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In anni recenti si è affermata la tendenza, almeno in Inghilterra, di riportare in auge la letteratura del passato, tanto più che osservando la letteratura di oggi sembra che la prosa di ampio respiro del XIX secolo sia soltanto una reliquia del passato. Da qui la necessità di tentare di rianimarla attraverso romanzi che scavino in un'epoca facendone percepire tutto il vigore.
Questo ha tentato di fare a suo modo Jane Harris, scozzese di origini irlandesi, con il suo secondo romanzo I Gillespie, pubblicato nel 2011 e arrivato in Italia con Neri Pozza l'anno successivo. Il genere neo-vittoriano è stato scelto dalla Harris come marchio di fabbrica dopo aver pubblicato nel 2005 il suo romanzo d'esordio, Le Osservazioni, raccogliendo pareri generalmente positivi e garantendone la traduzione in ben 15 lingue. La sua nuova incursione nel genere vede come scenario principale Glasgow ai tempi dell'Esposizione Internazionale del 1888. La storia inizia con Harriet Baxter che, in seguito alla morte della zia, decide di fare un viaggio fino a Glasgow incontrando per le strade della città due donne, una delle quali, più anziana, rischia di soffocare dopo aver quasi ingoiato la dentiera. Harriet la salva e come ringraziamento viene invitata a casa della famiglia delle due, i Gillespie. La donna salvata si chiama Elspeth, madre dell'artista squattrinato Ned Gillespie, mentre la ragazza è Anne Gillespie, moglie del pittore e pittrice a sua volta. Harriet viene accolta in casa come un'amica e con il passare del tempo si affeziona sempre più a loro, in particolare a Ned che si sente in dover di salvare dalla costante mancanza di denaro. Ned e Anne hanno anche due figlie piccole, Rose e Sibyl: quest'ultima dà ben presto segni di squilibrio dipingendo immagini oscene sulle pareti della casa, avvelenando le bevande dei genitori durante i festeggiamenti di Capodanno in un crescendo finché un giorno la sorellina più piccola, Rose, scompare. È sicuramente lodevole l'intenzione di riportare un genere nobile come quello del romanzo ottocentesco all'attualità, però sarebbe fondamentale avere gli strumenti per poterlo fare. Se da un punto di vista di trama la storia tiene benissimo e le pagine si facciano leggere senza difficoltà (il che non è poco considerando le dimensioni del libro), lo stesso non si può dire per i dettagli che vogliono arricchire l'atmosfera. Innanzitutto c'è da dire che, se non è possibile essere precisi su tutti i dettagli, è pur vero che si dovrebbe fare il possibile per limitare al minimo gli anacronismi. Tra questi rientra, in modo piuttosto evidente, il fatto che persone che mai si sono viste prima si chiamino per nome. Questa è per il mondo di oggi una pratica normalissima, ma che nell'Ottocento sarebbe stata una mancanza di rispetto.
Un'altra è invece una questione di mancanza di conoscenza dell'epoca di cui si parla: quando Sibyl comincia a dare i primi segni di squilibrio, la Harris ha gioco facile nel ricorrere ad alcuni commenti legati agli sviluppi della psicologia e della psicoanalisi. Quando però cita esplicitamente il complesso di Elettra commette un errore, e non dei più piccoli: siamo infatti nel 1888 e la pubblicazione dei primi scritti psicoanalitici di Freud risale al 1892 (gli studi sull'isteria). Quindi, se l'analisi dei sintomi fatta dalla Harris è giusta, la sua narratrice mostra in questa fase una conoscenza dei disturbi psichici che non poteva possedere, almeno non in quei termini così precisi.
L'altro anacronismo è quello legato alla scrittura. Dal momento che si tratta di un romanzo storico, sarebbe lecito aspettarsi che la scrittura sia all'altezza del periodo storico di cui si parla; invece la scrittura della Harris è troppo legata all'oggi per poter essere presa sul serio. Intendiamoci, non è affatto una brutta scrittura, è semplicemente inadatta per un romanzo storico. Come dicevo, la lettura procede rapida e questo è un punto a suo favore. Va anche specificato che questi anacronismi sono in realtà limitati alle prime cinquanta pagine e sono dettagli, quindi è possibile che non tutti i lettori li notino. Rimangono però in mente e in qualche modo incidono sulla valutazione di un romanzo che, non fosse per queste grossolanità, meriterebbe ben più di una sufficienza. Immagini tratte da:
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Il romanzo gotico è uno dei generi più affascinanti che possa capitare di incontrare come lettori. Uno dei più popolari romanzi degli ultimi anni è stato Follia di Patrick McGrath. Inglese di Londra, ha iniziato la sua carriera come romanziere nel 1989 quando ha pubblicato il suo primo romanzo, Grottesco, che è diventato poi un film nel 1995. Altri due sono i romanzi con cui è si è fatto più conoscere, soprattutto grazie ai film che ne sono stati tratti: Spider nel 2002 diretto dal celebre regista David Cronenenberg (Maps to the Stars, Cosmopolis) e Follia del 2005 diretto da David McKenzie (Hell or High Water).
