Pregi e Difetti
Dragon Ball Super, nuova saga televisiva che attualmente vanta 77 episodi, riprende e sviluppa, in modo leggermente diverso, la trama già vista in Dragon Ball Z:La battaglia degli dei (lungometraggio del 2013). Collocato cronologicamente tra la sconfitta di Majin Bu e i quattro anni precedenti il Torneo di Arti Marziali in cui Goku combatte contro Ub, Toyama sviluppa banalmente gli avvenimenti tra il 517° ed il 518° capitolo del manga, e tra il 288° e il 289° episodio della saga.
Oltre alla resa grafica, approssimativa e scadente in alcuni passaggi, la sceneggiatura, invece di approfondire la natura delle decisioni dei personaggi e il loro agire, propone un universo in espansione che amplia gli orizzonti e i confini di Goku e compagni, costretti a combattere con personaggi di altre galassie. Per quanto alcuni personaggi siano azzeccati, in Dragon Ball Super questo continuo attaccamento agli universi e ad un eventuale conflitto tra i guerrieri del cosmo svilisce la vera caratterizzazione dei personaggi. Goku, ad esempio, nel film Dragon Ball Z: La battaglia degli dei , non accetta di aver raggiunto lo stadio di Super Sayan God grazie all'aiuto dei propri compagni, rimproverandosi e rammaricandosi sotto il profilo morale. Dragon Ball Super è una serie che, a differenza delle altre, parte con estrema calma, mostrandoci momenti, come nel GT, di vita quotidiana in cui emergono i personaggi nella loro naturalezza. L'introduzione del Dio della distruzione, Bills Sama, sa di ripetitivo considerando che Goku aveva già affrontato in passato il Supremo e l'essere Perfetto. Tuttavia, il suo essere collerico ma viziato, amante del cibo ma vendicativo, fa di lui un personaggio spassoso e innovativo che si pone come anti-villain della serie. Un fattore penalizzante, come accennato in precedenza, è la ripresa di Dragon Ball Z: La battaglia degli dei e di Dragonball: la resurrezione di F. Per quanto possa sembrare ripetitivo, approfondire e sviluppare un'ora e mezza di film, riprendendo l'entrata in scena delle divinità più importanti di questa nuova serie e il ritorno di Freezer, è una cosa positiva che serve a rendere giustizia a due saghe concettualmente interessanti.
Per quanto riguarda la struttura, Dragonball Super si distingue dalle saghe precedenti perché, invece di riprendere il classico torneo Tenkaichi, viene proposto un torneo a squadre: uno scontro intergalattico fra l'universo sette di Goku e compagni e uno parallelo, l'universo sei. Un torneo non per certificare chi è più forte, ma organizzato solo per capriccio di due divinità antitetiche – ma allo stesso tempo più simili di quanto loro vogliano ammettere – che, per scommessa, si giocano la Terra. Un torneo che, ad eccezione di Hit e del nuovo Sayan, non presenta validi avversari: tra i combattenti, Botamo, gelatinoso e grasso, esteticamente piacevole ma del tutto inutile; e Magetta, un robot che sputa fuoco ed emana calore, che si rivelerà un ammasso di ferraglia.
Per quanto Frost, un Freezer apparentemente buono del sesto universo, Hit e il nuovo Sayan siano personaggi/avversari ben più interessanti, questi non trovano un seguito nella trama venendo sconfitti in pochissimo tempo. Anche la squadra di Bills si rivelerà una delusione: dei cinque personaggi, tre sono completamente inutili e inadeguati: Majin Bu si addormenta e non partecipa, Piccolo viene sconfitto subito e Moneka, che prende parte al torneo solo perché spacciato da Bills come “il migliore eroe con cui ha mai combattuto”, al fine di far credere a Goku che nella galassia esista un combattente più forte di lui, è un totale fallimento. Per quanto Toyama si sforzi di proporre un Dragonball più strategico - si veda gli stati del calore del robot o la nuova capacità di fermare il tempo per colpire gli avversari-, il desiderio e lo spirito combattivo di Vegeta e di Goku rovinano il tutto. Il Super Sayan per antonomasia, infatti, finisce troppo spesso per giocare con i suoi avversari (Bills e Freezer), togliendo drammaticità, tematiche e sviluppi interessanti alla narrazione. Egli, per la sua testardaggine, perde lo scontro contro il suo acerrimo nemico Freezer, e, per testare i suoi veri poteri durante il torneo, rischia di venire ucciso dalla sua stessa aura. Inoltre, il protagonista dell'anime perde molta della sua bellezza perché viene meno il suo essere ingenuo - aveva vissuto isolato dal mondo -, finendo per essere un vegetale che ha solo voglia di combattere. Goku, da essere poco sveglio, diventa un ottuso; Junior finisce per fare da badante a un neonato; Crilin, Gohan e compagni non sono altro che delle comparse la cui forza è del tutto inadeguata ai livelli raggiunti; Bulma invece diventa un’eroina con un ruolo spesso decisivo e risolutivo per l'evoluzione della trama. Ben più interessante, la decisione di riportare in gioco il Trunks del futuro, mettendolo a confronto con viaggi del tempo molto più rischiosi e pericolosi di quelli intrapresi in Dragon ball Z; la nuova figura di Zamasu, un villain controverso dilaniato dai doveri di un Dio e Black Goku, una copia perfettamente identica del nostro protagonista, ma del tutto malvagia e concorde con i piani del personaggio sopracitato.
