella che può essere definita come la prima vera rivoluzione fumettistica - le nuvolette vengono sostituite da versi, con rima baciata da filastrocca, collocati ai piedi di ogni immagine - personaggi come Mimmo Mammolo (Buster Brown), Fortunello (Happy Hooligan), Mio Mao ( Felix The Cat), Arcibaldo e Petronilla (Jiggs and Maggie) entrano prepotentemente nell’immaginario infantile seguendo la funzione di modelli identificatori.  
Il Corriere dei Piccoli, pertanto, divenne non solo uno dei canali privilegiati del Duce per sensibilizzare gli adolescenti, ma un mezzo di inclusione delle masse – anche quelle infantili e giovanili – nella società e nello stato. Né è un esempio Gian Saetta, bizzarro personaggio alle prese con goffi nemici nel deserto libico fortemente voluto da Mussolini per giustificare la guerra per lo “scatolone di sabbia”.
La nazionalizzazione dei giovani, pertanto, diventa non solo un mezzo per giustificare alcune scelte bizzarre, ma una linea politica che vede nel bambino un punto di forza, un’arma inesauribile nella competizione fra le nazioni da educare, conquistare e sedurre.


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La goffaggine dei nemici non è un elemento isolato: nel secondo numero di Tin Tin, Tintin au Cong, edito nel 1931, Herge ci mostra il protagonista del celebre fumetto belga in versione di civilizzatore. La vignetta a conclusione del numero, in cui statue di Tintin e di Milù vengono idolatriate da un congolese «Dire che in Europa tutti i piccoli bianchi essere come Tintin» è significativo della valenza quasi nitchiana che assume l'eroe belga. In questo numero si può parlare di snaturalizzazione/ridicolizzandone del congolese, reso attraverso una forte caricatura dei loro tratti somatici (pentolini come cappelli, cravatte indossate a petto nudo). Analogo per tematica è senza dubbio il celebre eroe mascherato The Phanton: figlio di un marinaio britannico rimasto ucciso nel golfo del Bengala durante un'incursione piratesca, Phanton incarna la mentalità coloniale degli anni '30 mostrando l'eroe come un personaggio bianco che regna sui popoli indigeni.
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Negli anni '30, precisamente nel 1936, inizia  in Italia la fascistizzazione dei fumetti, ossia l’eliminazione sistematica dei prodotti americani con eroi il più possibile conformi all’ideologia del regime. Ne sono un esempio Il Giustiziere Mascherato, nato dalle ceneri di Phantom per aggirare la censura fascista e I Tre di Macallè, ricostruzione in chiave nazionalistica dei fatti della guerra d'Etiopia del 1896 e rivisitazione di Flash Gordon, apparso in Italia l'ultima volta nel n. 206 del 18 settembre 1938. D'impostazione ideologica opposta l'albo numero 11 Zorro della Metropoli - in cui compare un eroe rivoluzionario di stampo socialista che lotta per difendere i diritti degli operai di una fabbrica di New York e Tin Tin au Soviet, critica al regime comunista in cui l'eroe belga, recatosi in una Mosca staliniana, subisce un attentato in un convoglio durante un viaggio in Germania, viene accusato dello stesso attentato e perseguitato dalla GPU.
Nei fumetti degli anni '30 la figura del paladino della giustizia, visibile in  Tulipano Nero e Primula Rossa, viene pertanto oscurata da “numeri”caratterizzati da estremismi ideologici sia di destra che di sinistra, dotati di forte carica propagandistica e adottati dai regimi totalitari per controllare le masse.


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Sitografia:
http://www.ubcfumetti.com/classic/?19065&pag=2
https://it.wikipedia.org/wiki/Tintin_nel_paese_dei_Soviet
http://www.segretidipulcinella.it/sdp46/art_01.htm
http://www.fumettologica.it/2015/03/tintin-akei-congo-fra-traduzione-clandestina-e-riflessione-sul-colonialismo/
http://www.lacooltura.com/2015/04/il-fumetto-fascista-e-la-propaganda/
http://www.novecento.org/dossier/mediterraneo-contemporaneo/eccetto-topolino-il-fumetto-in-italia-durante-il-regime-fascista/
http://archiviostorico.corriere.it/2004/gennaio/11/audaci_imprese_Romano_legionario_fascista_co_9_040111103.shtml
http://www novecento.org/dossier/mediterraneo-contemporaneo/eccetto-topolino-il-fumetto-in-italia-durante-il-regime-fascista/

