IL TERMOPOLIO
  • Home
  • Rubriche
  • Cookie
  • Chi siamo

25/2/2017

“Io ci sto fra i migranti’’ – Rosario Sardella ci racconta l’opera scritta per Istos Edizioni

0 Commenti

Read Now
 
Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Rosario Sardella, giornalista pubblicista   e inviato di Tv2000 che ci ha raccontato della sua esperienza nel campo di volontariato nella Puglia del caporalato e della raccolta del pomodoro. 
Foto

​di Salvatore Amoroso
Foto
Il lavoro di Rosario Sardella è composto da due fasi: una dove si è immerso nel CARA (Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo) e nei campi di pomodoro, diventando addirittura bracciante e un’altra dove, insieme a 15 volontari provenienti da Pisa, è riuscito attraverso il loro grande contributo a raccogliere le testimonianze di un viaggio incredibile. Un viaggio che nasce dall’incontro con Carlo Scorrano, volontario ed editore della casa editrice Istos Edizioni. Unendo le loro idee i ragazzi danno vita al racconto di una Puglia che all’improvviso si trasforma in Africa, la movida sfrenata di Gallipoli da una parte e lo sfruttamento di esseri umani dall’altra, l’altro triste volto di una regione che non conoscevamo e di cui ignoravamo l’esistenza. Il viaggio tra questi luoghi tinti di vergogna è fatto di posti, strette di mano o sguardi che si incrociano,  è anche questo  “Io ci sto fra i migranti”. Un libro vero, che racconta storie di vita vissuta. Coraggiosamente questi ragazzi hanno deciso di raccontare la verità, hanno scelto di riportare le testimonianze dei vari migranti prendendosi un’enorme responsabilità. Rosario, durante l’intervista, mi confessa che il libro è dedicato a un ragazzo, che purtroppo non è più tra noi, a cui i ragazzi avevano promesso di pubblicare il racconto. Il primo scopo di “Io ci sto fra i migranti” è quello di non dimenticarsi: si evince dagli sguardi e dagli abbracci sinceri di queste persone quanto sia forte il legame che li unisce. É un libro che parla di educazione civica, di accoglienza ma soprattutto di solidarietà ed è giusto che venga portato in tutte le scuole italiane per fare un’opera di sensibilizzazione come hanno fatto a Pisa Rosario, Carlo e tutto lo staff di Istos edizioni. I ragazzi durante l’intervista ci tengono a dire che questo è un investimento della casa editrice e l’intenzione non è affatto quella di guadagnarci: il ricavato dalla vendita andrà devoluto al ghetto di Rignano. Un progetto che nasce dal basso e da questo trae la sua forza per andare avanti. Sono queste le storie che vorremo sempre ascoltare nel nostro paese; un gruppo di ragazzi che in silenzio si è rimboccato le maniche e, attraverso umiltà e pazienza, sono riusciti a dare vita a un progetto straordinario. Anche se concederete un solo minuto di riflessione per questo libro, per questi ragazzi sarà già una vittoria. Leggendo le pagine di questo diario di viaggio sposerete la causa e credetemi difficilmente riuscirete a non appassionarvi a queste storie. Io ci sto frai i migranti combatte una battaglia per educare ed è per questo che è importante farlo girare all’interno degli istituti scolastici nazionali. Una risposta forte a tutte quelle false notizie che girano sui social, al pregiudizio, all’indifferenza dei tanti italiani che preferiscono voltarsi dall’altra parte. Oltre all’intervista che ci ha rilasciato il giornalista Rosario Sardella troverete in basso il reportage: Io ci sto, realizzato da quest’ultimo per la rete televisiva Tv2000.
 