La cosa migliore, e forse più sorprendente di questa serie, è senza dubbio il finale del tutto atipico, ossia la sconfitta di Goku e compagni. Nonostante l'apparizione di Trunks e di Vegeth (frutto della fusione tra Son Goku e Vegeta), il male trionfa. L’avversario Zamasu, creduto sconfitto dai nostri eroi, è ancora vivo: si scompone in migliaia di molecole intrappolando, al suo interno, i pochi sopravvissuti. Un finale tragico, in cui nemmeno il Super Saiyan God, il dio dei Saiyan, può nulla. Goku e compagni, di fronte a Bills e Zamasu, restano dei semplici Saiyan, inermi davanti alla potenza di questi nuovi Dei con i quali si trovano a combattere.
Dragonball ci ha insegnato valori come la giustizia, la speranza, l'orgoglio, l'amicizia, l'umiltà e l'amore che, in questa serie, vengono meno e la cui assenza tolgono molta credibilità a una nuova stagione che, altrimenti, sarebbe stata molto più interessante.
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31/12/2016 “Il 28 agosto 1749, a mezzogiorno, al dodicesimo rintocco della campana, io venni al mondo a Francoforte sul Meno”: alcune riflessioni su Johann Wolfgang von GoetheRead Now
Ho deciso di concludere l’anno dedicando l’ultimo articolo del 2016 a uno dei più importanti scrittori, poeti e intellettuali europei (perché non avrebbe mai voluto essere semplicemente definito tedesco), cioè Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832).
Nato a Francoforte in una famiglia agiata, il padre gli imporrà gli studi giuridici, ma la sua vera passione sarà la letteratura. Nel 1771, a Sessenheim, si impegna sentimentalmente con la figlia del locale pastore protestante, Friederike Brion, alla quale dedica i Sesenheimer Lieder (“I canti di Sesenheim”1770-1771). Predomina in questi componimenti la descrizione paesaggistica della natura accanto alla descrizione struggente della passione amorosa. Dopo l’esordio poetico, Goethe rimane colpito da due personaggi storici, uno realmente esistito e l’altro frutto della leggenda popolare e della critica protestante contro la pratica cattolica romana della vendita delle indulgenze: il feudatario Götz von Berlichingen e il mitico Faust. Al primo l’autore francofortese dedicherà un dramma (1773), dove descrive il dissidio del protagonista col mondo: egli è molto vicino al prototipo del personaggio romantico, fortemente idealista, rimasto ancorato a un mondo che non esiste più e prossimo alla modernità e che individua l’unica fonte di salvezza e libertà nell’aldilà e non nel mondo, sprezzantemente definito una prigione. Diverso è il Faust, l’opera di una vita, il testo che più di tutti accompagnò Goethe nel corso della sua esistenza, scritto in gioventù e rivisto fino alla fine. Di ispirazione fu la vicenda mitica del dottor Faust, che vendette l’anima al diavolo per il suo inappagabile desiderio di conoscenza. Se Christopher Marlowe aveva scritto il celebre Faust con intenti moralistici (influenzato dal teatro medioevale), lo stesso non si può dire per l’opera di Goethe, dove si intrecciano vari temi, come la conoscenza, il libero arbitrio, la religione. L’accademico non è un uomo di riflessione, ma è un uomo d’azione (in principio era l’azione, così Faust riscrive i primi versi del Vangelo di Giovanni) ed è pronto a venire a patti con Mefistofele, il diavolo, pur di arrivare al sapere. Il nome di Goethe è tuttavia legato in modo indissolubile al Werther (1774), il romanzo epistolare che prosegue il genere inaugurato dalla Pamela di Richardson e dalla Julie di Rousseau. Il personaggio fondamentale è senza ombra di dubbio quello del protagonista, che si strugge d’amore non corrisposto per Lotte, promessa sposa ad Albert, un uomo freddo e incapace di comprendere gli slanci di Werther, veramente un personaggio romantico a tutti gli effetti. Il romanzo di Goethe ebbe un grande successo a livello europeo, non soltanto da un punto di vista letterario: i giovani dell’epoca iniziarono a vestirsi come il protagonista e, purtroppo, a togliersi la vita, provocando una vera e propria epidemia di suicidi. È opportuno menzionare anche una delle opere più significative dello scrittore tedesco, il Viaggio in Italia (1816-1817). È l’incontro del poeta del nord con l’adorata Italia, il paese dove brillano i limoni. Nel suo viaggio Goethe descrive il Belpaese, la patria dell’antichità classica, quell’Arcadia, quel paradiso che il poeta è riuscito a trovare in Italia.
