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24/8/2019

La luce che c'è dentro le persone

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di Cristiana Ceccarelli
Banana Yoshimoto, scrittrice giapponese di romanzi famosi in tutto il mondo, scrive anche racconti concisi dal significato esistenziale profondo.

La sua scrittura semplice, quasi freddamente emotiva, con i sentimenti esplicati in una ovvia registrazione delle realtà, ci presentano idee profonde con la leggerezza della normalità del loro proporsi; non c’è niente di forzato, solo una diversa reazione alla realtà, una sua diversa visione.

A volte l’essenza più vera si palesa a noi sotto aspetti che dobbiamo semplicemente cogliere e che portano con loro tutto il carico necessario alla nostra crescita personale, senza che noi dobbiamo fare altro se non accoglierli e recepirli come importanti.

Mitsuyo, la protagonista di questo breve racconto, La luce che c’è dentro le persone, appunto, ci racconta, in prima persona, il suo lavoro di scrittrice e il suo cercare di andare alla profondità delle cose, arrivando al loro cuore segreto; un processo che non prevede idee o interpretazioni personali e che porta a un posto silenzioso nel quale si sente meno sola.
Foto

Ed è sempre lei, che a ritroso di questo processo, finisce per imbattersi in un evento che non può modificare, e che l’ha segnata per sempre.

Siamo in un piccolo villaggio del Giappone, Mitsuyo è figlia unica di due genitori che si occupano di una libreria, quindi da subito immersa in un contesto culturale aperto e aggiornato, lui è Makoto, figlio bastardo in una famiglia proprietaria di un antico negozio di dolci giapponesi. Le due famiglie sono molto diverse, una piccola e modesta, l’altra grande e rumorosa. La piccola protagonista si perde la sera ad ammirare le luci sempre accese delle finestre della casa di lui e si immagina la vita in una casa così sempre piena, dove sembra non poter mai mancare nulla, o che se venisse a mancare ci sarebbe comunque qualcuno a poterne colmare l’assenza; per contro, Makoto pensa a quella famiglia di tre persone così sempre vicine ed essenziali che costituiscono il mondo di lei.

In questo tacito scambio di riflessioni sull’altro, i due bambini passano molto tempo insieme leggendo fumetti e mangiando dolcetti. Il loro rapporto, per quanto infantile, presuppone nei toni e nei modi del suo svolgersi un importante e possibile  sviluppo futuro: si voglio molto bene; per l’altro ci sono sempre, si considerano quasi unici e insostituibili, in tutta l’accezione positiva che i due termini possono avere.

Makoto è un bambino speciale, dolce, gentile, che piace a tutti, e per lei, nonostante la giovane età, rappresenta il primo amore, in lui percepisce un’aura celestiale; per Makoto lei possiede una cosa che è tonda, bella e triste, come una lucciola.

La luce dentro le persone appunto è il catalizzatore di tutto il racconto; questa luce che rende, a esclusione di qualsiasi logica razionalità, le persone speciali; in modo del tutto innato, bello, vero.

La luce ricopre un ruolo fondamentale, e insieme all’acqua, sono caricate di un simbolismo forte e veritiero, di uno scorrere del tempo che questa luce illumina e riesce a fermare, catturare, in piccoli momenti indelebili e intermittenti che ritroviamo nella luce delle lucciole; piccole creature che svolazzano rivelandosi al mondo solo attraverso la propria luce, innata, che non può essere ignorata.

Questo racconto ha un triste epilogo; una fine che segna una giovane vita per sempre e l’altra nell’avvenire, ma ci porta a riflettere su quanto tutto possa iniziare a incastrarsi perfettamente quando hai qualcuno che ti aiuta a scegliere i pezzi, che ti mostra con bontà involontaria e amore la miglior parte di questa vita; che ti aiuta e allo stesso tempo si affida perché i pezzi che può mettere a posto hanno, ogni tanto, bisogno di essere mescolati di nuovo, così da capire che la visione non può essere univoca, ma insieme unica.
​
In una piccola storia di amore che ci dice quanto tutti possiamo, per qualcun altro, e poi per noi stessi, essere unici con la propria luce. 

Immagini tratte da foto dell'autore

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