Rosario parlaci un po’ di te e delle tue esperienze.
Sono un giornalista siciliano ed è più o meno da sette anni che svolgo questa professione. Ho iniziato a Catania con Sud Press, un free press che si occupava di mafia e antimafia. Inizio lì a muovere i primi passi con un’inchiesta che ha come protagonisti le miniere e l’infiltrazione mafiosa. Con questa mia indagine vado in finale per il premio Roberto Morrione. Da tre anni collaboro con testate regionali e nazionali e tutt’oggi lavoro con Tv2000 come inviato in un programma che si chiama Siamo Noi. Stiamo seguendo un progetto con TV2000 che mette l’uomo al centro del racconto. L’esperienza con questa rete mi porta ad andare a Foggia, per conoscere più da vicino il fenomeno del caporalato nei campi di pomodoro pugliesi.
Parlaci del ghetto di Rignano e la dura realtà del cara di Borgo Mezzanone.
Conoscevo già la drammaticità del caporalato ma non conoscevo la specifica condizione del foggiano, ovvero il ghetto di Rignano Garganico. Non c’ero mai stato e non conoscevo nemmeno la realtà del cara di Borgo mezzanone anzi prima di visitare questi luoghi io non sapevo nemmeno che ce ne fosse uno a 14 km da Foggia, in questo piccolo comune che si chiama Borgo Mezzanone. Tv2000 mi dà l’occasione di partire come inviato per un mese ospitato dai padri Scalabriniani che sono i padri che si occupano di migranti nel mondo. In Italia nello specifico si occupano di alcune missioni, tra queste ovviamente c’è la realtà di Borgo Mezzanone. Decidiamo quindi di raccontare il dramma di chi arriva in Italia e si trova in condizioni di sfruttamento totale, questi ragazzi guadagnano 3 miseri euro a cassone, ma vogliamo raccontarlo da un punto di vista diverso e cioè raccontando l’esperienza missionaria di volontariato dei padri Scalabriniani e di quei giovani italiani che alla richiesta d’aiuto dei padri hanno risposto “io ci sto’’ e decidono di partecipare alla missione per dare il loro contributo.
Parlaci del lavoro dei volontari, che si sono dovuti confrontare con le dure condizioni dei CARA. Spiegaci come funzionano questi luoghi e com’è possibile che un migrante venga sfruttato per soli tre euro?
Questi ragazzi invece di andare in giro per l’Europa a fare baldoria hanno scelto di partire in estate per questa missione insegnando ai ragazzi stranieri l’italiano ma anche a riparare le biciclette, facendoli sentire ancora umani e importanti. Qui si parla di un tipo di volontariato diverso: non parliamo delle solite donazioni, non siamo andati li a regalare coperte o libri ma abbiamo cercato di distruggere questo sistema marcio, di attuare una vera e propria cooperazione, di rompere quel sistema assistenzialista che in Italia ha assunto un atteggiamento erroneo. Abbiamo insegnato loro la lingua italiana perchè la prima vera difficoltà che incontrano è proprio quella della lingua, ricordiamoci che questi ragazzi non conoscono una sola parola d’italiano. Dall’altra parte abbiamo insegnato ai migranti a riparare le loro bici, gli unici mezzi che gli consentono in quel territorio di scappare dalle grinfie dei caporali. Di solito i migranti vengono caricati in massa su un pulmino che arriva a trasportare trenta persone, ovviamente in condizioni di disagio e gli sfruttatori prendono a loro volta cinque euro da ciascuno di questi ragazzi per portarli nei campi di lavoro. Teniamo ben presente che queste persone per guadagnare tre euro devono riempire un cassone di 300kg e quindi che tutto dipende dalla forza dei ragazzi: più forte sei più cassoni riesci a riempire. Una vera e propria guerra tra poveri perchè chi non riesce a riempire tanti cassoni rischia di andare in debito nei confornti del datore di lavoro, dato che i migranti devono pagarsi pure il trasporto, una situazione a dir poco paradossale.
Attraverso un reportage di un mese ho avuto l’occasione di analizzare il fenomeno dei CARA, nati per creare l’integrazione ma tutto creano fuorchè l’integrazione. Ne è nato un video di circa 49 minuti che racconta attraverso gli sguardi di questi volontari italiani, circa 250 ragazzi dai 15 ai 30 anni, il progetto Io ci sto. Con le loro emozioni, le loro voci e ovviamente le preziose testimonianze dei migranti siamo riusciti a documentare tutto quello che accade in questi luoghi.
Vorrei ricordare che un paese civile si vede soprattutto dalle condizioni delle carceri e dall’accoglienza delle persone straniere; sono i valori dei diritti civili a fare la differenza e, se vogliamo essere sinceri, il  paese in cui viviamo non è tanto civile come crediamo. 
Foto
Quest’ultima tua frase mi ha davvero molto colpito, descrivici le condizioni in cui versano questi ragazzi stranieri.
Accanto alle due situazioni di cui ti parlavo troviamo anche il famoso “ghetto bulgari”, un lembo di territorio popolato da bulgari, lo mostriamo inoltre nell’ultima parte del reportage dove facciamo vedere le condizioni disumane in cui vivono queste persone. Siamo riusciti a entrarci grazie alla collaborazione di un migrante marocchino, conosciuto durante quel mese e con il quale siamo diventati quasi fratelli, un aiuto per me prezioso dal punto di vista giornalistico.
Da infiltrato sono andato a vedere come si lavora in questi campi di pomodoro raccogliendo le testimonianze di una donna rumena che lavorava come bracciante, tutto questo sempre non solo con l’occhio del giornalista ma anche di sociologo, perchè questo tipo di situazioni vanno prima vissute sulla propria pelle per poi poterle spiegare meglio alle tante persone che disconoscono queste situazioni. Mi sono messo al posto dei migranti, ho vissuto in prima persona queste storie e devo dire che è stata una forte esperienza empatica, una storia che rimarrà per sempre impressa sulla mia pelle.