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http://www.blogtaormina.it/2015/05/11/il-maggio-di-goethe-a-taormina/200715 http://www.viaggio-in-germania.de/goethe-faust.html http://www.i-libri.com/libri/i-dolori-del-giovane-werther-di-johann-wolfgang-goethe/ https://it.pinterest.com/VanDiemensLand/götz-v-berlichingen/ http://www.bur.eu/libri/viaggio-in-italia-1786-1788/ Dovessimo dar retta agli Elio e le storie tese, il problema del Natale è principalmente quello di procurarsi dei regali (“non importa cosa prendi, l’importante è che li prendi!”). Che in molti casi è pure vero, ma proviamo per una volta ad uscire dalla mentalità capitalistica del regalo a tutti, del “mi accontento di qualunque puttanata”, e pensiamo ad un persona a cui teniamo particolarmente e che vorremmo far felice. Questa persona potete anche essere voi stessi. Le piace leggere? Le piacciono i fumetti? Le piacciono le belle storie? Se la risposta ad anche solo una di queste domande è sì, ecco alcuni consigli per voi. Kobane Calling di Zerocalcare - Bao Publishing Viaggiando tra Siria, Turchia e Iraq, Zero ci racconta la realtà controversa e contraddittoria del Medioriente, fatta di persone che vivono, lottano, sognano e muoiono; una realtà lontana anni luce dallo sciacallaggio e dal sensazionalismo mediatico cui siamo quotidianamente sottoposti. Un’opera politica e necessaria, lucida e matura, che eleva definitivamente Zerocalcare nell’Olimpo dei migliori autori in circolazione. La terra dei figli di Gipi - Coconino Press Un libro che reinterpreta molte delle tematiche care all’autore in chiave post-apocalittica. Quasi un The walking dead in salsa autoriale, La terra dei figli è una storia sull’adolescenza come momento di smarrimento, sul saper interpretare correttamente la realtà per costruire un futuro di speranza, ma anche una satira su molte idiosincrasie moderne, specie quelle social. Il tutto raccontato con uno stile essenziale ed estremamente evocativo, sia nei testi che nei disegni. Assolutamente consigliato. La Visione di Tom King e Gabriel Hernandez Walta - Panini Comics Per la serie “i supereroi non sono solo mazzate”. La Visione è a tutti gli effetti un thriller che tocca i temi più svariati, dalla ricerca di un senso di appartenenza (qualunque sia il contesto), ai quesiti esistenziali sul cosa ci rende umani, passando per la critica alla middle class americana. Un fumetto maturo e accattivante, e probabilmente la migliore serie Marvel del 2016. Corto Maltese: L’integrale Su Corto Maltese ci sarebbe tanto da dire, nonostante la sua notorietà. Qui ci limiteremo a ricordarvi che si tratta di una delle vette assolute del fumetto italiano. Quest’anno la Rizzoli-Lizard ha pubblicato un cofanetto che contiene tutte le storie di Corto, in eleganti volumi cartonati. Se il prezzo vi sembra alto, ricordate che vi state portando a casa un pezzo di Storia del fumetto. Fidatevi, ne vale assolutamente la pena. Sputa tre volte di Davide Reviati - Coconino Press Opera del pluripremiato Davide Reviati, Sputa tre volte ci parla della paura del diverso e di integrazione, tramite una storia che vede come protagonisti un gruppo di adolescenti e una famiglia di nomadi slavi. 500 pagine toccanti per quella che forse è la migliore pubblicazione del 2016 nel campo delle graphic novel. Fatevi un favore e compratelo. Immagini tratte da: http://i0.wp.com/www.mangaforever.net/wp-content/uploads/2016/04/kobane-calling.jpg?w=1060 http://www.fandangoeditore.it/wp-content/uploads/2016/10/GIPI-La-terra-dei-figli-COVER-JPG-OK-DEF.jpg http://www.fumettologica.it/wp-content/uploads/2016/10/visione.jpg http://www.levif.be/medias/4660/2385991.jpg http://www.fandangoeditore.it/wp-content/uploads/2016/02/sputa00.jpg
“Che cosa è il clown? Il clown sei tu. Quando ti perdi, perdi le staffe, il tuo personaggio, ti perdi dentro di te, cerchi la luna, chiami Godot, sbagli ascensore o vita…Tu, al naturale, senza niente, perso come un clown, piangi e il pubblico ride. Che tragedia, che ridere, che libertà quando ritrovi te stesso, senza rughe né valigie, nudo, vestito di scherzi.” (Emmanuel Lavallée)
Figura eccentrica e grottesca, il clown spazia dalla pantomima al teatro di parola, fondendo tecniche e stili diversi. Ma che cos’è il clown? Come si inserisce all’interno dello spazio teatrale? Si racconta, ma probabilmente è una leggenda, che il primo clown sia stato un ubriaco entrato per caso sulla pista del circo, durante lo spettacolo, e inciampando abbia fatto ridere il pubblico. Da qui il naso rosso, a ricordarci i nasi degli ubriachi e i vestiti stracciati dei clochard. Il clown arriva in teatro dal circo, a conclusione del viaggio teatrale di movimento che inizia con la Maschera Neutra e si conclude appunto con il Naso Rosso, due maschere archetipiche fondamentali per la formazione dell’attore.
