di Tommaso Dal Monte Nell’ultimo anno mi sono appassionato ai libri di Emmanuel Carrère. Ho iniziato a leggerli in modo disordinato, partendo dai testi più famosi (Limonov; L’avversario) per recuperare poi le ultime uscite (Yoga) e infine alcuni libri che mi interessavano sotto l’aspetto narratologico (Vite che non sono la mia; La vita come un romanzo russo). Desideroso di conoscere più a fondo lo scrittore francese, sono risalito agli inizi della sua carriera ed è così che ho incontrato I baffi. Scritto ad inizio anni Ottanta e pubblicato nel 1986, I baffi è un romanzo puramente finzionale, che non gioca sull’ibridazione tra vita vera e invenzione come Carrère è solito fare. La trama è semplice: il protagonista, un uomo di cui non viene fatto il nome, si taglia i baffi, curati ed esibiti per dieci anni su un volto glabro, ma nessuno se ne accorge. Inizialmente pensa a uno scherzo architettato dalla moglie Agnès, ma esso si protrae troppo a lungo e arriva a minare non solo l’equilibrio della coppia, ma anche la salute mentale dei due. Tuttavia Agnès, come altre persone interrogate, continua a negare che quei baffi siano mai esistiti; le foto dell’uomo scompaiono, alcune sono deturpate all’altezza della bocca, la domanda rimane senza risposta. La situazione degenera finché, dopo aver accettato di farsi visitare da uno psichiatra, l’uomo pensa a una congiura ordita contro di lui e fugge prima a Hong Kong, poi a Macao. Qui cerca di ritrovare un equilibrio, ma l’arrivo di Agnès (o era sempre stata lì con lui?) lo getta in una disperazione che prepara la tragica scena finale. Il libro non è troppo originale, ma alcuni aspetti formali aumentano la forza del romanzo e certificano l’abilità del suo autore. Carrère, infatti, impiega un narratore esterno a focalizzazione interna fissa sul protagonista: questo vuol dire che il lettore conosce solo i pensieri dell’uomo che si è tagliato i baffi – o che almeno così dice – mentre vede tutti gli altri dall’esterno. Questo meccanismo dovrebbe indurci a identificarci e ad assumere il punto di vista del protagonista ‒ un po’ come quando, in Shutter Island, facciamo il tifo per Di Caprio e siamo convinti che sia al centro di un complotto per essere internato ‒, ma in realtà l’accesso all’interiorità del personaggio principale ci rivela solo una mente paranoica e inaffidabile. In tal modo è impossibile capire con precisione chi sia davvero il pazzo e il privilegio della focalizzazione non orienta la risposta alla domanda su cui si regge la trama: i baffi sono mai esistiti? Ma il punto che più mi preme sottolineare riguarda l’aspetto puramente tematico del libro. Uno dei motori dell’azione è il tentativo del protagonista di trovare delle fotografie in cui ha i baffi. Siamo negli anni ’80, quindi il mondo dell’immagine è ancora per la maggior parte vincolato all’analogico e all’individuo: nessuna persona ordinaria diffondeva le proprie fotografie, che avevano per lo più una circolazione domestica. Agnès però sottrae le foto al marito, alcune risultano deturpate e irriconoscibili e insomma il protagonista non può provare di aver sempre portato i baffi.
Si sarebbe potuto ambientare un libro così nel 2021? Credo di no. Se il protagonista dei Baffi avesse avuto un profilo Instagram, con qualche bel selfie scattato durante le vacanze, nessuno avrebbe potuto farlo dubitare del proprio aspetto fisico, la moglie non avrebbe potuto manomettere quelle foto e non avrebbe potuto convincere tutti i suoi followers a fargli credere che lui, quei baffi, non li aveva mai avuti. Un elemento del mondo extratestuale come i social network ha limitato – o reso difficilmente applicabili – delle soluzioni narrative che valevano solo pochi decenni fa. La portata di questa semplice e per certi versi ovvia osservazione non è di poco conto e mi sembra confermare la completa eteronomia tra letteratura e mondo. Come prodotto di una società e di una cultura, l’arte ne è sempre intimamente legata, ne discende anche se non ne dipende completamente. È quindi molto interessante osservare come uno degli scrittori viventi più importanti e riconosciuti abbia scritto, all’inizio della propria carriera, un’opera che oggi non avrebbe più spazio. Il tempo invecchia in fretta, ma per fortuna la letteratura rimane. IMMAGINI: Immagine 1: La Repubblica Immagine 2: Blog di carezze di carta
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Maggio 2023
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