di Enrico Esposito Quando Bizet mise in scena la Carmen a Parigi nel 1875 ottenne più fischi che applausi e poco dopo morì non riuscendo a osservare in prima persona il crescente successo della sua opera. Solo cinque anni la rappresentazione già raggiunse la popolarità straordinaria di cui gode ancora oggi a quasi centocinquanta anni dal suo esordio. Gli adattamenti arrivarono ben presto tra teatro e cinema come quello realizzato dal grande Peter Brook, il regista britannico, che propose la doppia rivisitazione dal titolo La Tragédie de Carmen. Nel nuovo allestimento del Teatro Goldoni di Livorno in coproduzione Teatro Goldoni di Livorno, Teatro di Pisa, Teatro Sociale di Rovigo e Teatro dell’Opera Giocosa Savona, l'opera è andata in scena al Teatro Verdi di Pisa sabato 13 novembre e domenica 14 novembre. Una versione dell'originale di Bizet scarna ed essenziale che ha messo da parte il rilievo dell'ecosistema folkloristico alla base della tragica storia della bella zingara Carmen e ha innalzato la tensione delle emozioni in scena. Il dialogo, gli sguardi, le pulsioni. La Tragédie de Carmen disorienta e attrae sin dall'attesa iniziale che sul palco mostra una montagna di sabbia e nessuna presenza umana. Sono proprio i silenzi terribili l'elemento perturbante della narrazione insieme alle cause che si producono dietro le quinte per poi sbatterne gli effetti davanti agli spettatori. Muta, la morte assume per prima il centro dell'attenzione senza bisogno di svelare le generalità della donna che ne fa da strumento. Intorno a lei la legge che tenta di fare le cose per bene, ma in un cerchio concentrico l'infrazione e l'impulso ballano nelle stoffe della bellissima gitana Carmen. Una figura demoniaca per la sua sfacciataggine e tendenza alla lussuria alla quale gli ufficiali non sanno resistere come Don Josè, fuggito dai Paesi Baschi per aver commesso un assassinio. Lui è il contraltare quasi gemello di Carmen, l'amante e l'amato sull'orlo del precipizio, che ripensa alla madre abbandonata ma non è in grado di rispettare i suoi valori. Micaela, la pia donna cristiana, si reca da lui per chiamarlo al riscatto e al ritorno alla correttezza vanamente. Nell'animo di Josè ardore e disperazione albergano già da tempo per la sola ragione di vita, l'amore peccaminoso. Abbiamo detto di una location appena accennata con gli splendidi costumi di Maria Spiazzi che ben ritraggono lo sfondo storico-culturale in particolar modo del mondo di Carmen. La madre e l'amico Escamillo, gestore dell'osteria, diffondono lo spirito della loro realtà sulla scena diventando una componente costante alle spalle della protagonista. Le fanno da complici, da conforti ma non possono nulla contro i rivolgimenti del suo volere, le indecisioni che si alternano con le sicurezze. La dura Carmen, che sembra tenere perfettamente all'inizio il polso della situazione, è in realtà dinanzi al vortice di sensi orchestrato da Josè. La loro disperazione completa deflagra nel tesissimo scambio sulla validità del loro amore che si pronuncia in ginocchio e poi a contatto stretto col suolo, quasi sottoterra. C'è però una differenza sostanziale: Don José non ha ormai più nulla di perdere perché è completamente accecato dalla passione per lei e ogni peccato, compreso l'assassinio, assurge al grado di passo per accaparrarsi la gitana. Carmen d'altro canto possiede una saggezza e un sesto senso per le quali prevede le mosse del suo ex amante e del fato fino a scrivere in persona l'epilogo finale. La rivisitazione brookiana alla quale assistiamo in una notte di lampi e fulmini che a volte integrano gli effetti scenici ci avvinghia per 82 minuti distribuendo emozioni molteplici sotto gli effetti della lingua originale dell'opera di Bizet (il francese). Carmen (Lorrie Garcia) incanta sia per la sua seducente sfrontatezza che per la purezza dei sentimenti, Don Josè (Andrea Bianchi) propaga sulla scena le fiamme dell'amore e della perdita del senno, Micaela (Tea Purtseladze) è la candida carezza dell'innocenza. L'orchestra del Teatro Goldoni diretta da Eric Lederhandler scandisce la volubilità dei pensieri che durante i quattro atti generano i celeberrimi brani tra cui l' Habanera di Carmen (atto primo), il duetto dei due amanti Je vais danser en votre honneur dei due amanti (Carmen e Don Josè). Immagini tratte da foto di Augusto Brizzi gentilmente fornite dall'Ufficio Stampa del Teatro Verdi (Beatrice Meucci)
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25/11/2021 Me pareva una favola - Alla Corte Sanac di Pisa lo spettacolo per la Giornata Internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donneRead NowCOMUNICATO STAMPA CONSORZIO COREOGRAFI DANZA D'AUTORE Movimentoinactor Teatrodanza Per gli eventi della “Giornata Internazionale per l'eliminazione della violenza contro la Donna” Con.Cor.D.A./Movimentoinactor presenta: “me pareva ‘na favola” Teatri di Danza e delle Arti lo spettacolo Venerdì 26 novembre alle h.21.00 Nell’ambito delle iniziative per la Giornata Internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne , venerdì 26 novembre, h. 21.00 presso Teatri di Danza e delle Arti in Corte Sanac 97-98- Pisa, Con.Cor.D.A./Movimentoinactor presenta lo spettacolo “me pareva ‘na favola…” di e con Leila Ghiabbi, con la collaborazione artistica di Flavia Bucciero , disegno luci di Riccardo Tonelli. Lo spettacolo ha come tema una riflessione contro la violenza domestica sulle donne, realizzata attraverso il linguaggio del teatrodanza. Una relazione vissuta dalla donna come concretizzazione di una favola, di un sogno con relativo “principe azzurro”, rapidamente si trasforma, rivelando il lato oscuro di una passione che diviene volontà di possesso, sopraffazione, violenza da parte dell'uomo. La donna rivive, attraverso la sua immaginazione, le diverse fasi di un rapporto, ormai deteriorato, per prenderne pienamente coscienza ed esplodere, alla fine, in un grido di liberazione. Il corpo è luogo privilegiato e fragile in cui le emozioni si manifestano, interagendo con il mondo esterno. Quando la pelle viene violata e ferita, la parola diventa strumento di sutura. Superare il silenzio è il primo passo coraggioso per creare i presupposti per nuove condizioni di vita. Al termine dello spettacolo è previsto un breve incontro tra artiste e pubblico. Sarà presente Carla Pochini, presidente della Casa delle Donne di Pisa che collabora all'iniziativa. Biglietto Intero € 7 Ridotto € 5 (studenti universitari , residenti quartiere Porta a Mare, Cep , Barbaricina). Info e prenotazioni all’indirizzo: movimentoinactor.promozione@gmail.com I biglietti possono essere acquistati direttamente presso Teatri di Danza e delle Arti