Se nel Neutro l’attore cerca uno stato di silenzio e di apertura allo spazio, che gli permetta di far tacere la propria storia personale e prepararsi così a raccontare una storia altra, cercando di sciogliere le “impressioni drammatiche” che ogni corpo porta in sé, col Naso Rosso va invece alla ricerca di tali emozioni amplificandole.
Tutto ciò che nella vita di tutti i giorni si cerca di correggere per essere il più possibile “normali”, i sentimenti che si cerca in tutti i modi di evitare, come la derisione, il fallimento, col clown non solo possono vivere, ma vengono ostentati. Attraverso questa ostentazione dell’imperfezione umana, il clown provoca il riso mediante infinite variazioni sul tema. Un atto di potere vitale formidabile. Il clown segue la poetica del limite, dell’incidente, della caduta; la prospettiva di ogni suo numero è il fallimento. Appare così come un essere poetico unico e personale, che emerge quando l’attore si presenta davanti al pubblico con il naso rosso e accetta completamente la provocazione del presente e del contatto con sé stesso e con il pubblico.
Il clown, infatti, cerca contatto, inventa. Ogni momento è nuovo. Vive la situazione in modo semplice, mai psicologico. Non conosce i sentimenti, li sperimenta. Cerca. Danza. Gioca. Ma non è un gioco per bambini. È una tragedia. La tragedia della vita.
In questo stato di “essere senza fare” l’attore tocca la ricchezza del qui e ora e può prendere coscienza del proprio modo di entrare in contatto con il mondo, nell’abbandono di ogni intenzionalità. La sublimità del clown è la sua inesauribile apertura allo spazio nonostante la sua completa imperfezione. Quello che ci fa ridere non sono solo i suoi difetti, la sua “non neutralità” altamente drammatica, cioè piena di azioni, ma il suo entusiasmo nel continuare a essere ciò che è al centro della scena, cercando incessantemente di riuscire in qualcosa che è destinato necessariamente a fallire.
Il clown, dunque, sono io, siamo tutti noi, che ci alziamo ogni giorno pieni di vita nonostante la consapevolezza che un giorno moriremo, molto probabilmente soffrendo e facendo soffrire. È qui, dunque, che sta il potenziale unico di questo stile teatrale, che permette all’attore di lavorare con l’ingenuità del bambino e il rigore dell’adulto, rivelando così la sublime poetica del ridicolo e la propria idiozia personalissima.
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http://www.progettogiovani.pd.it/corso-il-clown-teatrale/ http://www.dominonetwork.it/news-dettaglio.aspx?id=169 http://www.eptcaserta.it/la-strada-di-un-clown-di-vladimir-olshansky-al-nostos-teatro/ L’ultimo libro di Massimo Maggiari presentato alla libreria L’Orsa Minore di Pisa ![]() Si è tenuta a Pisa giovedì 15 dicembre alle 18,15 la presentazione dell’ultimo libro di Massimo Maggiari, L’avventura del Grande Nord edito da Alpine Studio. In occasione del suo quinto compleanno la libreria L’Orsa Minore di Pisa ha voluto festeggiare insieme ai suoi più fedeli sostenitori e clienti, presentando l’ultima fatica dell’autore ligure. Professore di lingua italiana e di cultural studies all’Università di Charleston, in sud Carolina, Maggiari ha presentato L’avventura del Grande Nord raccontando la storia dei primi esploratori, le sue esperienze di viaggio nel territorio artico e impressionando i presenti suonando alcuni strumenti della cultura inuit. Una vera e propria passione quella per le terre dei ghiacci, nata ormai molti anni fa, quando Maggiari si trova a leggere il resoconto di uno di primi esploratori in una biblioteca. Scopre la figura di Roald Amundsen, esploratore norvegese dei primi del ‘900 delle regioni polari; il primo a confermare l’esistenza del passaggio a nord-ovest e a condurre la prima spedizione verso il Polo Sud. Questa figura affascina immediatamente Maggiari, che inizia una produzione poetica dedicata alle regioni artiche e ai viaggi dei primi esploratori; il suo interesse non si ferma qui, ma continua ad approfondirsi per arrivare anche a includere degli studi antropologici. Dopo vari viaggi di studio e di piacere nelle terre artiche, questo è il terzo libro che Maggiari dedica a questi territori e alla loro storia. L’avventura del Grande Nord si concentra sul viaggio che l’autore ha compiuto in Groenlandia. È un viaggio completo, interiore ed esteriore come dice lo stesso Maggiari. Un viaggio nella storia dei primi incontri tra gli esploratori e le popolazioni locali, gli inuit, quando quest’ultimo non erano considerati nemmeno “stranieri”, ma oggetti, animali da lavoro. L’incontro tra coloro che credevano di essere soli al mondo e quella che già si definiva civiltà moderna. Nel