Spesso ho vissuto situazioni di forte rischio, devo essere sincero: andare da un caporale e fingersi rumeno, mettersi a lavorare e nello stesso tempo cercare di filmare i fatti con la paura di essere scoperti è veramente difficile. Sono stato scoperto e riempito di insulti come potrai immaginare ma per fortuna ero circondato dalle persone giuste che con il giusto tempismo mi hanno tolto dai guai. É stato un lavoro pericoloso ma stimolante perchè tutto questo mi ha dato la forza e il coraggio per raccontare questa storia. Poco fa ti dicevo che le condizioni di un popolo civile si vedono dall’accoglienza e da quello che offre a chi viene da fuori: il ghetto bulgari è peggio del ghetto di Rignano, peggio per una semplice considerazione, la presenza smisurata di un elevato numero di bambini  molto piccoli che vivono in condizioni di fortissimo disagio, circondati da rifiuti.
Com’è avvenuto l’incontro con Istos edizioni e com’è nata l’idea di realizzare un libro?
 All’epoca non conoscevo ancora Carlo e la casa editrice Istos, ci conoscemmo lì sul campo, lui era un volontario e non era venuto a Foggia in qualità di editore, era un capo scout che accompagnava 15 ragazzi provenienti da Pisa, molti di loro frequentavano ancora il liceo. Dopo esserci conosciuti vengo a sapere che lui gestisce una casa editrice, la Istos appunto e gli confido il mio desiderio di scivere un libro sul documentario che stavo realizzando per TV2000. Gli dico che non volevo essere io a scriverlo ma avrei voluto che fossero i volontari a raccontare attraverso le loro parole e il  duro lavoro le emozioni che avevano vissuto partecipando a questa esperienza di volontariato. Io avrei semplicemente curato l’opera e le avrei dato insomma una forma narrativa. Lo scopo del libro non è quello di raccontare il fenomeno del caporalato pugliese e neanche fare un saggio pieno di dati e statistiche, ma solamente attraverso l’amore della scrittura: riscoprirsi e porsi delle domande, le stesse che ci eravamo posti durante quel mese. Inevitabilmente un’esperienza del genere ti segna, ti forgia e prima ancora ti invita a porti delle domande sulla forte situazione che hai vissuto. La mia intenzione era che queste domande non si perdessero nel tempo ma che rimanessero impresse sulla carta, il potere della scrittura no? Volevo dare un input: che se si vuole in condivisione si riesce a creare qualcosa di significativo, anche a distanza. Lo abbiamo scritto tutti insieme e siamo riusciti a mantenere la promessa che ci eravamo fatti, dando anche l’esempio agli altri volontari che non hanno collaborato alla realizzazione di questo libro. Carlo poi è stato magnifico. Si è mostato entusiasta fin dal primo momento in cui gli ho proposto la mia idea e mi ha inviato tutto il materiale che i 15 ragazzi hanno scritto. Con il libro volevamo continuare a camminare con le gambe dei volontari. Per curare il libro ci abbiamo impiegato un anno; è pieno di dettagli, di minuzie che non era facile ricordarsi, leggendo oggi alcune frasi riesco ancora a sentire la puzza di quei campi, un odore che non smetti di portarti addosso.
Quali sono i momenti che ti hanno più segnato di quest’esperienza che hai vissuto insieme ai volontari?
Avendo vissuto un mese in quella terra ho vissuto dell’esperienze al limite. L’ultimo giorno ad esempio mi sono ritrovato in mezzo a 40 profughi eritrei che ereano stati accompagnati da Lampedusa a Crotone e da Crotone erano arrivati a Borgo Mezzanone perchè in Calabria non c’erano più posti a disposizione. Quest’ultimi non volevano farsi registrare fornendo le impronte digitali perchè la loro intenzione non era quella di rimanere in Italia, come la stragrande maggioranza di quelli che arrivano sulle nostre coste. Hanno visto una croce che si ergeva nella struttura dove noi alloggiavamo e sono corsi a chiedere il nostro aiuto. Noi, ultimi volontari rimasti in quel momento eravamo allibiti, un’esperienza difficile da descrivere credimi, una di quelle cose che potrete leggere anche sul libro. Di norma è il giornalista che va a cercare il profugo per far notizia, per farsi raccontare la propria storia, i propri viaggi, le informazioni sui trafficanti mentre io invece quella mattina mi sono ritrovato in mezzo a 40 persone e abbiamo potuto ascoltare quelle storie in presa diretta. Storie orribili di persone che erano visibilmente segnate da quei viaggi: storie di ragazzi decapitati dall’Isis nel deserto libico e le loro barche affondate al largo di Lampedusa. É li che il libro assume un valore unico, grazie a queste storie vere raccolte in presa diretta. Il libro è la voce di 30 persone che è stata raccolta in un unico corpo. Il libro va aldilà del documentario, mostra tante cose che sul documentario non troverete, quest’ultima parte ad esempio la potete trovare solo sul libro.
Quanto è stata dura quest’esperienza?
Onestamente è  stato il mio primo grande reportage. Non avevo mai realizzato un servizio di 50 minuti, era la mia prima volta ma soprattutto non ti nascondo che non ero preparato ad affrontare quello che ho vissuto. Dovermi fingere bracciante in incognito per poter filmare con la mia telecamera, la piccola Sony, sotto il solo cocente, più o meno c’erano sempre fissi 40°, col rischio costante di essere scoperti, il ricordo più nitido che ho è la fatica. Se posso essere sincero è stato difficile anche mantenere il ruolo di giornalista, è chiaro che il mio sguardo fosse diverso dallo sguardo del volontario, ma era facile mantenere quel ruolo perchè quel contesto riusciva a catturarmi emotivamente. Non potevo deludere quei migranti che si erano fidati di me, avevano accettato di denunciare, di parlare di fronte alla telecamera e non è affatto semplice condurre questo lavoro. A volte dimenticavo persino di essere un giornalista e la parte del volontario subentrava in maniera molto forte. Con loro sono riuscito a creare un legame davvero forte. Questo solo per farti capire quanto è stata dura dal punto di vista fisico ma anche emotivo nel recepire quelle storie, fatte non solo di tristezza ma anche di fratellanza e bei momenti vissuti insieme. É ancora forte in me il ricordo del rientro dai campi a fine giornata, quando la sera ci distraevamo intorno al fuoco, bevendo una birra magari, cercando di imparare molte cose da questi ragazzi. Io in vita mia non ho mai fatto il volontario e sono stati questi ragazzi a impressionarmi maggiormente, per l’impegno e  la gioia che ci mettevano. Non è facile a 16 anni esternare quel tipo di pensieri.