da un’ora prima dell’inizio dello spettacolo. di Agnese Macchi Marlo Morgan è una scrittrice statunitense nata nell'Iowa nel 1937. La sua vita prende una radicale svolta quando dopo circa 25 anni di carriera in ambito medico, e di matrimonio, decide di mollare tutto e partire per l'Australia. Il suo lavoro le aveva infatti offerto la possibilità di trascorrere del tempo nel continente australiano per partecipare a un progetto di assistenza sanitaria per gli aborigeni. A questo proposito Marlo partecipa a molte conferenze e discorsi, finché riceve dagli aborigeni della tribú della Vera Gente l'invito a ritirare un premio speciale. La Morgan, tutta d’un pezzo si prepara a dovere per l’occasione, con tanto di abito elegante. Senza saperlo ne aspettarselo minimamente si trova in mezzo al deserto, di fronte ai suoi abiti e beni preziosi bruciati in un faló, inconsapevole del fatto che nei tre mesi successivi avrebbe persocrso a piedi nudi circa 1400 miglia nell'Outback australiano, in compagnia della popolazione aborigena della Vera Gente. Quest'esperienza unica è narrata e romanzata nel libro “E venne chiamata Due Cuori” (1990) del quale è autrice la stessa Marlo. Inevitabilmente la vita dell’autrice viene stravolta da quest’esperienza, il fatto di essere un medico l'aveva radicata nel mondo materiale della scienza, l'aveva portata a un’analisi sempre razionale del mondo e dei fenomeni. Il viaggio di Marlo in compagnia degli aborigeni la metterá di fronte a realtá ben diverse da quella che credeva fosse l'unica possibile. Il premio speciale che gli aborigeni vogliono lasciare a Marlo non ha bisogno di forme, contesti e definizioni: consiste nella veritá di un popolo che è rimasto fedele alla propria natura e al proprio universo. Il popolo della Vera Gente vaga nell'Outback senza provviste per sopravvivere, ma con la fiducia che il divino Tutto gli metterá a disposizione il necessario. Seguendo l’istinto e i sensi questi uomini riescono a rilevare la presenza di corsi d'acqua sotterranei, animali, riescono a percepire se una pianta é pronta per essere colta e mangiata oppure no. Sono gli uomini che abitano i lunghi piú ostili e inospitali della terra, ma anche quelli che vivono piú in simbiosi e in armonia con essa. Non si tratta di possedere leggendari poteri sovrannaturali, ma il potere piú naturale di tutti: l'istinto animale. E non é qualcosa fuori dal normale, ma l'unica cosa normale, da buoni animali non essere usciti dal proprio anello, non aver interrotto l'equilibro dell'ecosistema, non aver sfruttato, occupato, inquinato, sprecato. Sono gli unici uomini che hanno rispettato il posto loro assegnato, senza per forza invadere, evadere, combattere, imporre, distruggere, riformare. Marlo che per l’Australia aveva lasciato il marito, la figlia, la casa, il suo studio medico, e per questo viaggio aveva dato in pasto al fuoco i suoi abiti, i gioielli, le scarpe e tutti i suoi oggetti, si era liberata di quell'identitá sociale per cui tanto aveva lottato, ma che si era rivelata una gabbia dell'animo. É ora che Marlo é una donna e non piú uno stereotipo sociale modello, stile “pacchetto completo per essere una donna normale”, che comprende: un matrimonio che per lo meno appaia felice agli occhi degli altri, una carriera alle spalle che renda orgogliosi quanto meno i genitori e i vicini di casa, un lavoro redditizio per permettersi ció che serve per rimanere al passo con la massa, una casa di proprietá, un'auto, qualche migliaio di oggetti inutili e chi più ne ha più ne metta. Il mondo degli aborigeni é così lontano e inconciliabile con quello civilizzato, non é desiderata un’integrazione e nel caso neanche sarebbe possibile. Viviamo in dimensioni opposte, noi in quella materiale, loro in quella spirituale. Siamo di un'altra razza ormai, siamo l'homo tecnologico, meccanizzato, robotizzato, cementizzato, plastificato; nelle nostre vite non c'é piú niente di naturale. Il popolo della Vera Gente aveva optato per un’estinzione volontaria, e quindi aveva smesso di procreare. Marlo era la prescelta per trasmettere e far conoscere il loro messaggio, lei che era riuscita a tornare al suo stato primordiale e aveva imparato a vivere di nuovo, per la prima volta da vero essere umano. La Morgan racconta che questi aborigeni avevano l'usanza di cambiare periodicamente il proprio nome in un “soprannome" che delineasse le capacità di ognuno. Marlo per l'appunto viene chiamata Due Cuori, per le sue due nature, le sue due appartenenze, la sua capacitá di amare il mondo civilizzato e quello primitivo al tempo stesso. Non é opporturo rivelare e anticipare più dettagli sulle meravigliose e mistiche descrizioni di Marlo, che meritano di essere lette integralmente. È una lettura piacevole e interessante, piú impegnativa dal punto di vista delle riflessioni che lascia. Un racconto che offre un punto di vista alternativo e contrario a quello comune, per certi aspetti didattico, un libro che fa crescere e comprendere. Si é dibattuto a lungo sulla veridicitá di quanto narrato da Marlo, probabilmente alcuni racconti sugli aborigeni sono romanzati dall'autrice, ma non è molto rilevante dal momento che la lettura non mira tanto a riportare informazioni sul modo di vita della Vera Gente, quanto a far riflettere noi gente civilizzata sul nostro modo di vivere. Una riflessione approfondita sullo spirito e la vera essenza dell'uomo, per iniziare a sostituire il concetto di politicamente corretto con quello di umanamente e naturalmente corretto. Una riflessione che per avere luogo ha bisogno di un che di anticonvenzionale e anticonformista, che sappia mettere in dubbio le fondamenta del nostro sistema e quindi assumere un punto di vista che esca da questo. Un'altra lettura in qualche modo “rivoluzionaria" in linea con gli argomenti trattati nelle settimane precedenti. Immagini tratte da amazon.it