racconto, oltre alla “presenza” del già nominato Amundsen (sorta di Ulisse moderno per l’autore), la figura che spicca è sicuramente quella di Knud Rasmussen, esploratore, il primo europeo a percorre il passaggio a nord-ovest in slitta. Nasce in Groenlandia da padre danese e madre inuit e fin da piccolo impara la lingua locale, condizione che lo mette subito in una posizione di vantaggio come esploratore e antropologo. Grazie a lui nasce in Groenlandia il primo “trading post”, avamposto, luogo di scambio tra danesi e inuit. Rasmussen era infatti convinto che la soluzione migliore per regolare i rapporti tra locali e europei, salvaguardando la cultura e le peculiarità dei primi, si basasse proprio sul giusto bilanciamento tra tradizione e modernità. Questa chiave di lettura è stata sicuramente vincente: la Groenlandia è oggi il paese maggiormente sviluppato tra quelli dell’artico, ma anche uno dei pochi in cui la lingua locale non è andata perduta. Ma non solo di viaggi passati ci parla Maggiari, ma anche di quella che è stata la sua esplorazione, la sua esperienza in una Groenlandia diversa, senza dubbio più popolata, ma sempre fedele al suo credo, alle sue tradizioni. Impressionante il racconto di alcuni inuit che ancora oggi cacciano il narvalo con dei kayak, così come i suoni dei loro strumenti e gli ipertoni che riescono a riprodurre. Se volete viaggiare nel tempo e nello spazio, verso luoghi lontani, dialogando e ascoltando l’altro, L’avventura del Grande Nord è il libro che state cercando. Link per approfondire: https://www.amazon.it/Lavventura-Grande-Nord-Massimo-Maggiari/dp/8899340269/ref=sr_1_1?s=books&ie=UTF8&qid=1474881900&sr=1-1 https://www.facebook.com/LOrsaMinoreLibriMappe/ Immagini tratte da:
Copertina: http://www.alpinestudio.it/prodotto/lavventura-del-grande-nord/ Immagini della presentazione: foto dell’autore
Nadine Gordimer (1923-2014) rappresenta uno dei più grandi nomi della letteratura postcoloniale, vincitrice del Premio Nobel per la letteratura nel 1991 e impegnata in grandi battaglie sociali in Sudafrica, come la lotta all’AIDS e all’apartheid.
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Nata a Johannesburg da genitori ebrei, ben presto si rende conto della difficile situazione sociale che contraddistingue il suo paese, dove la segregazione razziale e la persecuzione verso la sua famiglia la spinsero ad attivarsi in prima persona per i diritti delle minoranze, non soltanto come attivista, ma anche come scrittrice. La sua opera si contraddistingue per l’interesse verso l’amore, la politica, le relazioni di potere e la verità, un’operazione letteraria in cui anche i personaggi partecipano, mostrando diverse sfumature psicologiche e identitarie.
Il suo romanzo d’esordio è The Lying Days (“I giorni della menzogna”, 1953), un romanzo di formazione semiautobiografico il cui personaggio principale vive e ricalca le stesse esperienze di Gordimer. ![]()
Un’opera in cui spicca la critica all’apartheid e alla segregazione è indubbiamente The Conservationist (“Il conservatore”, 1974). La vicenda si svolge attorno a Mehring, un ricco uomo d’affari bianco molto vicino al modello dell’inetto sveviano. La sua famiglia lo disprezza, le sue amanti lo odiano ed egli, per dare un senso alla sua esistenza vuota, decide di acquistare una fattoria, immancabilmente gestita da lavoratori di colore. La svolta è rappresentata dalla scoperta del cadavere di un uomo di colore nella proprietà. La polizia, essendo la vittima un nero, decide di non svolgere ulteriori accertamenti e fa seppellire il corpo nella fattoria. Questo evento diventa per Mehring una vero e proprio tormento, finché un’inondazione non fa riemergere il corpo e i lavoratori neri decidono di dare al defunto degna sepoltura. Uno straniero, per gli operai, è più importante del loro padrone, in quanto egli è per loro uno sconosciuto e uno sfruttatore.
Gordimer decide di sfruttare anche l’utopia per attaccare il razzismo in July’s People (“Luglio”, 1981). Nel romanzo l’autrice immagina la fine dell’apartheid in Sudafrica e le conseguenze che ne derivano attraverso le peripezie degli Smale, una famiglia liberale bianca, e del loro servitore nero July.
Mi ha particolarmente colpito la raccolta di saggi, articoli e discorsi Tempi da raccontare, uscita postuma nel 2014. Gordimer, ancora una volta, non esula dallo svolgere il suo ruolo di intellettuale impegnata, sempre pronta a denunciare ingiustizie e storture. Consiglio a lettrici e lettori di scoprire la grandezza e l’immensità di questa autrice, che avrebbe tanto da dire ancora oggi all’Occidente, di fronte alle continue ingiustizie, guerre e ineguaglianze.