Foto
Dove avete intenzione di arrivare col progetto “Io ci Sto”?
Questo è solo l’inizio del nostro percorso e nell’idea il progetto è molto più ampio. Quello che noi possiamo fare è farci carico del nostro viaggio, iniziato nel 2015 e che continua nelle forme del documentario andato in onda a novembre, quindi due mesi dopo il campo su Tv2000 e poi sei mesi dopo con la realizzazione del libro e dopo un anno con la sua distribuzione per far conoscere questa storia che abbiamo voluto raccontare e continueremo a raccontare a chi ci ospiterà, a chi si sarà desideroso di conoscerla. La prima grande presentazione del progetto ovviamente ci tenevamo a farla a Foggia nel campo di Io ci sto, quindi prima dell’estate, il giorno in cui è partito il nuovo campo di volontariato abbiamo presentato ufficialmente il libro per ribadire che anche un anno dopo noi ci siamo ancora, sempre più motivati, in modo tale che chi voleva leggere poteva ritrovarsi in quelle pagine per poter rivivere quegli intensi momenti attraverso le memorie e le storie di chi è stato a stretto contatto con i migranti. Quello che ci auguriamo con questo libro è che si possano educare le generazioni che verranno, con l’augurio che a Foggia i nuovi volontari inizieranno a porsi delle domande. É normale che questi ragazzi si chiedano cosa stia succedendo intorno a loro, non è facile accettare e comprendere quello che succede in quei campi in Puglia ma io sono fermamente convinto che attraverso la lettura del nostro libro e seguendo l’esempio dei padri scalabriniani che attuano i principi fedeli della cooperazione possa nascere un nuovo stile di vita. É una storia che abbiamo voluto raccontare con tutto il cuore, non voglio essere solo un giornalista ma voglio essere uno di loro, uno di questi volontari.
Hai deciso di partire pure per il Mozambico, vuoi parlarci di questo viaggio?
Sì, dopo aver approfondito questo rapporto con i padri scalabriniani quest’estate sono partito per il Mozambico a raccontare i suoi profughi e sono stato l’unico giornalista al mondo finora a ottenere le autorizzazioni dal governo mozambichiano, uno dei governi più corrotti sulla terra, per studiare e capire i movimenti migratori dall’Africa. Perchè questa gente va via? I migranti che ho avuto modo di conoscere in Mozambico non andavano verso la Libia, quindi verso l’Europa, io ho visitato nello specifico i paesi dei grandi laghi, ho visto il Congo, il Ruanda, Burundi, Uganda, una sorta di migrazione interna che li portava tutti in Mozambico che versa in una situazione di contraddizione totale. Uno dei dieci paesi più poveri del mondo secondo il Fondo Monetario Internazionale. Ho potuto sperimentare questa povertà mangiando per un mese e mezzo solamente riso e fagioli, ho visto con i miei occhi la corruzione a livello pubblico, erano proprio gli ufficiali che ci puntavano i loro kalashnikov addosso per avere più soldi. Il paese è quasi in guerra ma continua lo stesso ad accogliere profughi, una contraddizione inaudita. Attraverso le mie interviste ho potuto conoscere questi paesi e le loro storie, come la storia del Burundi o La repubblica Democratica del Congo che francamente di democratico non ha proprio nulla credimi. Tutto questo l’ho fatto per parlare dei più poveri tra i poveri ovvero i profughi, spogliati di tutto, che non possiedono una patria, un’identità, le cose più importanti che definiscono la vita di un essere umano. 


