Saul, tragedia di Vittorio Alfieri in endecasillabi sciolti, strutturata in cinque atti tratta dalla Bibbia, è incentrata sulle ultime ore di re Saul nell'accampamento di Gelboè durante la guerra contro i filistei. Se nei primi atti Saul oscillava tra affetto e invidia, lucidità e follia, ira e depressione, con il profilarsi di una risoluzione positiva, nel quinto atto ogni speranza è vana. Il destino di Saul non è altro che coronata polve, una corona destinata alla polvere.
Interiormente combattuto fra amore e odio, tracotanza e consapevolezza della prossima catastrofe, Alfieri porta in scena il dramma di un uomo anziano che, a malincuore, deve lasciare il regno a Davide. Saul, logorato nell'animo dall'impossibilità di cedere il trono al suo figlio naturale Gionata, scende in “guerra” contro tutti, vedendo nei suoi figli, nei sacerdoti e nello stesso popolo di Israele dei possibili responsabili della sua triste sorte.
Il peccato di superbia, nonché l'incapacità di accettare la sua umanità, finiscono per creare un inevitabile e insanabile conflitto contro Dio, il cui allontanamento è metafora di un uomo che si è allontanato da se stesso e che, trasportato dalla invidia verso Davide e dalla sua smisurata superbia, lo rendono tremendamente solo. Accecato dal suo ego e riponendo tutto il mondo all'interno del suo io, Saul finisce per escludere dalla sua vita la realtà oggettiva.
Prigioniero del groviglio dei suoi sentimenti contrastanti, Saul cerca di rievocare il glorioso passato, il tempo dei successi e delle innumerevoli vittorie in battaglia invano, finendo, alla fine, per commiserare se stesso. In preda a allucinazioni, Saul sente ormai compiersi il destino mosso dalle sue stesse azioni. L’ombra tremenda e adirata di Samuele, i cui occhi sono iniettati di sangue, spaventano Saul a tal punto che deve intervenire Micol per cercare di tranquillizzarlo. Durante questa crisi irreversibile Saul solo per un attimo mostra un barlume di lucidità, comprendendo come il suo atteggiamento superbo e sfrontato abbia recato danno ai suoi figli, a Davide e a tutto Israele. Non si giustifica a Dio – a cui non sa chiedere perdono - ma dentro di sé capisce che come uomo, padre, e re di Israele ha miseramente fallito.
Destato dai suoni della battaglia Saul corre a prendere le armi ma, arrivato al campo, scopre che tutti i suoi compagni, a eccezione di Micol, sono morti. Tu sola ormai, ma non a me rimani, dice Saul amareggiato. Saul sa che Micol è rimasta in vita non per lui ma per suo fratello Davide, ma non per questo decide, come estremo gesto di amore, di salvarla da morte certa. Portata da Abner in terre sicure, dopo essersi accertato che non venga catturata dai Filistei, Saul, nella solitudine, medita di togliersi la vita. Senza i suoi figli, consapevole di essere vittima delle sue ansie e della sua superbia, sospeso nel labirinto della sua ira e della sua follia, abbandonato da Dio, dai sacerdoti e dal popolo di Israele, prende la spada e si lascia cadere sopra.
Se la morte è da protagonista, Saul sceglie di fare altrettanto compiendo l'ultima delle sue contraddizioni. Sceglie il suicidio per ribadire la sua titanica volontà, la sua superiorità rispetto a Dio e, al tempo stesso, pone fine al tiranno che è in lui. Immagini tratte da: frammentiarte
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Maggio 2023
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