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http://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/tempi-da-raccontare/ http://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/il-conservatore/ https://www.bookdepository.com/Lying-Days-Nadine-Gordimer/9780747559931 https://www.nobelprize.org/nobel_prizes/literature/laureates/1991/gordimer-facts.html
Nobile Sesshomaru - trillò Rin in quel momento - A lei piacciono i fiori? -
Il demone alzò un sopracciglio. - No Rin, non penso di amare particolarmente i fiori - rispose. Che poi, in realtà, Sesshomaru non aveva mai pensato se gli piacessero davvero. Ai demoni non piacciono le cose inutili. Quindi niente fiori. Si fermò, realizzando che in realtà la cosa alla quale aveva appena pensato. Se quello fosse stato vero, allora il demone non avrebbe dovuto neanche apprezzare tutte quelle piccole cose appartenenti alla sua vita quotidiana. I sorrisi, il dolce profumo di una lunga e fluente chioma scura, il suono di una voce eterea e dolce, una pelle chiara e morbida... Tutte cose che appartenevano a Rin, in realtà. Quella piccola bimba saltellante e allegra, che lo aveva conquistato con l'innocenza del suo animo.
Dai tempi della Bibbia l'odio atavico tra fratelli si ripete in un circolo infinito, in un uroboro che si annulla solo di fronte all'annientamento del più debole. Radish e Goku, Raul e Ken, Knives e Yash, Inuyasha e Sesshomaru.
Serie manga e anime creata dall'autrice Rumiko Takahashi, Inuyasha tratta del tentativo, da parte di un mezzo demone, di conquistare la Sfera dei Quattro Spiriti – una pietra che conferisce poteri particolari a chi la possiede - in modo da divenire un demone completo.
Dal punto di vista del contenuto è simile a Devil May Ray - basti pensare a Vergil, fratello gemello di Dante e antagonista principale del gioco (aspira ad ereditare il potere lasciato dal padre), Inuyasha si pone come una trasposizione animata e fumettistica di questo gioco di successo lanciato nel 2001 dalla Captcom. Mezzo demone come Dante, Vergil usa i propri poteri esclusivamente per scopi personali, cercando di accrescere il proprio potere demoniaco in modo da eguagliare l'impareggiabile forza del padre. La sua personalità è ben diversa da quella di Dante/Inuyasha. Freddo, distaccato, senza scrupoli, vitreo e privo di enfasi nello sguardo. Imperturbabile, tanto da rendere estremanente difficile capire i suoi stati di animo. L'animo di Sesshomaru, tuttavia, proprio come quello di Vergil – che nel finale inizia ad entrare in sintonia con il fratello Dante - muta radicalmente dopo l'incontro con la piccola Rin.
Affezionatosi alla piccola umana, in un rapporto non molto lontano da quello che un padre nutre verso una figlia. Rin è colei che cambia Sesshomaru, che lo porta ad essere, da personaggio completamente freddo e refrattario agli umani, a mostrare segni di umana compassione e sentimenti.
Ben diverso, invece, il rapporto tra altri due fratelli. Radish, fratello di Goku, non nutre alcun sentimento umano, non solo verso il suo acerrimo nemico, ma verso tutta l'umanità. Radish sarebbe in grado di provare sentimenti, ma questi rimangono celati fin dall'infanzia perchè considerati, nel loro pianeta di appartenenza, simbolo di debolezza «Noi Sayan siamo dei guerrieri infallibili. Combattiamo per interesse personale. Vagabondi dello spazio. Siamo sempre alla ricerca di un pianeta fertile ed abitabile. Quando lo troviamo, sterminiamo i suoi abitanti e ce ne impossessiamo. Poi, una volta terminata la conquista, vendiamo il pianeta al miglior offerente sul mercato. Nei mondi abitati da combattenti pericolosi, spediamo guerrieri adulti e preparati, mentre nei pianeti abitati da poveri incapaci come voi terrestri ».
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Comic Vine - GameSpot Galleria - DragonBallGT.it Inuyasha super fan
In compagnia di Luca Frigerio, editore della casa editrice Noise Press, abbiamo discusso di fumetti e di sogni “arroganti” che diventano realtà.
