Un po' strana, la genesi di questo libro di Baricco, almeno a sentire l'autore. Innanzitutto, I Barbari (edito da Feltrinelli) è un saggio. Anzi, per essere precisi, un saggio sulla mutazione: e scoprire cosa sta mutando, in che modo e per quale motivo, è l'obiettivo delle 213 pagine in cui si snocciola il Baricco-pensiero. Uscito a puntate nel 2006 su La Repubblica, e poi raccolto in volume, I Barbari vuole essere una riflessione in divenire su un mondo che cambia più velocemente di quanto noi siamo in grado di comprenderlo, rischiando di sfuggirci di mano: i barbari, proprio loro, ne sono la prima avvisaglia. Le branchie dietro le orecchie «Tutti a sentire, nell'aria, un'incomprensibile apocalisse imminente; e, ovunque, questa voce che corre: stanno arrivando i barbari». Sì, perché i barbari sono già qui. Rappresentano il cambiamento, la rottura con la tradizione, la «trasvalutazione di tutti i valori». Sono quelli che respirano con le branchie dietro le orecchie, quelli che a noi sembrano strani o pericolosi, che rovesciano la tradizione in nome del nuovo. I barbari abbandonano i libri, la cultura in senso forte e il Chianti d'annata per la giungla dell'ipertesto, i reality show e i fast food. Qualcosa sta cambiando: loro sono il risultato della mutazione, o l'antipasto dell'evoluzione. L'obiettivo di Baricco è di studiarli per decifrarne il modo di pensare e riuscire così a comprendere il senso della mutazione. Per capire come mai la cultura romantica su cui, fino a qualche decennio fa, si è avvitata la civiltà occidentale, stia cedendo il passo rispetto all'incalzare di una nuova forma mentis. E per farlo bisogna passare attraverso il vino, i libri, il calcio e la Nona di Beethoven. Senza dimenticare (ed è questo uno degli spunti più interessanti del libro: peccato che non venga approfondito) che anche la nostra civiltà è (o è stata?) il risultato di un'invasione barbarica. A guardar bene, Beethoven era uno dei barbari. Dal vino d'annata alla muraglia cinese I Barbari è tutto tranne che un saggio accademico: lo stile è colloquiale, gradevole, ironico e suggestivo. Leggerlo, da questo punto di vista, è un piacere. Eppure, si ha l'impressione di trovarsi di fronte ad una galleria delle curiosità travestita da British Museum. Una carrellata di aneddoti a volte bizzarri, di citazioni colte e tesi di fondo non sempre condivisibili, confezionati con una prosa accattivante e furba, non è abbastanza. Si arriva alla fine sicuri di aver colto un'idea di fondo, di aver inquadrato il problema ed il punto di vista generale dell'autore: ma mancano i dettagli, la definizione dell'insieme e l'esposizione chiara di quest'idea. Baricco parla sempre per metafore: accattivanti, ma a volte vuote. Non vi sto sconsigliando di leggere I Barbari: la lettura non annoia, ed il libro è attraversato da buoni spunti per riflettere sul valore della cultura e sui percorsi di senso che ogni civiltà si costruisce per orientarsi nel mondo. Eppure, viene da chiedersi se lo stesso Baricco non sia, a sua insaputa, uno dei barbari di cui parla. IMMAGINI TRATTE DA:
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Febbraio 2023
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