COMUNICATO STAMPA Il Teatro Augusteo di Napoli ha pubblicato le date degli spettacoli teatrali inclusi nell’abbonamento alla stagione 2021/2022. Un programma che, oltre gli spettacoli in corso di recupero, completa con otto titoli, di cui uno in opzione agli abbonati, l’offerta teatrale della storica sala di Piazzetta Duca D’Aosta 263. La stagione, annunciata da Roberta Starace Caccavale e Giuseppe Caccavale, titolari del Teatro Augusteo, si preannuncia di altissima qualità, offrendo ad abbonati e spettatori serate di puro divertimento, musica e spunti di riflessione. Per la composizione dello stesso è stata rispettata la traccia artistica delineata con successo in tutti questi anni di attività, plasmando così un’offerta teatrale completa. All’interno della programmazione sono presenti musical di successo, prosa di qualità, show divertenti e musicali, ma senza tralasciare l’immancabile commedia napoletana con la sua tradizione di comicità. Prevista anche una ricca selezione di concerti e rappresentazioni fuori abbonamento, per ogni tipo di pubblico, anche turistico, nazionale e internazionale, e per ogni età. Si parte il 3 dicembre 2021, fino al 12, con “Non c’è niente da ridere” (in opzione agli abbonati) di Peppe Barra e Lamberto Lambertini, con Peppe Barra e Lalla Esposito, in uno spettacolo che, con lo spirito e lo stile di sempre, coniuga la risata con la commozione, la leggerezza con la cultura, la raffinatezza con la volgarità̀. Dal 21 dicembre 2021 al 16 gennaio 2022 spazio allo spettacolo di Natale: Carlo Buccirosso e Biagio Izzo in “Due vedovi allegri”, scritto e diretto da Carlo Buccirosso, una divertentissima commedia ambientata tre anni dopo la fine della pandemia, che vede Buccirosso nel ruolo di un vedovo ipocondriaco e ansioso e Izzo in quello di un vedovo, custode del palazzo in cui vivono, alle prese con disavventure economiche e condominiali. Dal 21 al 30 gennaio 2022, la scena sarà di Gianfranco Gallo con la commedia musicale “Un vizietto napoletano”, lavoro ispirato a “La cage aux folles”, da lui scritta, musicata e diretta. Sul palco anche Gianni Parisi, Gianluca Di Gennaro e Salvatore Misticone in un vortice di situazioni comiche che, con tanta ironia, affronta l’argomento della diversità di Genere. Dal 4 al 13 febbraio 2022, Paolo Caiazzo rappresenterà “Ehi… Prof! Posso venire la prossima volta?”, uno spettacolo scritto da Paolo Caiazzo, che ne cura anche la regia, e da Daniele Ciniglio. La commedia è una divertente fotografia dei nostri tempi e narra le vicende di un Prof ipocondriaco e dei suoi studenti, reduci da mesi di Didattica a Distanza. Dal 18 al 27 febbraio 2022, le acrobazie al limite delle leggi della fisica, della compagnia Sonics, lasceranno gli spettatori a bocca aperta. Lo spettacolo, intitolato “Duum”, creato e diretto da Alessandro Pietrolini, è reduce da un successo europeo e con musiche, effetti speciali, macchine sceniche e performance acrobatiche narra di un viaggio alla scoperta della felicità e della bellezza. Dal 4 al 13 marzo 2022 protagonista assoluto della scena sarà Francesco Cicchella, con il suo nuovo spettacolo, ricco di personaggi divertenti e citazioni musicali irriverenti. Dal 3 al 10 aprile 2022, sarà in scena “Rugantino”, la commedia musicale di Garinei e Giovannini, con la regia originale di Pietro Garinei, le musiche di Armando Trovajoli e le scene e i costumi di Giulio Coltellacci. Protagonisti dello spettacolo, che fonde mirabilmente tradizione e modernità e che narra una storia di amore nella Roma del 1830, sotto il papato di Pio VIII, saranno Serena Autieri (Rosetta) e Michele La Ginestra (Rugantino), con Edy Angelillo e con Massimo Wertmuller. Dal 22 aprile all’1 maggio 2022, gli abbonati potranno assistere alla commedia “Affetti collaterali” di Prem Dayal, con Giovanni Esposito e Francesco Procopio, per la regia di Carmine Borrino. Una divertente commedia che racconta la vita di una famiglia meridionale apparentemente normale, che si ritrova improvvisamente catapultata, da un pericolosissimo virus, nel mezzo di un contagio domestico. Un testo teatrale che unisce ironia e cinismo. Completano la programmazione tantissimi eventi, show e concerti fuori abbonamento: Carmen Consoli, Raf e Tozzi, Enzo Gragnaniello, Ivan Granatino, Edoardo Bennato, Maurizio Battista, Gianna Nannini, Fiorella Mannoia, Bohemian Symphony Orchestral Queen Tribute, Tiromancino, Joe Satriani e tanti altri.
Informazioni sull’abbonamento sono disponibili sul sito teatroaugusteo.it 19/11/2021 "La dolce ala della giovinezza", Elena Sofia Ricci porta in scena Tennessee Williams al Teatro della PergolaRead Nowdi Matelda Giachi Nella settimana dal 16 al 21 novembre 2021, al teatro della Pergola va in scena la drammaturgia americana anni ’50 di Tennessee Williams. La Dolce Ala della Giovinezza è stato scritto nel 1952 e debutta a Broadway nel 1959. Nel 1962 diventa anche un film diretto da Richard Brooks con protagonisti Paul Newman e Geraldine Page. Parla del gigolo Chanche Wayne che torna nella sua città natale in Florida, in compagnia di Alexandra Del Lago, attrice definita in declino, ma sarebbe più corretto dire in crisi con se stessa, abbandonata al solo abbraccio delle dipendenze. E’ tornato per riprendersi il suo primo amore, Heavenly, lasciata per inseguire un sogno ormai infranto. Uno spettacolo fortemente drammatico, denso dello spirito del suo autore, critico nei confronti della società americana e delle sue ipocrisie e con un caratteristico e perenne senso di fallimento che permea tutte le sue opere. I suoi uomini sono falliti in primis nella loro mascolinità, incapaci di affermare il proprio essere; le donne sono anime inquiete, che oscillano sui bordi dell’abisso, ci guardano dentro fino a quasi cadere preda del delirio. Sono tutti prigionieri del proprio girone infernale. Il personaggio che Elena Sofia Ricci è stata chiamata a interpretare ricorda molto la più famosa delle protagoniste di Williams, la Blanche di Un Tram che Si Chiama Desiderio, con, come affermato dalla Ricci stessa, l’ulteriore complessità del suo essere un’attrice e quindi una donna in cui distinguere il confine tra realtà e finzione è impossibile perfino per chi la interpreta. Se l’autore potesse vederla, probabilmente sarebbe molto soddisfatto/ del lavoro di Elena Sofia Ricci: sul palcoscenico di cui è fiera padrona porta una grandissima energia, spaziando tra note emotive drammatiche, ironiche, ciniche, deliranti, smarrite. Una grande, grandissima attrice, così come anche Gabriele Anagni, bravo nel rendere senza eccessi la virilità ostentata e la fragilità nascosta di Chance attraverso anche l’uso del proprio corpo. Li supportano più che degnamente gli attori Chiara Degani, Flavio Francucci, Giorgio Sales, Alberto Penna, Valentina Martone, Eros Pascale, Marco Fanizzi. La Dolce Ala della Giovinezza sarà ancora in scena alla Pergola di Firenze fino a domenica compresa, poi si sposterà, fino alla fine dell’anno, a Napoli, Piano di Sorrento, Salerno, Orvieto, Avellino. 16 – 21 novembre 2021 | Teatro della Pergola (martedì - sabato, ore 20.45, giovedì, ore 18.45; domenica ore 15.45) Fondazione Teatro della Toscana, Best Live Elena Sofia Ricci, Gabriele Anagni LA DOLCE ALA DELLA GIOVINEZZA di Tennessee Williams traduzione Masolino d'Amico con Chiara Degani, Flavio Francucci, Giorgio Sales, Alberto Penna, Valentina Martone, Eros Pascale, Marco Fanizzi Immagini gentilmente fornite dal Teatro della Pergola