-Quando e perché nasce la Noise Press? Nasce come idea nel 2014, poi vari progetti hanno portato via un anno prima di essere pubblicati nel 2015, presentati prima a Cosenza, una delle poche città che ospita un Museo del Fumetto, al festival “Strade del paesaggio”, e poi al “Lucca Comics & Games”, dove abbiamo presentato i primi tre progetti. Noise Press nasce fondamentalmente da un concetto arrogante e sognatore: abbiamo voluto creare i fumetti che avremmo voluto leggere, quindi abbiamo unito un team di artisti alcuni dei quali al loro primo lavoro, altri già affermati, per cercare di fare qualcosa che ci piacesse, che avremmo noi stessi comprato. -Il fumetto in Italia, considerato dai più un genere letterario “marginale”, da qualche anno sta avendo un maggiore riconoscimento; secondo te a cosa può essere associato questo evento, cosa è cambiato? Partiamo dal presupposto che in Italia già si legge poco, la lettura viene vista solo come svago superficiale. I fumetti sono da sempre considerati come una lettura da ragazzini da abbandonare una volta cresciuti; un sacco di sceneggiatori, quando dicono di essere sceneggiatori di fumetti, o vengono presi per scenografi oppure ci si sorprende quasi che si possa scrivere di fumetti. In realtà, grazie a case editrici come la “Bao”, che hanno portato i loro fumetti in librerie come la Feltrinelli o altre, e grazie ad autori come Zero Calcare, le persone si sono accorte che si può leggere anche un fumetto come se fosse un libro, con pari dignità. -Qual è linea editoriale seguita dalla Noise Press? Noi siamo una casa che pubblica principalmente fumetti action, variegati in vari generi: c’è l’action come “Dead Blood” , che è un horror, “The Steams”, che è un action di genere steampunk, “The Quest”, action di genere fantasy. Il fil rouge è la passione per gli action americani. -Come è cambiata negli anni il mercato e la distribuzione del fumetto? Dove possiamo trovare i fumetti Noise Press? Una volta il fumetto si comprava solo in edicola: c’era il Topolino, i Bonelli, i supereroi. Poi sono nate le fumetterie, librerie specializzate in comics. Gli albi della Noise Press sono un po’ dappertutto: oltre che in fumetteria, si possono comprare su Amazon, sul nostro sito internet. Abbiamo un canale “manicomix” che ci distribuisce in tutta Italia. Come un libro, i nostri fumetti si possono trovare molto facilmente. -Perché fare fumetti in Italia, in un momento di crisi in cui la gente legge sempre meno? Io ho 38 anni e da quando ero ragazzino sento che c’è la crisi del fumetto e ogni anno che passa ci sono più proposte, più autori, più pubblicazioni. È chiaro che, in generale, c’è un problema di natura culturale: le persone leggono poco, leggono poco i giornali, leggono poco tutto! La gente si nutre di fb. Però, nonostante questo, i fumetti si vendono, e a mio parere si può anche campare col lavoro di fumettista e anche bene. -Forse è necessario il rischio, si deve osare! Ebbè, sennò sei morto no? -In un panorama che forse si sta ribaltando, in cui il fumetto acquista un certo valore, su cosa punta la Noise Press per distinguersi? Come non puoi copiare un album dei Rolling Stones, non puoi combattere con produzioni enormi di gente che fa da anni questo lavoro. Devi trovare un qualcosa che piaccia ai lettori. La cosa bella del fumetto è che è onesto, non puoi fregare il lettore, non puoi copiare, ma se sei bravo vai sicuramente avanti! Immagine dell'autore
Non c'è dubbio che Jorge Luis Borges sia stato tra gli scrittori più influenti e profondi del secolo scorso. Borges ha influenzato una generazione di intellettuali, da Calvino e Philip K. Dick fino a Umberto Eco. Un autore non facile, complesso, a volte ermetico, capace di condensare in poche pagine idee e suggestioni potenti e profonde. Un'opera di Borges non è mai una semplice raccolta di racconti, ma è qualcosa di simile a un nuovo sguardo sulla realtà: è un microcosmo composto da storie in cui si riassumono vite e mondi diversi; è, come l'Aleph (prima lettera dell'alfabeto ebraico) del racconto che dà il titolo alla raccolta, quel punto misterioso e affascinante in cui si concentrano tutti i luoghi e i tempi.
I 17 racconti contenuti ne L'Aleph sembrano parte di un grande gioco di specchi. Pur essendo apparentemente slegati l'uno dall'altro, ogni racconto è in realtà collegato a quelli che lo precedono o lo seguono, in una concatenazione di temi ricorrenti (lo specchio, appunto, ma anche l'insondabile circolarità del tempo, il tema del doppio, del labirinto, della colpa e della ricerca di riscatto) e situazioni fantastiche narrate col piglio asciutto e disincantato di chi descrive un evento di cronaca. Borges, nella veste di narratore-autore, riempie le vicende di rimandi fittizi alla realtà, disorienta il lettore facendolo penetrare in un modo dalle atmosfere rarefatte e dai contorni sfumati ed evocativi. Non per nulla, il termine "borghesiano" è sinonimo di una concezione della vita come storia, come menzogna, come opera contraffatta. Un'ambiguità di fondo serpeggia tra le storie di Borges: un'ambiguità che fa sì che ognuna di esse diventi metafora, parafrasi di altre storie, veicolo di riflessioni filosofiche e metafisiche. I personaggi di Borges non sono semplici individui, ma assurgono a simboli: come il candido e terribile Asterione, che attende la propria morte in una solitudine grottesca e crudele; o come Pedro Damiàn (protagonista de L'altra morte, affascinante riflessione filosofica sull'irrevocabilità del passato) scomparso dalla memoria di chi lo conosceva, che «nel 1946 morì nel 1904»; o come ancora il misterioso protagonista de L'Immortale, dimentico di se stesso e del mondo.