Quest'ultimo film è tratto dal suo romanzo omonimo pubblicato nel 1996 e che, a oggi, è di fatto l'opera più nota di McGrath. Il romanzo, pubblicato da Adelphi nel 1998, racconta la storia di una donna, Stella, moglie di uno psichiatra di un manicomio, che tradisce il marito diventando l'amante di uno dei pazienti del manicomio, Edgar Stark, ricoverato dopo aver ucciso la moglie decapitandola e cavandole gli occhi, cominciando da allora a lavorarne la testa come se fosse una scultura. Nonostante Stella sia a conoscenza del passato dell’uomo, ella si rifiuta di accettare la realtà e, qualche giorno dopo l'evasione di Edgar dal manicomio, raggiunge l'amato a Londra mentre gli altri psichiatri insieme alla polizia cercano di ritrovarli prima che anche Stella subisca la stessa sorte della moglie dell'uomo. Se si volesse tentare un confronto, si potrebbe vedere il romanzo come una versione psichiatrica de L'Amante di Lady Chatterley. Quell'amore che Lawrence presentava come una forza vitalistica, da opporre alla freddezza dell'industria che divorava la campagna intorno alle grandi città, muta in McGrath mantenendo però costante la dialettica natura-cultura: i termini che vengono usati al posto di questi sono “ordine” e “caos”; l'ordine è indicato dalla società civile al cui interno i malati devono essere reinseriti mentre il caos è rappresentato dalla volontà di non reprimere istinti che fanno parte dell'individuo e che lo guidano nelle sue decisioni. Stella fa parte della società civile e può potenzialmente rappresentare l'ordine, ma è l'attrazione per Edgar a introdurre l'elemento destabilizzante per la razionalità, ossia l'amore. La dialettica natura-cultura si ripresenta in McGrath dunque in una sua versione malata, i cui esiti non sono così prevedibili come potevano forse sembrare nel romanzo di Lawrence. Altro elemento di riflessione è il fatto che Edgar, per questa sua abitudine di scolpire, venga spesso indicato dal narratore come artista. La moglie di un tempo era stata da lui uccisa perché sospettata di avere un amante; l'idea di uccidere la donna che si ama in modo da conservarla in eterno come oggetto di contemplazione è un'idea tipicamente tardo-romantica che ben si adatta al romanzo gotico. Tanto più se l'omicida è un potenziale artista e ritrae la donna in una forma che la renda inscalfibile all'incedere del tempo. Parlando in termini meta-letterari, se il processo di eternizzare chi vive viene considerato come una forma di caos allora l'intera dialettica natura-cultura/ordine-caos deve essere riletta come immaginazione-realtà. Non è un caso, evidentemente, che l'artista venga qui associato alla follia, perché da sempre, da Shakespeare in poi (e anche prima di Amleto), l'immaginazione artistica viene associata alla follia. Come avrete capito, Follia è un romanzo breve, ma denso. Al di là di tutte le analisi più o meno dettagliate che si possono fare, rimane il piacere della lettura e, per l'autore, il piacere della scrittura. Si percepisce il passo del classico, quindi chi vi è abituato troverà qualcosa di molto familiare; gli altri troveranno la suspence e il desiderio di sapere cosa seguirà. Immagini tratte da: http://www.stateofmind.it/2016/09/patrick-mcgrath-follia/ https://unbuonlibrounottimoamico.wordpress.com/2012/05/16/follia-patrick-mcgrath/
Spesso si parla di letteratura dimenticandoci completamente di un settore florido e decisamente fondamentale per la formazione di un buon lettore. Stiamo parlando della letteratura per l’infanzia, di tutti quei libri rivolti e dedicati ai più piccoli. Se poi tra gli ospiti della quindicesima edizione del Pisa Book Festival troviamo Margherita Loy, quale miglior occasione per iniziare a parlarne?