COMUNICATO STAMPA La Tragédie de Carmen adattamento da Carmen di Georges Bizet di Peter Brook, Jean–Claude Carrière e Marius Constant Universal Music Publishing Classical – Éditions Salabert Rappresentante per l’Italia: Casa Ricordi, Milano Sovratitoli a cura della Fondazione Teatro Goldoni Carmen, Lorrie Garcia Micaela, Tea Purtseladze Don Josè, Andrea Bianchi Escamillo, Cesar Mèndez Silvagnoli Zuniga e Garcia, Simone Tudda Lillas Pastia e Un Brigadiere, David Remondini Amica di Carmen e Vecchia Zingara, Ludovica Tinghi Orchestra del Teatro Goldoni Direttore, Eric Lederhandler Regia, Serena Sinigaglia Scenografia, Maria Spazzi Costumi, Katarina Vukcevic Light designer, Matteo Giauro Nuovo allestimento del Teatro Goldoni di Livorno Coproduzione Teatro Goldonidi Livorno, Teatro di Pisa, Teatro Sociale di Rovigo e Teatro dell’Opera Giocosa Savona Prosegue la storica collaborazione con il Teatro Goldoni di Livorno, nel segno della continuità dei rapporti consolidati di Pisa, con un’opera raramente proposta nei cartelloni italiani e per sua natura e intenzioni di nascita, in armonioso equilibrio tra tradizione ed innovazione: La Tragédie de Carmen, opera teatrale e cinematografica dell’iconico regista Peter Brook, sostenuto da Marius Constant per la trascrizione musicale e dallo sceneggiatore Jean–Claude Carrière per il testo, apre la stagione ’21-’22 del Teatro Verdi di Pisa, finalmente tornato ad una programmazione normale in sintonia con il resto del paese. Una scelta che sicuramente coniuga i linguaggi musicali, drammaturgici e cinematografici in un intreccio strettissimo perfettamente in linea con la cifra stilistica inaugurata dalla Tosca estiva e dalla Trilogia Verdiana presentate quasi come festival in settembre. Anche la presenza di Tea Purtseladze nel ruolo di Micaela e già applaudita Tosca ai Bastioni Sangallo, sottolinea la continuità d’intenti, mentre è attesa la restante parte del cartellone tra titoli desueti, rivisitazioni inattese ma sempre nel rispetto della tradizione culturale, ed un approccio etico al ruolo del teatro pisano nel contesto sociale della città, dal sostegno ai giovani tramite audizioni di nuovi talenti alla assai consistente quota rosa della nuova Carmen che vede nei ruoli chiave di regia, scenografia e costumi donne di provata esperienza, dalla regista e sceneggiatrice milanese Serena Sinigallia alla scenografa meneghina Maria Spazzi, alla costumista montenegrina Katarina Vukcevic, affinchè la chiave sensuale voluta da Brook per la sua Carmen sia fortemente inverata da una profonda sensibilità femminile. Questo adattamento della Carmen di Bizet realizzato da Peter Brook, forse il più grande fra i grandi della scena teatrale, e non solo, del Novecento, debuttò a Parigi nel 1981 per divenire uno dei capisaldi della storia del teatro e nell’83 un film, sempre firmato da Brook e mai giunto in Italia. Si tratta di una versione dell’opera di Bizet fortemente stilizzata, per un teatro di regia molto raffinato, giustificato dallo stile e dalla firma di Brook, con la rimozione di molti degli aspetti edonistici e folklorici di Carmen –dunque i più popolari – anche nella parte musicale per la severa riduzione cameristica di Marius Constant. Un’opera sull’opera, quasi un commento critico. In soli 82 minuti, senza intervallo, quattro cantanti, due attori e un’orchestra ridotta a 15 strumenti, propongono una versione estrema e radicale, quasi provocatoria, dell’opera di Bizet. Tutto ciò che non è stato ritenuto fondamentale ai fini della trama è stato tolto dagli autori. Citando le parole di Peter Brook: «L’opera non è un contratto musicale sulla carta, qualcosa tra avvocati; l’essenza fondamentale del lavoro teatrale è, per me, guardare alla partitura come ad un’indicazione di ciò che può l’immaginazione.» L’intento, sottolinea Brook, non è di «duplicare quel che c’è sulla carta», ma di produrre che cosa aveva in mente il compositore quando ha scritto il brano. In questa rilettura gli autori scelgono di dare grande enfasi e rilievo al personaggio di Carmen, soprattutto della sua parte più erotica e sensuale. Biglietti ancora disponibili (da 30,00 a 10,00 Euro) al Botteghino del Teatro, al servizio prevendita telefonica 050 941188 e online su www.vivaticket.com. Per ulteriori informazioni: Fondazione Teatro di Pisa, tel 050 941111, www.teatrodipisa.pi.it di Enrico Esposito Il Teatro Verdi di Pisa ha aperto ufficialmente la stagione di prosa, sotto la direzione di Silvano Patacca, con lo spettacolo "Parenti Serpenti", produzione Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro, in collaborazione con Bon Voyage Produzioni / Festival Teatrale di Borgio Verezzi per la regia di Luciano Melchionna. Un appuntamento andato in scena la sera di sabato e in replica il pomeriggio della domenica come di consueto. Si riaccendono le luci sul bellissimo teatro di Via Palestro che vide la sua inaugurazione nel lontano 1867 con il "Guglielmo Tell" di Gioacchino Rossini. Il pubblico arriva copioso e curioso all'apertura della stagione di prosa affidata ad un pezzo di storia della comicità italiana, ossia Lello Arena. L'attore partenopeo è infatti tra i protagonisti di "Parenti serpenti", spettacolo che ripropone il testo originale scritto da Carmine Amoroso e reso celebre dalla rivisitazione cinematografica omonima del 1992 per la regia di Mario Monicelli. Sebbene siano trascorsi quasi trent'anni dalla scrittura del soggetto e dall'uscita del film, il tempo sembra essersi fermato per quanto riguarda le dinamiche sociali evidenziate dalla storia. I parenti serpenti appartengono a tempi lontanissimi come a quelli presenti, senza obbedire a codici o leggi prestabilite ma alla natura dell'uomo. L'ipocrisia e la fragilità dei rapporti familiari anzi si sono acuite decennio dopo decennio scaturendo sempre più spesso in tragiche conseguenze. Seppur siano il sorriso e l'elemento comico a caratterizzare l'impalcatura della pièce costituita dai coniugi Saverio e Trieste, amarezza, egoismo e meschinità si insinuano molto presto con l'entrata sulla scena dei loro figli e cognati. La storia si ambienta in un paesino dell'Abruzzo dove i coniugi Saverio e Trieste stanno aspettando l'arrivo per le vacanze di Natale dei loro quattro figli che si sono trasferiti in altre parti d'Italia. Saverio è un appuntato dei carabinieri in pensione che malgrado sia stato colpito con l'avanzare dell'età da problemi di memoria conserva uno spirito e una saggezza molto profondi. Accanto a lui c'è la moglie Trieste, che incarna alla perfezione le fattezze dell'angelo del focolare, donna disciplinata e attenta a coltivare i valori della famiglia e l'intenso amore per le sue "creature". I dialoghi iniziali tra i due si dipanano in un