​Immagini tratte da:

Foto realizzate da Salvatore Amoroso
Immagine di Copertina: Istos edizioni

Share

0 Commenti



Lascia una Risposta.

Details

    Archivi

    Febbraio 2023
    Gennaio 2023
    Novembre 2022
    Ottobre 2022
    Settembre 2022
    Luglio 2022
    Giugno 2022
    Maggio 2022
    Aprile 2022
    Marzo 2022
    Febbraio 2022
    Gennaio 2022
    Dicembre 2021
    Novembre 2021
    Ottobre 2021
    Settembre 2021
    Agosto 2021
    Luglio 2021
    Giugno 2021
    Maggio 2021
    Aprile 2021
    Marzo 2021
    Febbraio 2021
    Gennaio 2021
    Dicembre 2020
    Novembre 2020
    Ottobre 2020
    Settembre 2020
    Agosto 2020
    Luglio 2020
    Giugno 2020
    Maggio 2020
    Aprile 2020
    Marzo 2020
    Febbraio 2020
    Gennaio 2020
    Dicembre 2019
    Novembre 2019
    Ottobre 2019
    Settembre 2019
    Agosto 2019
    Luglio 2019
    Giugno 2019
    Maggio 2019
    Aprile 2019
    Marzo 2019
    Febbraio 2019
    Gennaio 2019
    Dicembre 2018
    Novembre 2018
    Ottobre 2018
    Settembre 2018
    Agosto 2018
    Luglio 2018
    Giugno 2018
    Maggio 2018
    Aprile 2018
    Marzo 2018
    Febbraio 2018
    Gennaio 2018
    Dicembre 2017
    Novembre 2017
    Ottobre 2017
    Settembre 2017
    Agosto 2017
    Luglio 2017
    Giugno 2017
    Maggio 2017
    Aprile 2017
    Marzo 2017
    Febbraio 2017
    Gennaio 2017
    Dicembre 2016
    Novembre 2016
    Ottobre 2016
    Settembre 2016
    Agosto 2016
    Luglio 2016
    Giugno 2016
    Maggio 2016
    Aprile 2016
    Marzo 2016

    Categorie

    Tutti

    Feed RSS

Contatti:
  • Home
  • Rubriche
  • Cookie
  • Chi siamo