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11/11/2021

La nostra generazione ha perso - Parenti Serpenti in scena al Teatro Verdi

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di Enrico Esposito

Il Teatro Verdi di Pisa ha aperto ufficialmente la stagione di prosa, sotto la direzione di Silvano Patacca, con lo spettacolo "Parenti Serpenti", produzione Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro, in collaborazione con Bon Voyage Produzioni / Festival Teatrale di Borgio Verezzi per la regia di Luciano Melchionna. Un appuntamento andato in scena la sera di sabato e in replica il pomeriggio della domenica come di consueto. 
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Si riaccendono le luci sul bellissimo teatro di Via Palestro che vide la sua inaugurazione nel lontano 1867 con il "Guglielmo Tell" di Gioacchino Rossini. Il pubblico arriva copioso e curioso all'apertura della stagione di prosa affidata ad un pezzo di storia della comicità italiana, ossia Lello Arena. L'attore partenopeo è infatti tra i protagonisti di "Parenti serpenti", spettacolo che ripropone il testo originale scritto da Carmine Amoroso e reso celebre dalla rivisitazione cinematografica omonima del 1992 per la regia di Mario Monicelli. Sebbene siano trascorsi quasi trent'anni dalla scrittura del soggetto e dall'uscita del film, il tempo sembra essersi fermato per quanto riguarda le dinamiche sociali evidenziate dalla storia. I parenti serpenti appartengono a tempi lontanissimi come a quelli presenti, senza obbedire a codici o leggi prestabilite ma alla natura dell'uomo. L'ipocrisia e la fragilità dei rapporti familiari anzi si sono acuite decennio dopo decennio scaturendo sempre più spesso in tragiche conseguenze. Seppur siano il sorriso e l'elemento comico a caratterizzare l'impalcatura della pièce costituita dai coniugi Saverio e Trieste, amarezza, egoismo e meschinità si insinuano molto presto con l'entrata sulla scena dei loro figli e cognati. 

La storia si ambienta in un paesino dell'Abruzzo dove i coniugi Saverio e Trieste stanno aspettando l'arrivo per le vacanze di Natale dei loro quattro figli che si sono trasferiti in altre parti d'Italia. Saverio è un appuntato dei carabinieri in pensione che malgrado sia stato colpito con l'avanzare dell'età da problemi di memoria conserva uno spirito e una saggezza molto profondi. Accanto a lui c'è la moglie Trieste, che incarna alla perfezione le fattezze dell'angelo del focolare, donna disciplinata e attenta a coltivare i valori della famiglia e l'intenso amore per le sue "creature".  I dialoghi iniziali tra i due si dipanano in un esilarante confronto tra i comportamenti stravaganti e new-age di Saverio e la solida fermezza di Trieste che riesce a tenere in mano con le sue straordinarie forze la loro vita e i legami con i figli. Essi trascorrono la vecchiaia con tranquillità seppur tra discussioni quotidiane ma senza veri screzi e sanno che saranno chiamati a fare un annuncio fondamentale ai loro ragazzi. Questi arrivano a casa il giorno della Vigilia di Natale. La primogenita è Lina, che lavora come bibliotecaria a Teramo e soffre di una forte nevrosi a causa della mancanza di aiuto in casa da parte del marito Michele, che la accompagna. Poi c'è Alessandro, impiegato alle Poste di Modena, con la moglie Gina, emiliana doc innamorata dello shopping e dello yoga. Milena invece vive a Gaeta da solo dopo la morte del marito Filippo e soffre di depressione a causa della sterilità che la affligge. Infine è il turno dell'ultimogenito Alfredo, professore di italiano a Como e celibe. La loro entrata in scena non si sviluppa da dietro le quinte ma dai corridoi esterni alla platea in preda alla fretta e ad una apparente tranquillità. Lo scontro però tra i problemi delle loro vite e la cristallizzata realtà dei genitori si manifesta nell'immediato.
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​Saverio e Trieste infatti accolgono e "trattano" i loro figli come se fossero anche loro bambini: Trieste lo fa con la premurosità della madre, Saverio invece con l'assenza come lui stesso ammette. La sua figura riesce a sollevarsi rispetto all'evoluzione della trama grazie alle parallele sfaccettature del suo carattere: a volte fa i capricci e la vocina di un bambino, altre si dimostra visionario, altre ancora si prodiga nello scherzo ma anche in acute riflessioni sui suoi difetti e sulla caduta degli ideali di una volta. Trieste gli procede di fianco anche se con la sua singolarità avvicinandosi sempre di più a lui e costituendo una coppia equilibrata, in cui l'uno riempie i vuoti dell'altro. Una sintonia che invece piano piano viene a spezzarsi nei legami messi in piedi dai loro figli, lentamente come il cammino di una mosca sulla tela di un ragno. Le invidie, le tensioni percepite esplodono senza freni quando mamma e papà mettono in crisi le loro individualità non possono essere più in grado di vivere da soli e per questo lasceranno scegliere a loro da chi andranno ad abitare dandogli in cambio metà delle loro pensioni e la casa in Abruzzo. La goccia che fa traboccare il vaso è proprio questa: il veleno tenuto dentro e solo a volte sfogato profana la sacra felicità familiare e religiosa e infetta perennemente il sangue. Così i risvolti tragici affogano la stessa magia del Natale. Ma non riescono a prevalere sull'affetto che lo spettatore stabilisce con i poveri genitori, loro vittime: l'abbraccio di Saverio e Trieste come in una cupola di tanto tempo fa fotografia una vera unione molto spesso utopica.

Immagini tratte da ​https://www.enteteatrocronaca.it/

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