esilarante confronto tra i comportamenti stravaganti e new-age di Saverio e la solida fermezza di Trieste che riesce a tenere in mano con le sue straordinarie forze la loro vita e i legami con i figli. Essi trascorrono la vecchiaia con tranquillità seppur tra discussioni quotidiane ma senza veri screzi e sanno che saranno chiamati a fare un annuncio fondamentale ai loro ragazzi. Questi arrivano a casa il giorno della Vigilia di Natale. La primogenita è Lina, che lavora come bibliotecaria a Teramo e soffre di una forte nevrosi a causa della mancanza di aiuto in casa da parte del marito Michele, che la accompagna. Poi c'è Alessandro, impiegato alle Poste di Modena, con la moglie Gina, emiliana doc innamorata dello shopping e dello yoga. Milena invece vive a Gaeta da solo dopo la morte del marito Filippo e soffre di depressione a causa della sterilità che la affligge. Infine è il turno dell'ultimogenito Alfredo, professore di italiano a Como e celibe. La loro entrata in scena non si sviluppa da dietro le quinte ma dai corridoi esterni alla platea in preda alla fretta e ad una apparente tranquillità. Lo scontro però tra i problemi delle loro vite e la cristallizzata realtà dei genitori si manifesta nell'immediato. Saverio e Trieste infatti accolgono e "trattano" i loro figli come se fossero anche loro bambini: Trieste lo fa con la premurosità della madre, Saverio invece con l'assenza come lui stesso ammette. La sua figura riesce a sollevarsi rispetto all'evoluzione della trama grazie alle parallele sfaccettature del suo carattere: a volte fa i capricci e la vocina di un bambino, altre si dimostra visionario, altre ancora si prodiga nello scherzo ma anche in acute riflessioni sui suoi difetti e sulla caduta degli ideali di una volta. Trieste gli procede di fianco anche se con la sua singolarità avvicinandosi sempre di più a lui e costituendo una coppia equilibrata, in cui l'uno riempie i vuoti dell'altro. Una sintonia che invece piano piano viene a spezzarsi nei legami messi in piedi dai loro figli, lentamente come il cammino di una mosca sulla tela di un ragno. Le invidie, le tensioni percepite esplodono senza freni quando mamma e papà mettono in crisi le loro individualità non possono essere più in grado di vivere da soli e per questo lasceranno scegliere a loro da chi andranno ad abitare dandogli in cambio metà delle loro pensioni e la casa in Abruzzo. La goccia che fa traboccare il vaso è proprio questa: il veleno tenuto dentro e solo a volte sfogato profana la sacra felicità familiare e religiosa e infetta perennemente il sangue. Così i risvolti tragici affogano la stessa magia del Natale. Ma non riescono a prevalere sull'affetto che lo spettatore stabilisce con i poveri genitori, loro vittime: l'abbraccio di Saverio e Trieste come in una cupola di tanto tempo fa fotografia una vera unione molto spesso utopica. Immagini tratte da https://www.enteteatrocronaca.it/ di Tommaso Dal Monte L’8 settembre 2021 si è aperto il processo per gli attentati di Parigi del 13 novembre 2015, dove morirono 130 persone tra l’attacco al Bataclan e quelli in altre zone della città. La corte sta ascoltando e raccogliendo le testimonianze dei sopravvissuti e dei parenti delle vittime, che si susseguono a turni di trenta minuti ciascuno. Storie strazianti, ragazzi vivi per pura coincidenza, padri e madri distrutti per aver perso i figli durante un concerto. È difficile non concentrarsi sui quei racconti, ma la mia attenzione va ad un uomo seduto tra il pubblico. Ha sessantatre anni ma ne dimostra meno, ha i lineamenti duri e slavi ed è il più importante scrittore francese vivente. Non è la prima volta che Emmanuel Carrère trascorre lunghi periodi sugli spalti di un tribunale. Nel 2000 raggiunse il successo proprio con un libro che raccontava un fatto di cronaca nera seguito prima sui giornali e poi nelle aule di giustizia. Jean-Claude Romand, dopo aver mentito per anni e anni sulla propria vita (diceva di essere un medico e di lavorare all’OMS, quando invece passava tutte le giornate a camminare per i boschi delle Prealpi francesi), aveva sterminato i genitori, la moglie e i due figli che stavano per scoprire le sue bugie. Carrère aveva seguito il processo, aveva scambiato alcune lettere con Romand e infine aveva pubblicato L’avversario. Anche per Vite che non sono la mia (2011) lo scrittore aveva osservato da vicino la routine di un giudice per poter poi raccontare nel dettaglio la vita di Juliette, giudice a sua volta e prematuramente morta. La presenza di Carrère a quello che è già stato definito “il processo del secolo” è quindi una tappa coerente del suo percorso di scrittore. Su «Robinson», l’inserto del sabato di «Repubblica», stanno uscendo i primi appunti del processo scritti da Carrère, un mix di cronaca, riflessioni e impressioni personali che confluirà probabilmente in un nuovo libro. Il modello della scrittura di Carrère è il Truman Capote di A sangue freddo (1965), l’opera che ha fondato il così detto non fiction novel, il romanzo in cui la cronaca non è seguita fedelmente, ma raccontata attraverso espedienti romanzeschi. La contaminazione tra scritture finzionali e scritture vicine al giornalismo è un fenomeno in ascesa, ma pone in questione l’esistenza di un confine tra queste due forme di comunicazione. Si può individuare un limite? E se sì dove? A livello tematico il giornalismo e la letteratura non sono distinguibili. Visto che la realtà non deve attenersi al criterio della verosimiglianza, può presentare situazioni incredibili quanto il più rocambolesco dei romanzi. Esclusa la letteratura di fantascienza, non ci sono argomenti che appartengono più all’una che all’altra. Potremmo pensare che la differenza stia sul piano formale, nello stile e nella retorica. Certamente ci sono delle differenze: un articolo di giornale deve essere quanto più chiaro e comprensibile perché si rivolge a tutti, un romanzo invece può selezionare il proprio pubblico a partire dalla lingua che usa. Ma la lingua letteraria usa forme ed espressioni retoriche allo stesso modo del linguaggio comune. Come hanno mostrato Lakoff e Johnson in Metafora e vita quotidiana (1980), la lingua della comunicazione ordinaria impiega tante figure retoriche quanto la letteratura – anche se con consapevolezza diversa – e quindi anche questo ambito non discrimina le due forme di scrittura. Credo che la differenza principale riguardi lo scopo di esse. Il giornalismo deve informare, richiede fedeltà ai fatti e un tasso di ambiguità ridotto al minimo. Una stessa notizia può essere riportata in moltissimi modi, perciò è necessario conoscere la visione del mondo del giornalista o della testata per poter esercitare il