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15/7/2017

Wislawa Szymborska: una poesia silenziosa, ma impegnata

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di Andrea Di Carlo
Wislawa Szymborska (1923-2012) è la poetessa polacca più importante del ventesimo secolo, premio Nobel per la letteratura nel 1996, la cui opera si contraddistingue per l’osservazione silenziosa (ma non distaccata) del mondo, impegnandosi fattivamente per un suo miglioramento.
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Il suo esordio letterario inizia sotto il segno del
realismo socialista: le sue prime composizioni esaltano Lenin, Stalin e l’ordinamento politico polacco dai titoli eloquenti (Lenin, Per i giovani che costruiscono Nowa Hutę, un progetto di città comunista alle porte di Cracovia). Si iscrisse, restandone membro fino al 1960, al partito operaio polacco. Da quel momento in poi, Szymborska abbandonò la militanza socialista per passare alla resistenza. Questa fase è ben riassunta, a mio giudizio, nella raccolta Domande poste a me stessa (1954); è sempre sano interrogarsi su qualsiasi fase della propria esistenza, tracciando sempre un bilancio, sia esso positivo e negativo.

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L’autrice militò anche in
Solidarność, l’associazione di Lech Walesa impegnata nella lotta contro il regime, e, dopo la caduta del muro di Berlino scrisse anche la Gazeta Wyborcza, importante quotidiano polacco di orientamento liberale. Ella fu inoltre traduttrice in polacco del poeta francese secentesco Agrippa d’Aubigné.
Questo intenso lavoro interiore e la continua riflessione sul mondo e sulle cose contraddistinguono l’opera di Szymborska, la quale sceglie anche dispositivi retorici adeguati per dar conto della condizione umana: nei suoi scritti appaiono sempre litotei, paradossi, ironia, proverbi e contraddizioni. A mio parere è significativo l’utilizzo del verso libero; la condizione umana, nella nostra epoca postmoderna e (purtroppo) postideologica, non può essere più descritta attraverso la codificazione e la versificazione tradizionale.
I soggetti della poesia dell’autrice polacca sono decisamente non convenzionali: un granello di sabbia diventa protagonista di una delle sue composizioni più celebri, una scelta appropriata perché la sua poesia riflette su cosa significa vivere oggi. I primi versi del testo lo dimostrano chiaramente:

Lo chiamiamo granello di sabbia. 
Ma lui non chiama se stesso né granello, né sabbia.
Fa a meno di nome
 
generale, individuale, 
instabile, stabile, 
scorretto o corretto. 

Non gli importa del nostro sguardo, del tocco 
Non si sente guardato e toccato. 
E che sia caduto sul davanzale 
è solo un'avventura nostra, non sua. 
Per lui è come cadere su una cosa qualunque, 
senza la certezza di essere già caduto 
o di cadere ancora.


Il granello di sabbia può essere benissimo l’uomo contemporaneo, che cerca di orientarsi nel mondo complesso e paradossale del XXI secolo. Non c’è da stupirsi se Marcel Reich-Ranicki, il più importante critico letterario tedesco del secolo scorso, ha individuato nella poesia di Szymborska una tendenza verso la lirica filosofica, fatta di silenzi e contraddizioni.
Foto
Marcel Reich-Ranicki
Immagini tratte da:

http://www.sueddeutsche.de/kultur/marcel-reich-ranicki-die-kunst-der-deutlichkeit-1.1774869
http://wislawszymborska.weebly.com/citations.html
https://it.pinterest.com/pin/191614159122034955/

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