Scrittrice romana, classe 1959, Margherita Loy vive a Lucca con la famiglia e ha ereditato la passione per la scrittura e l’arte dalla madre, Rosetta Loy, anche lei scrittrice. Per Gallucci Editore madre e figlia portano avanti delle pubblicazioni che rappresentano un primo e innovativo approccio all’arte per bambini.
Dimenticate i libri di storia dell’arte che usavate a scuola e le tradizionali enciclopedie che occupano le vostre librerie; ma preparatevi, invece, ad aprire insieme ai vostri bambini degli albi colorati che vi catapulteranno direttamente nei quadri di celebri artisti. Questa è la sfida che Margherita e Rosetta Loy hanno intrapreso nel 2015 con La cameretta di Van Gogh, primo libro di questa serie. È seguito Pop al pomodoro e Magritte – Questo non è un libro; in prossima uscita invece La ragazzina con l’orecchino di perla.
Questi libri seguono un approccio intuitivo e semplice; dopo qualche pagina introduttiva in cui troviamo sintetizzata quella che è la storia dell’artista (nel caso di Magritte) o dell’intero movimento artistico (come nel caso della Pop Art), la scrittura lascia ampio spazio all’immagine. Una storia prende vita: il protagonista è sempre l’artista, mentre alcune delle sue opere compaiono in successione, come se fossero le tessere del puzzle che veicolano la narrazione. Un approccio inusuale al mondo dell’arte contemporanea che non toglie niente alla fantasia, senza rinunciare, però, a fornire le conoscenze di base e gli strumenti utili per comprenderla al meglio. Le riproduzioni dei quadri occupano intere pagine degli albi, lasciando spazio all’osservazione e all’immaginazione dei piccoli lettori. La storia e l’impostazione, da parte loro, rendono possibile un’iniziale approccio all’arte figurativa, aiutando anche i più piccoli ad andare oltre a quello che vedono per cercare invece di capirne il senso più profondo.
Così come il Bianconiglio conduceva Alice nel Paese delle Meraviglie, così Margherita e Rosetta Loy vi porteranno in quello immaginifico dell’arte. Sì perché un po’ come nell’ideale di Alice, nei libri delle due scrittrici a prevalere sono le immagini, senza le quali probabilmente la storia non acquisirebbe lo stesso interesse. In questo modo scoprirete insieme ai vostri bambini cosa rende un quadro un capolavoro, il pensiero e la storia che vi si nascondono dietro.
Osservare più che leggere, colore più che bianco e nero! Partecipate numerosi sabato 11 novembre alle ore 11: 00 al laboratorio curato dall’autrice su Magritte – Questo non è un libro. “Il piacere, l’incantesimo, devono essere nostri obiettivi, perché il desiderio di straordinario non può essere soddisfatto dal mondo attuale…” René Magritte Foto tratte da: https://www.galluccieditore.com/
Nel nostro del' 500, in un panorama di fermento per quanto riguarda le riflessioni sul concetto di traduzione - esporre il senso del testo, compiere una parafrasi o una riscrittura, andando a cogliere sfumature e significati non presenti nella “versione” originale – prendono vita le volgarizzazioni dell'Eneide. A partire da questa triplice visione del concetto di traduzione si susseguono Niccolò Liburnio (1534) che nella sua versione del IV libro dell’Eneide si attiene a una interpretazione del testo, ricercando una corrispondenza, quanto più “esatta” possibile, tra latino e volgare e il Dolce, che ibrida il testo andando nella direzione della metafrasi.Queste interpretazioni del concetto di traduzione si ripercuotono nell'utilizzo della forma metrica: nel corso del XVI secolo si passa dal verso eroico e l'endecasillabo sciolto, tipico del Liburnio, al verso libero del Domenici, che dedica l'opera agli stimatori del volgare, al testo fedele in ottava rima dello Zoppio, fino ad arrivare al Cerretani che, seguendo il proemio proposto dall'Ariosto, prende le distanze dal testo virgiliano proponendo una “riscrittura del testo” fatta di tagli e aggiunte.
