Negli ultimi due anni il dibattito politico (e non solo) è stato occupato dalla questione razziale. È diventato un elemento centrale all’interno del confronto politico soprattutto in seguito all’elezione di Donald Trump in America, ma lo è stato anche in Italia, in seguito all’intensificarsi del fenomeno migratorio a partire dal 2015. Si ha una duplice impressione sul tema: da un lato che lo si voglia affrontare per porlo in un’ottica critica e analizzarlo in ogni suo aspetto per comprendere come trovare una possibile soluzione e sottrarlo alla speculazione politica, dall’altro lato che esista un movimento apparentemente opposto e guidato dalla cosiddetta “sinistra progressista” avente come obiettivo dichiarato quello di riconoscere meriti e diritti alle minoranze razziali. Questo non sempre avviene in completa buona fede, e può capitare che a essere premiata, più che il talento vero e proprio, sia l’appartenenza razziale.
In altre parole, un romanzo come La Ferrovia Sotterranea (2016) di Colson Whitehead edito in Italia da Big Sur, pur essendo un buon romanzo, forse non meritava la vittoria al Premio Pulitzer. Questo non significa che non debba essere preso sul serio, anche perché è evidente che sia un’opera valida.
La storia si svolge in pieno XIX secolo e ruota attorno a due schiavi, Cora e Caesar, che fuggono dalla piantagione di cotone in cui erano rinchiusi e, attraverso la ferrovia sotterranea, cercano di rifarsi una nuova vita in Carolina del Sud, stato abolizionista. I loro vecchi padroni, però, ingaggiano un cacciatore di schiavi che cerca di catturarli per riportarli dai loro padroni.
Le prime 50 pagine, ambientate nella piantagione, sono farraginose, ma il ritmo si risolleva appena i due riescono a fuggire e da qui la storia decolla. In effetti è raro incontrare, in un romanzo che abbia come tema centrale lo schiavismo, un’ambientazione diversa da quella di una piantagione; l’interesse cresce molto quando si osserva il modo in cui Cora e Caesar tentano di inserirsi in un tessuto sociale mutato dove le persone di colore sono accettate e dove vengono riconosciuti il diritto allo studio e a un lavoro che non sia inumano come quello svolto al servizio dei vecchi padroni. La sensazione che si ha è che l’autore sia sostanzialmente scettico, quando non apertamente pessimista, riguardo alla possibilità che le persone di colore siano effettivamente accettate e l’atmosfera che si avverte in tutto il romanzo è opprimente; dalla scrittura traspare la rabbia per la vita nella piantagione e la disillusione quando i due tentano di rifarsi una vita, rendendo chiaramente percepibile come Cora e Caesar vivano in una condizione di costante allerta, nonostante abbiano raggiunto una situazione che potrebbero chiamare felicità. Scopriranno che non è tutto interamente positivo, neanche in Carolina del Sud. L’impressione generale è di trovarsi davanti un buon romanzo, sicuramente valido, ma a cui mancano le caratteristiche in più che lo renderebbero un grande romanzo da Pulitzer. C’è da dire che forse non possiamo avvertire interamente la portata di un argomento del genere non conoscendo e non vivendo il tema vivo in America, tuttavia ci sentiamo di consigliarlo se non altro per sapere qualcosa in più sull’argomento. Immagini tratte da: https://www.ibs.it/ferrovia-sotterranea-libro-colson-whitehead/e/9788869980879 https://www.prhspeakers.com/speaker/colson-whitehead
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Febbraio 2023
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