“Ritengo che una delle ragioni principali del male di cui soffriamo sia nella frenetica esteriorizzazione e nella moltiplicazione della forza, spinta all’infinito; consiste inoltre in un’anormale facilità introdotta negli scambi da uomo a uomo, tale da non lasciare più al pensiero il tempo di riprendere radici in se stesso. Siamo tutti in preda alla disperazione della macchina, a tutti i livelli della nostra riflessione.” Commediografo, attore e regista teatrale, Antonin Artaud (Marsiglia, 4 settembre 1896- Ivry-sur-Seine 1948) è stato soprattutto, come possiamo intuire da questo piccolo stralcio, un pensatore rivoluzionario e attento osservatore dei lati oscuri del “collettivo” e dei mali della comunicazione e del linguaggio. “Linguaggio” è una delle parole chiave su cui soffermarsi per capire l’opera di Artaud che sovverte la concezione usuale di parola riportandola alla sua originale potenza segnica e sensitiva. Questo e molto altro possiamo trovare nel celebre libro “Il teatro e il suo doppio”, dove l’ammirazione verso le forme orientali di teatro e in particolare la fisicità ritualizzata e codificata della danza balinese, gli ispirò le teorie esposte in due manifesti del “Teatro della Crudeltà”. Ma fermiamoci un istante..mentre scrivo di Artaud e del suo “Teatro della Crudeltà”, mi rendo conto che il termine “crudeltà” necessita di essere spogliato dalla consueta accezione negativa che siamo portati a dargli. E ne cerco l’etimologia: -dal latino crudelitas ; i latini facevano una differenza tra sanguis (il sangue che fluisce nelle vene) e cruor quello che fluisce dalle ferite. La crudeltà è quindi il desiderio di far uscire sangue da chi ci sta intorno. Bene! Continuate a leggere cercando di mettere da parte il binomio bene/male in cui si è soliti inserire la crudeltà; solo così potrete entrare a contatto con l’essenza dell’opera di Artaud. La crudeltà in Artaud, infatti, non è sadismo e dolore fine a se stesso, ma catarsi. Nel Teatro della Crudeltà Artaud elabora una sorta di linguaggio iniziatico in cui la parola deve farsi corpo, deve sentirsi materialmente. Le parole da una parte sembrano spogliarsi di significato e di logica, dall’altro aggiungono senso, un nuovo senso potente, magico, crudele e trasformante. Il linguaggio si fa azione e denuncia; denuncia vera e spesso anche lungimirante contro i crimini connessi dal capitalismo americano così come dal comunismo russo di Stalin. Lo scopo di tale teatro è quello di suscitare l’esigenza di un vivere collettivo, per cui attraverso il dolore emerge l’esigenza della rinascita, della vita e dell’unione umana. Artaud rifonda il teatro attraverso una parola nuova, ma non innovata: le parole sono corpi reali e il loro suono è vita e non semplice rimando ad essa. La crudeltà è anche in questo: nel mettere a nudo i conflitti sociali del mondo e le contraddizioni della vita reale, facendole sentire e vivere sulla pelle dello spettatore. Un altro particolare del teatro di Artaud è che lo spettatore non ha alcuna via di fuga, solo la possibilità e il dovere di guardare, partecipare e interagire con quello che ha davanti, annientando ogni distanza. Lo spettacolo deve realizzarsi intorno allo spettatore sfruttandolo come fulcro su cui ruota tutto. Come lo stesso Artaud scrive: “Giochiamo la nostra vita nello spettacolo che si svolge sulla scena. Se non avessimo ben chiara e profonda coscienza che una parte della nostra vita profonda vi è impegnata, non riterremmo necessario proseguire la nostra esperienza. Lo spettatore che viene da noi sa di venire a sottoporsi a un’operazione vera, dove sono in gioco non solo il suo spirito ma i suoi sensi e la sua carne. Andrà ormai a teatro come va dal chirurgo o dal dentista. Con lo stesso stato d’animo, pensando evidentemente di non morire per questo, ma che è una cosa grave e che non ne uscirà integro. Se non fossimo persuasi di colpirlo il più gravemente possibile, ci considereremmo impari al nostro impegno più assoluto. Egli deve essere convinto che siamo capaci di farlo gridare.” Artaud voleva proprio far scorrere il sangue, quello provocato da una ferita, e mi piace pensare che le grida che sogna di ascoltare non siano di dolore bensì di liberazione. Bibliografia
- A. Artaud, Il teatro e il suo doppio, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino 2000 Immagini tratte da: http://theredlist.com/wiki-2-24-525-970-1073-view-1930s-5-profile-antonin-artaud.html
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Febbraio 2023
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