proprio spirito critico. Il compito della letteratura, invece, non è informare – e sarebbe molto ingenuo chi leggesse Guerra e pace come un trattato sulle guerre napoleoniche. La letteratura richiede una visione ambigua, rifiuta l’assertività e accoglie le parole e le posizioni più abiette senza doverle condannare. Mi verrebbe da dire che se il giornalismo serve alla società, la letteratura serve all’individuo, perché parla ad ognuno in modo diverso e non controllabile dall’autore. Sia la letteratura che il giornalismo sono fondamentali all’interno di una società, ma mi sembra che la loro commistione non stia portando a esiti molto apprezzabili. Nel contesto della competizione digitale, il giornalismo ha sottratto alla letteratura la concentrazione sulle scene madri, l’enfasi sui titoli e il racconto patetico, l’attenzione sul come di un articolo più che sul cosa. La letteratura, invece, sta progressivamente perdendo il proprio privilegio di parola libera di esplorare e non vincolata a una perfetta referenzialità, perché deve essere utile e possibilmente fare il bene. Faccio un esempio: se da un articolo di cronaca su un femminicidio è giusto aspettarsi un certo tipo di comunicazione (la vittima non deve essere colpevolizzata, è necessario non parlare d’amore anche se c’era stata una relazione, l’assassino non deve ricevere giustificazioni ecc.), a un romanzo chiedo una rappresentazione meno lineare, dove si può dar spazio a sentimenti difficilmente accettabili. Se queste due sfere si influenzano troppo potrebbero esserci problemi. Finora la bravura di Carrère è sempre stata quella di non lasciar schiacciare la propria voce dalla vita vera che racconta e, in tal modo, non ridurre i suoi romanzi a una mera cronaca. Riuscirà a fare lo stesso mentre tutta la Francia è rivolta alle aule del tribunale di Parigi e al suo taccuino di appunti? FONTI: Immagine 1: Il Corriere Immagine 2: La Repubblica 9/11/2021 Alla Pergola Laura Morante è Sarah Bernhardt, Woody Neri porta in scena William Shakespeare al Teatro Studio di ScandicciRead NowCOMUNICATO STAMPA
Al Teatro della Pergola, da martedì 9 a domenica 14 novembre (martedì – sabato, ore 20:45; giovedì, ore 18:45; domenica ore 15:45) Laura Morante è in anteprima nazionale con Io Sarah, io Tosca in cui è Sarah Bernhardt, la mitica attrice a cui Victorien Sardou dedicò La Tosca, il celebre dramma trasformato in libretto da Illica e Giacosa e messo in musica da Giacomo Puccini. Lo spettacolo, scritto dalla stessa Morante e diretto da Daniele Costantini, è costruito in tre quadri: il primo, il 3 novembre 1887, all’inizio delle prove; il secondo due settimane dopo; il terzo all’alba del 24 novembre, il giorno della prima rappresentazione di Tosca. In scena anche la giovane musicista Mimosa Campironi, che interagisce, commenta e dialoga con Laura Morante soltanto con il suono del suo pianoforte e con il canto, in un flusso continuo di recitazione, azione e musica avvincente, emozionante, e a tratti anche divertente. Al Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci, venerdì 12 e sabato 13 novembre, ore 21, Woody Neri è William Shakespeare in Shakespearology, scritto da Daniele Villa, concept e regia di Sotterraneo. È un one-man-show, una biografia, un catalogo di materiali shakespeariani più o meno pop, un pezzo teatrale ibrido che dà voce al Bardo in persona e cerca di rovesciare i ruoli abituali: dopo secoli passati a interrogare la sua vita e le sue opere, finalmente è lui che dice la sua, interrogando il pubblico del nostro tempo. La Tosca di Victorien Sardou viene rappresentata per la prima volta il 24 novembre 1887 a Parigi nel Théâtre de la Porte Saint-Martin. Il dramma è scritto da Sardou per la più importante attrice di quegli anni, la celebre Sarah Bernhardt. Al terzo spettacolo insieme, dopo Fedora e Théodora, l’autore e la grande attrice sono le due star della scena francese. In quello stesso anno, Andrè Antoine, un attore/regista francese di 29 anni, fonda a Parigi il Théâtre Libre, e a Mosca Konstantin Stanislavskij debutta, a soli 24 anni, come attore/regista nel teatro del Circolo Moscovita di Arte e Letteratura. È un contesto vivissimo, che annuncia grandi cambiamenti, straordinarie innovazioni nell’arte teatrale. In Io Sarah, io Tosca, in anteprima nazionale al Teatro della Pergola da martedì 9 a domenica 14 novembre (martedì – sabato, ore 20:45; giovedì, ore 18:45; domenica ore 15:45) Laura Morante racconta Sarah Bernhard nei giorni precedenti il debutto de La Tosca. Nello spettacolo, la realtà e la finzione finiscono per mescolarsi in un gioco di specchi che apre squarci di verità nell’affascinante leggenda della Bernhardt, donna tenace e vulnerabile, indomabile e raffinata, cinica e generosa, che fu la prima diva di fama mondiale. Spiega Laura Morante: «Ho intrapreso un lungo percorso, attraverso la vasta mole di libri dedicati a Sarah Bernhardt, partendo dalla sua autobiografia, tanto rivelatrice del suo carattere, quanto imprecisa, sfuggente e lacunosa per quanto riguarda le vicende non sempre edificanti che hanno contribuito a farne un’attrice e una donna famosissima – osannata e aspramente criticata, ma costantemente al centro della scena – e soprattutto per quel che concerne i fatti della sua vita privata e sentimentale. Più andavo avanti nella mia esplorazione, più mi convincevo che il confronto fra Sarah e Tosca, attraverso la dialettica in gran parte misteriosa e inconscia che sempre si crea fra un personaggio e l’attore che lo interpreta, poteva operare un progressivo e affascinante disvelamento della personalità di Sarah stessa, che gelosia, passione, rabbia, devozione, ribellione non appartenevano solo alla finzione del dramma di Sardou, ma anche alla sua prima magistrale interprete. Alla fine del percorso, mi è parso di essere finalmente autorizzata a cercare di raccontare Sarah: cinica e sentimentale, spregiudicata e sognatrice, superstiziosa e impavida, vulnerabile e battagliera, tanto gelosa della propria privacy quanto insaziabilmente avida di celebrità, e, soprattutto forse, di amore». Dice Jerome Salinger: “quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere vorresti che l'autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono”. È da un po’ di tempo che Sotterrano voleva usare il teatro come quella famosa telefonata, per incontrare William Shakespeare in carne e ossa e fare due chiacchiere con lui sulla sua biografia, su cosa è stato fatto delle sue opere, su più di 400 anni della sua storia post mortem dentro e fuori dalla scena – come se accompagnassimo Van Gogh al Van Gogh Museum di Amsterdam o Dante in mezzo ai turisti che visitano la sua abitazione fiorentina.
