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22/4/2017

Bertolt Brecht: per una drammaturgia socialista

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di Andrea Di Carlo
Bertolt Brecht (1898-1956) rappresenta uno dei più importanti esponenti della letteratura tedesca del Novecento; ha spaziato dalla narrativa, alla saggistica, alla poesia ma la sua produzione più illustre è quella teatrale, tra cui si annoverano Leben des Galilei (1938-1956, in più versioni legate al suo esilio, “Vita di Galileo”) e Mutter Courage und ihre Kinder (1939, “Madre Coraggio e i suoi figli”).
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La sua formazione luterana segnerà in modo particolare il suo stile e la sua lingua, a causa della lirica religiosa e della riflessione linguistica del grande riformatore tedesco. Come ho già evidenziato, Brecht è passato alla storia per la rivoluzione teatrale, enunciata nell’opera teatrale a contenuto saggistico Die Rundköpfe und die Spitzköpfe (1936, “Teste tonde e teste a punta”). Il drammaturgo dichiara definitivamente finita la drammaturgia aristotelica per delinearne una di impianto marxista. Si supera la catarsi (la purificazione dalle emozioni che gli spettatori vivevano nella rappresentazione) per arrivare al cosiddetto straniamento: il pubblico non è più invitato a partecipare emotivamente sulla scena, ma a riflettere su ciò che vede. Per ottenere ciò, Brecht si affida a canzoni o striscioni, i quali hanno uno scopo didattico e non più morale.   
Il teatro brechtiano non è più classico-aristotelico, basato sui precetti della Poetica, ma è invece di ordine marxista-materialista: si assiste a una descrizione scientifica della realtà, con un’attenta rappresentazione dei contrasti e dei dissidi sociali. Questo nuovo ordine sociale si ritrova nella “Vita di Galileo”.
Il dramma è stato soggetto a diverse riscritture, legate all’esilio dello scrittore e al suo rapporto problematico con la figura stessa di Galileo: se nella prima stesura lo scienziato italiano è rappresentato come vittima del sistema oppressivo della Chiesa romana, lo stesso non si può dire delle versioni successive, dove lo scienziato pisano è ormai diventato un codardo che, invece di sacrificarsi per il bene e per l’amore della scienza, preferisce salvare la pelle e abiurare di fronte alle torture del Sant’Uffizio.
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In “Madre Coraggio e i suoi figli” i dolori e la tragedia della II Guerra Mondiale sono simboleggiati da un altro sanguinoso conflitto che vide protagonista un intero continente, la Guerra dei Trent’Anni. Ricorrendo alla sovrapposizione dei piani storici e a cartelloni, il messaggio di Brecht diventa potente: la guerra uccide tutti e ci rende tutti più poveri.

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La tensione politica si respira anche in poesia, specialmente in “Domande di un lettore operaio”, dove lo scrittore fa sue la posizione di Walter Benjamin sul corso della storia: tutti si ricorderanno delle imprese di Giulio Cesare o Alessandro Magno, ma nessuno mai ricorderà il contributo dato ai trionfi dalle persone minori, come i costruttori delle porte di Tebe.
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Ho scelto di parlare di Bertolt Brecht poiché rappresenta uno dei più importanti drammaturghi e intellettuali del Novecento, ma soprattutto perché il suo messaggio etico e politico è di fondamentale importanza, in un’epoca dove ci accingiamo a rivivere la minaccia della guerra o l’affacciarsi di dittatori spietati.
 
Immagini tratte da:

https://pbs.twimg.com/media/CD2-hzPWIAMytwX.jpg
http://oubliettemagazine.com/wp-content/uploads/bertolt-brecht.jpg
http://www.einaudi.it/media/img/978880606296MED.jpg
http://www.einaudi.it/libri/libro/bertolt-brecht/madre-courage-e-i-suoi-figli/978880606346
 
 
 

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