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27/10/2018

“Chiaro di luna” di Lorenzo Vanni

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di Eva Dei
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Chiaro di luna edito da Calibano Editore è un romanzo di un giovane scrittore di Piombino: Lorenzo Vanni, classe 1989, niente meno che una delle nostre fidate penne della rubrica letteraria.
La passione per la letteratura inglese, nella quale per altro è laureato, si evince già dalle prime pagine. Ci troviamo a Grandtown, località che potremmo collocare idealmente sulla costa inglese o irlandese, in ogni caso una terra di cui lo stesso protagonista ci dice nell’incipit di aver “dimenticato il nome”. Anche l’epoca non è ben specificata, ma sicuramente ci collochiamo in un tempo passato, feudale. Il protagonista è Jude, il giovane figlio di Philip Lockster, uno dei signori che governano quelle terre. Il conflitto tra i due si delinea fin dalle prime pagine e rappresenta non solo lo scontro tra due generazioni, ma soprattutto fra due visioni del mondo e della vita completamente antitetiche. Lockster padre è un uomo che ha come unica fede quella economica: la produzione, il denaro, la razionalità sono i baluardi su cui ha eretto il suo mondo, seguendo le orme del suo mentore e altro signore di Grandtown, Edwin Monger. Nel momento in cui si confronta con Jude, per mostrargli quale sarà la sua eredità e il suo futuro, si rende conto che la visione del figlio è completamente diversa: se nella paura dei contadini Lockster vede timore reverenziale, riconoscimento della sua autorità e del suo nome, Jude scorge solo un grande disprezzo. Quest’ultimo ha un’anima sicuramente più affine alla madre: crede in un disegno più grande che non schiacci l’animo umano, riducendo il singolo a un mero numero all’interno di una catena di produzione e di soprusi. Monger e Lockster definiscono spregevolmente chi sostiene queste posizioni come “Poeta”; infatti Jude non è l’unico sostenitore di questo pensiero e il conflitto tra padre e figlio è solo un riflesso di un conflitto più grande che presto sconvolgerà l’ordine costituito di Grandtown. A questo si unisce una misteriosa e conturbante ragazza che in una sera solitaria Jude incontra sulle scogliere vicine alla città. A questo punto il soprannaturale entra nella narrazione, proprio con questo personaggio, Claire, che, presentandosi come “figlia della luna”, dimostra un’affinità profonda e quasi inquietante con Jude, tanto da sembrare quasi un suo alter ego.
Una scrittura eterogenea alterna un intreccio ben costruito che ci restituisce una realtà dalle tinte grigie, quasi gotiche, dove la natura è specchio dell’esistenza umana, ma anche emblema più grande della bellezza e della violenza del mondo. Dall’altra parte, durante la narrazione la voce dei personaggi si lascia andare a riflessioni profonde di carattere generale sulla condizione umana.
 
Ovviamente, dopo la lettura, abbiamo avuto la possibilità di fare qualche domanda all’autore. Ecco una nostra breve intervista per incuriosirvi, senza anticiparvi troppo riguardo alla sinossi.
 
Per prima cosa consentimi un appunto, non tanto al libro in sé ma più al modo in cui molti siti di e-commerce lo hanno catalogato: fantasy. Non sono completamente d'accordo, perché pur contenendo un certo lirismo e qualche elemento diciamo soprannaturale, ho ritrovato il genere molto più simile ad alcuni contes philosophiques, un po' come Candide e Zadig di Voltaire per intenderci. La mia interpretazione è completamente sbagliata o ti ci ritrovi?
 
Nemmeno io sono d'accordo sull'etichetta che è stata attribuita al romanzo. La mia intenzione era sempre stata quella di scrivere un'opera che si potesse inserire nel filone gotico; da un lato mi sono tenuto al gotico classico di fine Settecento per quanto riguarda l'ambientazione, e per il focus sulla psicologia di Claire e Jude è stato importante il gotico di fine Ottocento. Come scrittore ritengo di avere un'impostazione filosofica prima ancora che narrativa sebbene questa abbia un ruolo di primo piano in ogni caso; più di Voltaire, sento Nietzsche vicino alle mie corde, come credo sia evidente dal testo. 
 
La storia è anche un espediente narrativo anche per parlare della società, del lavoro, della fede (di qualunque tipo); sono abbastanza ricorrenti momenti in cui i personaggi, in concomitanza con eventi che spesso li mettono alla prova, si lasciano andare a riflessioni sulla loro visione del mondo. Quale era la tua intenzione dietro a tutto questo?
 
Mi interessava mostrare come il tema socio-economico sia affrontabile anche in un'ottica filosofica. Se osserviamo la crisi economica, il ruolo dell'individuo nella società odierna e lo statuto della fede vediamo che risalgono tutti allo stesso problema, ossia quello del nichilismo di cui però in pochi si rendono conto. Nietzsche serve anche per questo.
 
Chiaro di luna è la tua prima opera? Cosa ti ha spinto a scriverla e ti sei ispirato a qualche autore o a qualche lettura in particolare?
 
Sì è la mia prima opera. L'ispirazione, o parte di essa, mi era venuta da un viaggio in Irlanda dove avevo visitato le scogliere di Moher a cui in gran parte si rifanno quelle di "Chiaro di luna". E poi mi stimolava l'idea di creare una storia che avesse come modelli Emily Bronte e Charles Dickens, anche se pensandoci ora credo di avere un debito enorme verso un film, "Lasciami entrare" di Tomas Alfredson del 2008 e tratto dal romanzo di Lindqvist.
 
Pensa ai lettori che vagano tra scaffali e siti online alla ricerca di una nuova lettura: perché dovrebbero scegliere Chiaro di luna?
 
Perché Chiaro di luna è un romanzo che si rifà ai classici dell'Ottocento, il secolo a cui appartengono i grandi romanzi che oggi tutti amiamo. Prende i classici ottocenteschi come modelli, ma non ha paura di tradirli in questo modo attualizzandoli, pur con rispetto. Se un possibile lettore ama i grandi classici, troverà punti di interesse in quanto è scritto nel mio libro.
 
Immagini tratte da: foto gentilmente fornita dall’autore.
 
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