Al Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci, venerdì 12 e sabato 13 novembre, ore 21, Shakespearology, con protagonista Woody Neri, parte dall’immaginario collettivo per parlare proprio con il Bardo. Certo, non sarà quello vero, autentico, ma se riescono a incontrare anche uno solo dei possibili Shakespeare, forse l’esperimento potrà dirsi riuscito. Teatro della Pergola Biglietti Intero 40€ Platea, 32€ Palco, 24€ Galleria Ridotto Over 60 (tranne la domenica) 35€ Platea, 28€ Palco, 19€ Galleria Ridotto Under 30 (tranne la domenica) 28€ Platea, 23€ Palco, 17€ Galleria Ridotto Soci UniCoop Firenze (solo mercoledì e giovedì – massimo 2 biglietti a tessera) 33€ Platea, 26€ Palco, 19€ Galleria Ridotto Abbonati Teatro della Toscana (tutti i giorni, massimo 4 biglietti a tessera) 31€ Platea, 24€ Palco, 18€ Galleria Biglietteria La biglietteria di prevendita del Teatro della Pergola, in Via della Pergola 12, è aperta dal martedì al sabato dalle ore 10 alle ore 19, la domenica dalle ore 10 alle ore 13:15. Nei giorni di spettacolo la biglietteria serale del Teatro della Pergola, in Via della Pergola 30, è aperta a partire da due ore prima dell’inizio della recita. Da un’ora prima dell’inizio dello spettacolo la biglietteria è attiva esclusivamente per la recita del giorno. È attivo il Servizio Cortesia, per informazioni e vendite telefoniche, negli stessi orari della biglietteria al numero 055.0763333. Acquisto nei punti vendita BoxOffice e online sul sito TicketOne www.ticketone.it/eventseries/io-sarah-io-tosca-3008889/. Info: biglietteria@teatrodellapergola.com Teatro Studio Biglietti Intero 15€ Ridotto (Residenti Scandicci – Possessori iCard e EduCard – Abbonati Teatro della Toscana – Soci UniCoop Firenze – Over 60 – Under 30) 10€ Soci UniCoop Firenze: riduzione valida tutti i giorni a eccezione della domenica, fino al numero massimo di due biglietti per tessera, presso la biglietteria del Teatro o nei punti vendita UniCoop, a esibizione della tessera socio. Le riduzioni Under 30 e Over 60 sono valide tutti i giorni escluso la domenica. Biglietteria di prevendita La biglietteria di prevendita è al Teatro della Pergola, in Via della Pergola 12, ed è aperta dal martedì al sabato dalle ore 10 alle ore 19, la domenica dalle ore 10 alle ore 13:15. È attivo il Servizio Cortesia, per informazioni e vendite telefoniche, negli stessi orari della biglietteria al numero 055.0763333. Acquisto nei punti vendita BoxOffice e online sul sito TicketOne www.ticketone.it/eventseries/shakespearology-3008913/ Info: biglietteria@teatrodellapergola.com Biglietteria serale La Biglietteria del Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci, in Via Gaetano Donizetti 58, è aperta esclusivamente da un’ora prima dell’inizio dello spettacolo per la sola recita del giorno. 4/11/2021 Pino Micol torna alla Pergola con "Memorie di Adriano". Al Teatro Studio di scena "4 Markhor"Read NowCOMUNICATO STAMPA 5 – 7 novembre 2021 | Teatro della Pergola (ore 20.45; domenica ore 15.45) Pietro Mezzasoma Pino Micol MEMORIE DI ADRIANO di Marguerite Yourcenar regia di Maurizio Scaparro ripresa da Ferdinando Ceriani musiche Evelina Meghnagi eseguite dal vivo da Cristiano Califano e Arnaldo Vacca danzatore Federico Ruiz costumi e allestimento scenico Lorenzo Cutùli coreografie Eric Vu An disegno luci Lorenzo Fabretti multivisioni Francesco Lopergolo direttore di scena Mario Courrier Durata: 90 minuti 6 – 7 novembre 2021 | Teatro Studio ‘Mila Pieralli di Scandicci (sabato, ore 21; domenica ore 16:45) Tir Danza Cristina Kristal Rizzo, Enrico Malatesta, Glauco Salvo & guest 4 MARKHOR ideazione Cristina Kristal Rizzo, Enrico Malatesta, Glauco Salvo & guest suono dal vivo Enrico Malatesta, Glauco Salvo direzione tecnica Giacomo Ungari creative producer Silvia Albanese Durata: 60 minuti Al Teatro della Pergola di Firenze, da venerdì 5 a domenica 7 novembre (ore 20:45, domenica ore 15:45), torna Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar con Pino Micol e la regia di Maurizio Scaparro ripresa da Ferdinando Ceriani, e di nuovo, ci aiuta a riflettere sul nostro momento storico, indicandoci forse uno spiraglio di speranza. «Dopo il grande successo della storica edizione con Giorgio Albertazzi – afferma Scaparro – ho sentito la necessità di riproporre Memorie di Adriano in un nuovo allestimento, che rilegge da angolazioni nuove e diverse la storia dell’Imperatore. A dargli voce e corpo, in una sua personalissima interpretazione, uno dei più grandi attori italiani: Pino Micol». In un mondo dove i fondamentalismi e l’ignoranza seminano morte e distruzione, questo testo è più attuale che mai. Al Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci, sabato 6, ore 21, e domenica 7 novembre, ore 16:45, va in scena 4 Markhor, un progetto che mette in campo un incontro tra forme autonome di espressione, la danza di Annamaria Ajmone e Cristina Kristal Rizzo e la materia sonora di Glauco Salvo ed Enrico Malatesta. L’elemento dell’improvvisazione per i performer è stato il campo di studio e di adesione all’autonomia del gesto. Due grandi protagonisti del teatro italiano ridanno luce sulla scena all’Imperatore Adriano, vissuto nel I secolo d.C. e restituito a nuova vita dalle pagine di Memorie di Adriano, scritto da Marguerite Yourcenar dopo