Proprio il modello ariostesco sarà, per molti volgarizzatori, un modello di riferimento per tutto il '500. Il proemio dell'Orlando Furioso, che riprende l'Eneide virgiliano nella resa dell'Arma virumque cano, pone l’attenzione sull' io poetico allo stesso modo del poeta romano. Ariosto, nell'incipit del proemio «Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese io canto» recupera il modello petrarchesco degli amori e quello carolingio/arturiano dei cavalieri che risulta da subito preponderante su quello virgiliano delle armi. Il primo verso, tipico esempio di chiasmo, lega le donne agli amori e i cavalieri a l'arme. Ariosto, fondendo questi due temi, li inserisce in chiave cavalleresca e, distaccandosi dai poemi precedenti pieni di eroismo, cerca di mitigare questi due aspetti (l'amore e le armi) con il tema dell'illusione, dell'inganno, dell'errore, del dubbio e della follia. Ecco allora giustificato il richiamo al mondo cavalleresco nella traduzione del Cambiatore: il «vir», reso con il titolo nobiliare di «barone», richiama il proemio dell'Orlando Furioso. La traduzione del Vasio, poco fedele al testo virgiliano, mostra, fin dall'incipit, numerose discrepanze da quelle del Cambiatore: lo «iactatus», reso dal volgarizzatore di Reggio con «fuggendo», è ben diverso dal suo significato originale, “scacciato”. «Obiram memorem», connesso all'ira di Giunone, l’antagonista divina di Enea, viene tradotto con «scrivere nelle carte del cuore» che, unito alla prolessi «Che sua sposa divenne», conferisce al testo una dimensione meta-narrativa, anticipando al lettore che Lavinia diventerà moglie dell'eroe troiano.
Il pastiche in ottava rima tra Iliade e Eneide, intitolato Achille e Enea, di Ludovico Dolce (1568) costituisce uno dei più grandi esempi di modernizzazione del poema: sebbene «l'arme gli errori e le fatiche io canto» sia un chiaro rimando all’Ariosto e alla tradizione cavalleresca (reso meno evidente dall'uso di «errore» al posto di “amore”), l'impiego di immagini, l'adozione di un titolo diverso da quello originale e la scelta di far morire l'eroe troiano costituiscono una grande novità. La traduzione del Caro (1563) può essere considerata come la prima bella infedele dell'Eneide: in tempi molto rapidi, in soli tre anni – dal 1563 al 1566 –, rende in volgare l’Eneide di Virgilio. Il risultato del suo impegno, tuttavia, sfocia in un rifacimento, in un’opera autonoma, secondo l’egida tutta rinascimentale dell’imitatio. Lipparini, a proposito del testo virgiliano, afferma: «Delle versioni di Virgilio, quella cariana resta ancora la regina, e le sue molte sorelle venute dopo di lei potranno sì avere pregi non comuni di fedeltà e di schiettezza, maggiore aderenza al testo latino, miglior senso e intuito della poesia virgiliana; ma non giungeranno mai alla venustà e alla scioltezza della “bella infedele” e a quei vezzi che sono negati così spesso alle bellezze o arcigne o neglette». Una traduzione musicale, scorrevole grazie all'utilizzo dell'endecasillabo sciolto, che sfocia tuttavia in un testo autonomo a quello virgiliano (5556 versi in più). «L'armi canto e il valor del grande eroe» pone l'accento sull'epicità di Enea e sulle sue grandi gesta, la traduzione di «profugus», reso con «errando», rievoca semanticamente la condizione di esule, mentre lo «iactatus» viene stravolto in una perifrasi «et terra e mare perigli incorse».
Nei primi anni dell'800, Vittorio Alfieri tradusse alcuni brani dell'Eneide «L'armi canto, e l'Eroe, che dalla foce venìa del Xanto delle Lavinie spiagge» proponendo una versione “abbastanza” fedele all'originale. L'Alfieri, attento a non stravolgere lo stile, meticoloso nel trasporre, il più fedelmente possibile, le figure retoriche del testo, ricorre spesso a compensazioni per cercare il giusto equilibrio. Altra traduzione interessante dell'800 è quella di Giacomo Leopardi che, riprendendo parole e stilemi del Caro, contamina la fonte latina. Nel nostro secolo si sono succedute numerose traduzioni, tra cui quella del Vitali, in endecasillabi, quella di Cetrangolo, in versi liberi, e quella del Canali, la più famosa, forse del'900. La sua traduzione, limpida e rigorosa, «Canto le armi e l'uomo che per primo dalle terre di Troia raggiunse esule l'Italia», richiama nei suoi criteri generali quella dell'Odissea fatta da Aurelio Privitera «Narrami, o Musa, dell’eroe multiforme, che tanto vagò, dopo che distrusse la rocca sacra di Troia».
