Max Dessoir, importante teorico dell'estetica, dedica la propria opera, in primo luogo, alla psicologia e, in particolare, all'estetica, nel cui campo, e con la parentesi del nazismo, esercitò un grande influsso fino alla morte, avvenuta nel 1947. In Estetica e scienza generale dell'arte, pubblicata nel 1906, Dessoir raccoglie ed espone con straordinaria chiarezza numerosi materiali storici e artistici propri all'estetica europea dell'ottocento, aprendoli a nuove prospettive. Max Dessoir, a differenza di altri filosofi (Bash, Croce, Schlegel, Rosenkratz), che ponevano al vertice il bello e il sublime, ritiene che il bello non può più essere l'unico e indiscusso valore estetico. La bellezza, che da sola non può più caratterizzare il campo dell'arte, che include nella propria sfera una molteplicità di categorie, viene messa in discussione e al brutto è riconosciuto un significato estetico. Il brutto, a poco a poco, raggiunge una propria autonomia e, se l'arte non può più definirsi “bella”, il brutto non può essere definito come “inestetico”.
Con Dessoir, pertanto, avviene una violenta rottura delle norme di gradevolezza: quel legame indissolubile tra la rappresentazione del bello e il piacere che ne deriva viene sostituito dal godimento estetico per ciò che è inestetico. Se nell'illuminismo si ricerca «il bello (che) è forma perfetta di un mondo che non è conoscibile, perché per conoscerlo occorrerebbe una conoscenza di tipo superiore», tanto da essere il canone normativo (il bello è qualcosa che deve ispirare sensazioni estetiche piacevoli, gradevoli, e per far ciò deve nascere dalla perfezione delle forme, dalla loro armonia, regolarità, equilibrio), a partire da Kant questo valore universale viene messo in crisi.
Il sublime, sentimento misto di sgomento e di piacere, determinato da una bellezza incommensurabile (grandi sconvolgimenti, fenomeni naturali che suscitano nell’uomo il senso della sua fragilità e finitezza), si traduce spesso, nell'arte romantica, nella rappresentazione di rovine, che ispirano la sensazione del disfacimento delle cose prodotte dall’uomo, dando allo spettatore l'apprensione del tempo che passa. L'estetica, pertanto, si rivela come lo studio di una serie di sensazioni molto più vaste e composite di quelle che riguardano il mondo dell'artistico. Introspezione, soggettivismo, rivalutazione dei canoni estetici tradizionali finiscono per portare, dalla prima metà dell'800, a un mondo che andrà riconsiderato nella sua specificità come un momento di incontro, di interessi ed esperienze diverse, che riguardano sia gli aspetti produttivi dell'opera d'arte sia i suoi lati culturali e sociali. Fonti M.Dessoir, Estetica e scienza generale dell'arte. I concetti fondamentali Ludwig Wittgenstein, Tractatus Logico-Philosophicus., Fratelli Bocca editori, Roma-Milano, 1954
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Febbraio 2023
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