trent’anni di intenso lavoro (il libro è del 1951, ma fu concepito dall’autrice nei primi anni ’20). Maurizio Scaparro dirige Pino Micol al Teatro della Pergola di Firenze, da venerdì 5 a domenica 7 novembre (ore 20:45, domenica ore 15:45), in un progetto iniziato nel lontano 1989 con Giorgio Albertazzi e la prima assoluta nella Villa Adriana di Tivoli, e che vede adesso Ferdinando Ceriani riprenderne la regia. L’Imperatore Adriano interpretato da Micol è più di un uomo, è l’immagine o, meglio, il ritratto di ciò che noi siamo oggi, nelle sue parole ritroviamo le radici del pensiero occidentale e della nostra storia. In un mondo dove i fondamentalismi e l’ignoranza seminano morte e distruzione, questa immaginaria autobiografia epistolare, intensa e suggestiva, è più attuale che mai. Si legge infatti nel testo: “Non tutti i nostri libri periranno; si restaureranno le nostre statue infrante; altre cupole, altri frontoni sorgeranno dai nostri frontoni, dalle nostre cupole. E se i Barbari s’impadroniranno mai dell’impero del mondo, saranno costretti ad adottare molti nostri metodi; e finiranno per rassomigliarci”. «C’è una frase di Flaubert – ha dice Maurizio Scaparro – che forse, meglio di tutte, spiega il fascino immortale del protagonista di quest’opera di Marguerite Yourcenar: “Quando gli dèi non c’erano più e Cristo non ancora, tra Cicerone e Marco Aurelio, c’è stato un momento unico in cui è esistito l’uomo, solo”. Adriano è più di un uomo, è l’immagine, o meglio il ritratto di ciò che noi siamo oggi, nelle sue parole ritroviamo le radici del pensiero occidentale e della nostra storia». Al Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci sabato 6, ore 21, e domenica 7 novembre, ore 16:45, va in scena 4 Markhor di e con Cristina Kristal Rizzo, Enrico Malatesta, Glauco Salvo & guest. La pièce si genera su alcuni elementi cardine, quali la produzione e diffusione di suono attraverso micro oggetti, automata, percussioni, dispositivi di riproduzione audio portatili, che dispongono lo spazio come ascolto di una visione e l’utilizzo del corpo come potenza agente del ritmo in divenire. Lo spazio dell’ascolto è dunque materia e forma autogenerante per una visione in cui i sensi si predispongono al micro e al macro, al gioco del movimento dei corpi e degli oggetti coinvolti, a un libero seguire di un’onda sonora, in una generazione dal vivo di sguardo e di ascolto come grammatica dello stare nell’evento reciproco. (...) Il Markhor è una capra selvatica in via di estinzione ed è l’animale nazionale del Pakistan, durante la stagione degli amori, i maschi combattono tra di loro, balzandosi addosso e incastrando le corna nel tentativo di far perdere l'equilibrio all’avversario. (...) I Markhor emanano un odore pungente, ben più intenso di quello delle capre domestiche. Teatro della Pergola
Biglietti Intero 40€ Platea, 32€ Palco, 24€ Galleria Ridotto Over 60 (tranne la domenica) 35€ Platea, 28€ Palco, 19€ Galleria Ridotto Under 30 (tranne la domenica) 28€ Platea, 23€ Palco, 17€ Galleria Ridotto Soci UniCoop Firenze (solo mercoledì e giovedì – massimo 2 biglietti a tessera) 33€ Platea, 26€ Palco, 19€ Galleria Ridotto Abbonati Teatro della Toscana (tutti i giorni, massimo 4 biglietti a tessera) 31€ Platea, 24€ Palco, 18€ Galleria Biglietteria La biglietteria di prevendita del Teatro della Pergola, in Via della Pergola 12, è aperta dal martedì al sabato dalle ore 10 alle ore 19, la domenica dalle ore 10 alle ore 13:15. Nei giorni di spettacolo la biglietteria serale del Teatro della Pergola, in Via della Pergola 30, è aperta a partire da due ore prima dell’inizio della recita. Da un’ora prima dell’inizio dello spettacolo la biglietteria è attiva esclusivamente per la recita del giorno. È attivo il Servizio Cortesia, per informazioni e vendite telefoniche, negli stessi orari della biglietteria al numero 055.0763333. Acquisto nei punti vendita BoxOffice e online sul sito TicketOne www.ticketone.it/eventseries/memorie-di-adriano-3008881/. Info: biglietteria@teatrodellapergola.com Teatro Studio Biglietti Intero 15€ Ridotto (Residenti Scandicci – Possessori iCard e EduCard – Abbonati Teatro della Toscana – Soci UniCoop Firenze – Over 60 – Under 30) 10€ Soci UniCoop Firenze: riduzione valida tutti i giorni a eccezione della domenica, fino al numero massimo di due biglietti per tessera, presso la biglietteria del Teatro o nei punti vendita UniCoop, a esibizione della tessera socio. Le riduzioni Under 30 e Over 60 sono valide tutti i giorni escluso la domenica. Biglietteria di prevendita La biglietteria di prevendita è al Teatro della Pergola, in Via della Pergola 12, ed è aperta dal martedì al sabato dalle ore 10 alle ore 19, la domenica dalle ore 10 alle ore 13:15. È attivo il Servizio Cortesia, per informazioni e vendite telefoniche, negli stessi orari della biglietteria al numero 055.0763333. Acquisto nei punti vendita BoxOffice e online sul sito TicketOne www.ticketone.it/eventseries/markhor-3008888/ Info: biglietteria@teatrodellapergola.com Biglietteria serale La Biglietteria del Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci, in Via Gaetano Donizetti 58, è aperta esclusivamente da un’ora prima dell’inizio dello spettacolo per la sola recita del giorno. |
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