Immagini tratte da:

- http://www.ubcfumetti.com/classic/?19065&pag=2
-http://www.fumettologica.it/2015/03/tintin-akei-congo-fra-traduzione-clandestina-e-riflessione-sul-colonialismo/
-http://www.novecento.org/dossier/mediterraneo-contemporaneo/eccetto-topolino-il-fumetto-in-italia-durante-il-regime-fascista/


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5/11/2016

The Steams: quando lo steampunk è made in Italy

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​di Marco Messina
Provate a immaginare un mondo simile al nostro, se non per un dettaglio fondamentale che ne ha cambiato per sempre la storia. Un mondo dove la conversione del vapore in energia elettrica, tipica della seconda rivoluzione industriale, continua ad essere il perno del processo produttivo e della scoperte scientifiche. In un siffatto mondo, potremmo passeggiare per le strade di una Londra che per modi, costumi e architetture richiama in tutto e per tutto il periodo vittoriano, anche se l’anno è il 2120. Una Londra dove è possibile incrociare navi volanti, dove le forze speciali inglesi dispongono di mecha alti quanto un palazzo e dove tutte le apparecchiature d’avanguardia sono accomunate dalla stesso dettaglio: l’essere alimentate dal vapore. Ecco, ora vi siete fatti un’idea di cos’è lo steampunk e, più nello specifico, dell’ambientazione di The Steams.
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Da semplice sottogenere della fantascienza, lo steampunk è riuscito con il tempo a ritagliarsi un seguito sempre più numeroso di fan, tanto da allargarsi dalla letteratura verso altri media e linguaggi. In campo anime, si potrebbero citare esempi eccellenti come Laputa, di Miyazaki, o Last Exile e Full Metal Alchemist; per i comics, il primo titolo che viene in mente è sicuramente La Lega degli straordinari gentleman di Alan Moore. Riconducibile al genere è anche l’ottimo Greystorm di Antonio Serra, pubblicato dalla Bonelli qualche anno fa: un caso più unico che raro in un mercato, quello del fumetto popolare, che ha sempre preferito puntare su altri generi (per le malelingue, in realtà quasi tutti i fumetti Bonelli sono western mascherati da altro).
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The Steams, pubblicato dalla Noise Press, si presenta fin da subito si presenta come qualcosa di diverso. L’impostazione di Greystorm resta quella tipica dei fumetti Bonelli: volumi ad alta foliazione, rigorosamente in bianco e nero, con una narrazione scandita dalla classica “griglia”. Le influenze dei creatori di The Steams sono altre, e ciò lo si nota già dalla confezione. Si presenta infatti come il classico comic book all’americana modello flip-book, (cioè con due copertine e una storia capovolta rispetto all'altra), in formato comic book 17x26, spillato e interamente a colori. L’albo contiene infatti due storie, di diverso genere e tenore (cambiano perfino i personaggi principali), accomunate entrambe dall’elemento steampunk, che funge da raccordo tra registri linguistici distanti.
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La prima storia, I wonder who, ha come protagonista Lady Ward, vedova trentenne al servizio del S.I.S. (Secret Intelligent Service). Il genere scelto da Luca Frigiero è quello dell’action-mystery, e se in vita vostra avete letto almeno un fumetto di Warren Ellis o di Grant Morrison potete già farvi un’idea di cosa vi aspetta: una narrazione velocissima fatta di azione volutamente esagerata e di dialoghi taglienti in puro stile british. Il tutto condito dagli ottimi disegni di Umberto Giampà, anch’essi ispirati allo stile statunitense, con inquadrature dinamiche e uno storytelling “anarchico” che rompe continuamente la narrazione lineare degli eventi. 
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Se I wonder who è il piatto forte di The Steams, la vera sorpresa dell’albo è la seconda storia, Drunk Punch. Ben lunghi dall’essere un semplice riempitivo, il racconto di Paul Izzo e Daniele Cosentino si concentra sulla figura di Volodymir Azarov, detto Orso di Kodiak, in quello che potremmo definire una sorta di noir umoristico. Leggero e divertito, impreziosito da dei disegno cartooneschi perfetti per il tono dato alla vicenda, lascia un po’ l’amaro in bocca per via di un finale forse troppo affrettato.
In definitiva, The Steams è un esperimento dalle premesse estremamente interessanti. Vi consigliamo di tenerlo d’occhio, a maggior ragione ora che è uscito il secondo numero, ordinabile in fumetteria e nei principali siti di e-shop.
Immagini tratte da: 
Le immagini riportate sono state gentilmente fornite dall’ufficio stampa della Noise Press.