Foto tratte da: www.philobiblon.org www.abebooks.it euro-synergies.hautetfort.com
Il 10 novembre prossimo a Pisa si aprirà la quindicesima edizione del Pisa Book Festival, evento dedicato all’editoria indipendente. Il festival è infatti il primo e più importante salone nazionale del libro organizzato in Toscana, ideato e diretto dall’editrice Lucia Della Porta e promosso e sostenuto da Fondazione Pisa, Palazzo Blu e Comune di Pisa. Come ogni anno il festival è dedicato a un paese ospite, che quest’anno è la Finlandia. Scopriamo in una veloce carrellata quali saranno gli autori e i libri protagonisti.
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Tuomas Kyrö, L’anno del coniglio
Classe 1974, a lui è affidato il discorso inaugurale del festival venerdì 10 novembre alle ore 11:00 “Perché scrivo”. Stimato e prolifico autore, presenterà alle 12:00 dello stesso giorno il suo primo romanzo, L’anno del coniglio edito in Italia da Iperborea. Il titolo richiama un altro romanzo, a cui Kyrö ha voluto palesemente rendere omaggio: L’anno della lepre di Arto Paasilinna. Il protagonista del libro di Kyrö è Vatanescu, immigrato rumeno che giunge in Finlandia con un contratto a tempo indeterminato da mendicante. Senza alcun desiderio venale, il suo unico obiettivo è riuscire a guadagnare i soldi necessari per acquistare le scarpette da calcio tanto desiderate dal figlio Miklos. All’inizio della sua avventura salverà un coniglio dall’attacco di alcuni ragazzini e il piccolo animale diventerà un fedele compagno di viaggio. Il viaggio a tratti rocambolesco di un uomo dall’indiscussa bontà d’animo: una storia di fantasia ma anche una sapiente critica sociale. Assolutamente da leggere! ![]()
Riikka Pulkkinen, La promessa del plenilunio
Già conosciuta in Italia per L’armadio dei vestiti dimenticati (edito da Garzanti) presenta al festival quello che in realtà è il suo romanzo d’esordio: La promessa del plenilunio (sempre edito da Garzanti). La scrittrice ci accompagna anche questa volta all’interno di una vicenda familiare, guidandoci verso i dilemmi morali più grandi che possono sconvolgere qualsiasi forma di amore e affetto. Fil rouge dei romanzi della scrittrice sembrano essere le voci femminili forti e sofferenti, che in questo caso vedono come voci narranti principali Anja e sua nipote Mari. ![]()
Rosa Liksom, Scompartimento N. 6
Rosa Liksom è tra le più famose scrittrici finlandesi e i suoi libri sono tradotti in ben 17 paesi. Scompartimento N. 6 (pubblicato in Italia da Iperborea), ha vinto il Premio Finlandia 2011, il più prestigioso riconoscimento letterario finlandese, ed è stato finalista al Premio Strega Europeo del 2014. Leggendo questo romanzo ci ritroviamo direttamente catapultati sul famoso treno della Transiberiana, che da Mosca ci porta in Mongolia, a Ulan Bator. Una scrittura intensa, che ha il pregio di farci sentire in quello scompartimento n. 6 insieme a una taciturna studentessa finlandese e a un irruento proletario russo con il vizio della vodka: due sconosciuti dalle vite completamente diverse, ma che, costretti nel piccolo spazio chiuso dello scompartimento, si ritrovano a condividere e mischiare le loro vite passate e i loro pensieri. ![]()
Minna Lindgren, Assalto a Villa del Lieto Tramonto
La giornalista e scrittrice presenta al Pisa Book Festival il terzo volume della serie di Villa del Lieto Tramonto (tutti editi in Italia per Sonzogno), giallo ironico ambientato in una casa di cura per anziani che ha come protagoniste tre arzille vecchiette. Le tre inseparabili novantenni si ritrovano in questo libro ad affrontare il drastico cambiamento che investe la loro casa di riposo: tutto il personale è stato licenziato e ormai ogni cosa è controllata da un innovativo e complesso impianto tecnologico. Ma chi ha spinto e speculato per l’attuazione di questo bizzarro progetto? I dubbi si infittiscono e soltanto l’improbabile terzetto di vecchine riuscirà a risolverne i misteri.
Foto tratte da:
http://iperborea.com/titolo/362/ http://www.garzanti.it/libri/riikka-pulkkinen-la-promessa-del-plenilunio-9788811683889/ http://iperborea.com/titolo/376/ http://www.sonzognoeditori.it/index.php/component/marsilio/scheda-libro/4542631/assalto-a-villa-del-lieto-tramonto?Itemid=102 |
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Maggio 2023
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