Un turbinio inarrestabile Di Cristiana Ceccarelli Fuga senza fine è un romanzo di Joseph Roth, scrittore e giornalista austriaco, pubblicato per la prima volta nel 1927 che racconta la storia di un solo personaggio. “Non ho inventato né aggiustato nulla. Ormai non si tratta più di creare. L’essenziale è ciò che si è osservato.”, scrive Roth nella premessa. E la storia del suo amico, di cui appunto racconta, è tratta dai suoi appunti e racconti, in un susseguirsi di eventi storici che se non si riducono a sfondo, sono inscindibili da questa melliflua figura che è Franz Tunda, il protagonista.
Un unico personaggio che al lettore risulta centrale non solo della sua storia personale ma anche di tutte le vicende dell’epoca che attraversa in modo inconscio ma attivo. Franz infatti sembra essere il centro del mondo e dell’universo intero; tutto sembra ricondurre a lui, che non cerca ma viene trovato, come un catalizzatore involontario di una vita fin troppo senza senso per fermarsi a cercarlo. Ecco allora che durante la sua storia è un ufficiale asburgico e poi un rivoluzionario dell’armata rossa, amante di una combattente che vuole quello che dice di disprezzare e poi fidanzato di una muta paesana di un paese lontano: Franz vive i primi anni di governo sovietico e un’Europa difficile, e passa attraverso tutte queste realtà senza arrestarsi mai. Questa sua fuga senza fine non ha una vera e propria ragione, non è per coraggio o codardia né per curiosità, è un vento che spinge e basta, che spinge non con inquietudine ma con la quiete di chi prende consapevolezza che non c’è altro senso se non il vivere stesso e quindi, non ha nulla da perdere. Tunda vive, e vive mille vite diverse rimanendo sempre lo stesso: un uomo che non ha niente e che a niente appartiene; e in questo personaggio possiamo ritrovare un po’ l’accenno biografico dello scrittore stesso e della sua vita da nomade. Una vita di scelte apparenti per un implacabile destino da disperso. Una storia che a strati spoglia il protagonista delle proprie conquiste occasionali, una rovina a cui sembra contribuire per divertimento alla sfida della vita stessa, fino al ripiegamento nichilista su una scalinata parigina. Tunda, come altri personaggi innovativi della letteratura (Holden, Gatsby), è un personaggio nuovo e brutalmente critico ed evocativo, vero, che cattura per l’imprevedibilità e l’intransigenza verso il mondo; un’intransigenza che in realtà non si potrebbe permettere, perché non fa niente, non costruisce o aiuta. Il suo passaggio è quasi invisibile nel mondo perché inconsistente, il suo fievole contributo inutile perché non convinto. Eppure lo è, si permette di esserlo, e questa intransigenza attrae il lettore e innesca un profondo processo di identificazione che lo fa avvicinare talmente tanto da considerare il libro quasi come una guida non da emulare ma a cui fare riferimento quando l’esistenza sembra acquisire la pesantezza che ha; perché Fuga senza fine è proprio uno di quei romanzi che collauda il mondo che lo ha creato, che testa la propria società paradossalmente cristallizzata in un continuo e sempre più veloce divenire di mobilità persistente. Benvenuta modernità, sembra dirci. Ecco cosa sembra aspettarci o cosa già c’è dietro l’angolo, ci avverte. I critici hanno indicato questo libro come quello più vicino a Roth e alla sua grande sensibilità alla disgregazione del mondo moderno, una disgregazione sofferta che si ripiega sulla vita di chi dalla modernità è costantemente cercato. Un’ambivalenza dalle linee limpide e concrete che si traduce in tanti viaggi senza meta alcuna se non il viaggiare del tempo stesso.
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Maggio 2023
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