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5/11/2016

“Per criticare il mondo è sufficiente descriverlo il più obiettivamente possibile”: su Michel Houellebecq

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​di Andrea Di Carlo
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Michel Houellebecq (pseudonimo di Michel Thomas, *1956) è uno dei più controversi e significativi scrittori francesi contemporanei. Figlio di due genitori che ben presto si disinteressarono a lui, fu cresciuto dalla nonna paterna, Henriette Houellebecq, militante comunista, da cui prese il cognome. La citazione dell’autore stesso riassume il senso della sua opera: criticare il mondo e le sue storture (una lezione che lo scrittore ha tratto dalla nonna comunista). Il suo esordio letterario è fissato al 1981, col romanzo Estensione del dominio della lotta: la lotta a cui si accenna nel titolo è quella per la soddisfazione personale, che tormenta l’anonimo protagonista, un dirigente di un’azienda informatica, e il collega Tisserand, ninfomane. Il protagonista, di fronte a un collega sempre più disperato, lo spinge a commettere un omicidio per soddisfare le sue pulsioni. Ma anche questo tentativo fallisce. Houellebecq, con questo romanzo, critica aspramente la società capitalista, dove anche l’amore e il sesso sono ormai in vendita al miglior offerente e non c’è  spazio per i sentimenti di una persona debole e fragile: sembra quasi che, per soddisfare i propri desideri, è necessario essere darwinianamente evoluti. 
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L’altro grande successo dello scrittore francese è Le particelle elementari (1998), che affronta un tema scottante e controverso: quello della manipolazione genetica, richiamando ad Aldous Huxley e al suo Nuovo Mondo (1932). Il biologo Michel Djerzinski, grazie al suo lavoro scientifico, sarebbe in grado di creare una nuova umanità, ma una vita tormentata e difficile lo spingono a togliersi la vita. I suoi studi saranno ripresi da un giovane collega, il quale riuscirà a creare un’umanità esente da malattie e difetti, un’umanità che sostituisce quella vecchia e malata. Un romanzo superomista, à la Nietzsche, che mette al centro uno dei desideri dell’uomo: creare una società perfetta. 
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Houellebecq è un intellettuale controverso anche per le sue critiche nei confronti del mondo islamico: egli ha definito l’Islam una religione stupida e la lettura del Corano renderebbe, a suo dire, prostrati. Non a caso il tema della prostrazione alla religione ritorna nel suo ultimo romanzo, Sottomissione (2015), uscito all’indomani della strage di Charlie Hebdo. L’autore si dedica all’ucronia in questo romanzo: cosa accadrebbe in Francia se un musulmano diventasse capo dello Stato? Questo romanzo dà l’occasione all’autore di muovere pesanti accuse al mondo occidentale, dove, per poter far carriera, si preferisce rinunciare ai propri valori e ai propri principi, come ben dimostra la figura di Robert Rediger, nuovo ministro degli esteri e rettore della Sorbona, il quale, da Cattolico romano intransigente, diventa un devoto musulmano pur di fare carriera. Non siamo di fronte a una critica all’Islam, come è stato detto, ma a noi Occidentali, che ci fregiamo di essere portatori di una cultura di rispetto e tolleranza e, alla prossima occasione, ci vendiamo al primo venuto. 
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Per criticare il mondo basta veramente descriverlo in modo obiettivo: da una parte la critica al capitalismo, arrivato anche a dominare i sentimenti e le relazioni sessuali e, dall’altra, la critica a tutto l’Occidente e alla sua progressiva caduta in un nichilismo passivo, capace solo di risvegliarsi nel momento in cui si attacca l’Altro. 
Fonti:
  • https://www.theguardian.com/books/2015/jan/09/soumission-michel-houellebecq-review-charlie-hebdo
  • http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1999/06/17/il-romanziere-che-divide-la-francia.html
  • https://www.theguardian.com/books/2004/aug/28/featuresreviews.guardianreview17
 
Immagini tratte da:
  • http://digilander.libero.it/confratchianti/libri_houellebecq.htm
  • http://it.chekmezova.com/letteratura_e_narrativa-pdf_download/le_particelle_elementari_i_grandi_tascabili__155825.html
  • http://www.ilpost.it/2015/01/20/houellebecq-baricco/
  • http://it.paperblog.com/e-come-estensione-del-dominio-della-lotta-o-m-come-michel-houellebecq-2264088/

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