Nelle pagine dei racconti di Borges si condensa un universo di pensiero: Nietzsche, Schopenhauer, Omero, la spiritualità ebraica e quella orientale. Si tratta di una letteratura profonda, concettuale, attraversata dalla ricerca di risposte a quesiti metafisici, come quello (apparentemente paradossale) dell'universalità nell'individualità del singolo e della sua unione con l'infinito. Sicuramente, la lettura di Borges non è per tutti. Bisogna sapere scavare tra le parole, saper leggere (e non semplicemente arrivare a fondo pagina), saper riflettere, e anche sapersi far trascinare da una poetica struggente e densa come un trattato filosofico. Borges è, prima che uno scrittore, un intellettuale: ne L'Aleph le varie storie non sono mai fini a se stesse, ma si ricollegano e nascondono significati e riflessioni nascoste.
Se non avete ancora letto nulla dell'autore argentino, il mio consiglio non può che essere quello di rimediare. Un'opera di Borges non può mancare nella biblioteca di chi ama la letteratura, e non solo i libri.
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3/12/2016 Dall'altro lato della medaglia gli ispettori storici del fumetto e delle serie televisive dagli anni '30 agli anni '80Read Now
Gli Stati Uniti all'inizio degli anni '30 attraversava uno dei momenti più difficili della sua storia: dopo il Big Crash del 1929 il Grande Continente non era solo un paese sconvolto dalla criminalità organizzata (rapine, estorsioni), ma uno stato in cui la vendita di alcolici, gioco d’azzardo e la prostituzione diventano sempre più dilaganti a causa del Volstead Act. Sono gli anni di Al Capone, della nascita, di Lucky Luciano, e di Frank Costello, anni in cui la polizia brancolava nel buio nonostante The Maltese Falcon, romanzo di denuncia verso il “gangsterismo”e dei primi “successi” della politica di Roosvelt.
É in questo clima di corruzione che compare nel 1931 sul Detroit Mirror il personaggio di Dick Tracy e Secret Agent X, poliziotti incorruttibili mossi da un forte desiderio di vendetta dopo la morte dei genitori in un'America governata da gangster e da organizzazioni mafiose. Entrambi rappresentarono, agli occhi del lettore americano, la rivincita della legalità, sia pure attraverso il contributo di un investigatore privato, contro la malavita imperante. Gli anni '30 vedono la nascita del detective di origine letteraria: dopo Sherlock Holmes, lanciato da Leo O’Mealia, sono molti i grandi protagonisti del giallo rivissuti nei fumetti (Maigret, Parry Mason, Nero Wolfe, Simon Templar). Del 1959 la prima collezione Maigret a fumetti (La ragazza Morta, Il cane giallo, I gangsters, Il revolver di Maigret), caratterizzata da un'eccessiva introspezione psicologica e da dialoghi troppo lunghi per essere apprezzati da un pubblico amante dell'azione e di atmosfere noir. Nero Wolfe, personaggio letterario codificato, fa la sua comparsa nel '58 in un'ambientazione alla Dick Tracy dall'atmosfera vintage resa abilmente da Roy dal bianco e nero contrastato da linee scure.
Gli anni '60 vedono la nascita dell'eterna rivalità tra Diabolik e l'ispettore Ginko, personaggio incorruttibile e tutto d'un pezzo dotato di un'intelligenza quasi al pari dell'acerrimo “nemico”. Contrastando con la logica e la razionalità il “gioco sporco” di Diabolik, Ginko si rivela un personaggio capace addirittura di prevedere e in alcune casi anticipare le mosse dell'avversario (Beffa a Diabolik, N°3 del 2001) e di tenere testa all'uomo in calzamaglia in momenti di forte tensione ( Altea ti ucciderò N°9 del 1996), minacciando lo stesso eroe di ucciderlo qualora lui si azzardi a pugnalare sua moglie Altea, rapita dallo stesso Diabolik perché convinto che fosse stato ucciso per mano di Ginko. All'astuzia di Ginko si oppone Zenigata, goffo ispettore della fortunata serie televisiva Lupin caratterizzato da un rapporto di amore e odio verso il suo eterno rivale. La celebre puntata in cui Zenigata piange e quasi impazzisce per la morte del ladro gentiluomo è indicativo del rapporto quasi viscerale che si viene a creare tra i due e di come verrebbe meno la principale spinta vitale della sua esistenza.
Gli anni '70 vedono la nascita dell'ispettore Anatroni, un papero dalle piume nero e dal grosso becco giallo con il vizio dell'alcool e del fumo. Rivoluzionario per il suo humour, goffo nelle sue imprese e bizzarro nella vita privata, Anatroni è un fumetto innovativo per le vicende prive di una particolare continuità e per la contrapposizione tra vicende umoristiche e drammatiche.
Negli anni '80 emerge la scuola di pensiero francofona., basata su storie auto conclusive di una sessantina di pagine. Ne sono un esempio Alack Sinner e Nick Raider, due fumetti simili per il forte realismo e per la rigorosa introspezione dei personaggi. Precursori del “giallo”, questi due fumetti trattano delle vicende di due normalissimi agenti di polizia in un'America dalle atmosfere crude e realistiche.
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Soft boiled.it Golem.it |
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Febbraio 2023
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