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7/5/2016

La poetica dell'indefinito

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Dall'Infinito a Friedrich Caspar
Immagine

di Lorenzo Vannucci

"Scontentezza nel provar le sensazioni [indefinite e infinite] destatemi dalla vista della campagna ec. come per non poter andar più addentro e gustar più non parendomi mai quello il fondo a l non saperle esprimere"
Con queste parole Giacomo Leopardi spiega nella Vita abbozzata di Silvio Sarno come l'infinito sia una sensazione irraggiungibile, un'emozione di cui non si poteva cogliere la sua essenza, il suo segreto ultimo; un qualcosa di inesprimibile, che suscita nell'uomo sofferenza, malumore e angoscia. La stanza buia, un carcere immaginario paragonabile alla Bastiglia, sono il luogo perfetto per fingere universi col pensiero «io nel pensier mi fingo». É come se Leopardi avesse l'infinito a portata di mano ma, a causa di un muro davanti a sé, un limite, una siepe, una torre, sia obbligato a costruirsene un altro davanti a sé.
Questa nuova concezione della siepe-carcere, da dolce paesaggio a ostacolo «Tanta parte dell'ultimo orizzonte» viene sviluppata dal poeta nel 1820; è come se l'anima si immaginasse quello che non vede e che, a causa della siepe, della torre, vada creandosi uno spazio immaginario, un luogo
indefinito perché indefinito è l'anima umana. In questi paesaggio che si affaccia sull'Appennino Leopardi inizia dalla finestra di casa sua a immaginare l'infinito. A differenza di Pascal, il cui Io viene assalito da timori nel rappresentare mentalmente tale vastità «vedo questi spaventosi spazi dell'universo che mi rinchiudono, e mi trovo fissato a un angolo di questa vasta distesa, senza sapere perché sono collocato in
questo luogo piuttosto che in un altro né per quale motivo questo poco tempo che mi è dato da vivere mi sia assegnato in questo punto piuttosto che in un altro di tutta l'eternità che mi ha preceduto e di tutta quella che mi segue. Non vedo che infinità da tutte le parti; esse mi rinchiudono come un
atomo e come un'ombra che dura solo un istante senza ritorno», Leopardi prova un senso di smarrimento nella parte più fragile dell'essere umano, il cuore. É come se il poeta, per un istante, venga trasalito da una sensazione non concepibile dalla condizione umana: un silenzio così insostenibile, una
quiete così profonda da lasciare il poeta smarrito «una molteplicità di sensazioni che confonde l'anima, che impedisce di vedere i confini di ciascheduna, toglie l'esaurimento subintaneo del piacere, la fa errare d'un
piacere in un altro senza poterne approfondare nessuno, e quindi rassomiglia in un certo modo a un piacere infinito».
Il poeta recanatese, paragonando l'infinito silenzio alla voce del vento «comparando», entra nuovamente in una dimensione interiore di quiete «mi sovvien l'eterno». Se in un primo momento l'immaginazione aveva creato dal nulla l'infinito, adesso è il ricordo di quella sensazione a far si che il
poeta rievochi tale emozione. Leopardi viene inghiottito da nuove trepidazioni: il passato e il presente si fondono in un'unica grande emozione e realtà che erano sepolte nella sua memoria vengono improvvisamente rievocate. Questa nuova dimensione, l'immensità – mare, che copre tutta
l'estensione temporale dal passato al presente «sempre caro mi fu/e naufragar m'è dolce» è un luogo dell'anima in cui il Leopardi si abbandona completamente: il naufragio del pensiero stesso nel mare delle associazioni. Non è più pertanto il poeta a creare nel pensiero l'infinito, ma una rievocazione paragonabile a un naufragio in cui il poeta prova uno stato dibeatitudine e di dolcezza di fronte a questa molteplicità di emozioni. Tale senso di abbandono, di irrequietezza di fronte a tanta vastità si può trovare nel celebre dipinto di Friedrich Caspar “Viandante in un mare di Nebbia”: un personaggio romantico, irrequieto, tormentato proprio come il Leopardi alla ricerca di un infinito irraggiungibile a causa di una foschia che
non consente di cogliere la linea d'orizzonte. In primo piano si staglia un uomo, forse Friedrich stesso, in atteggiamento contemplativo di fronte al panorama. Mente in Leopardi il mare è l'elemento in cui il poeta si
abbandona completamente, qui è la nebbia – mare a creare questo indefinito. Nonostante il personaggio sia in una posizione privilegiata per godere della bellezza del paesaggio (in cima ad un'altura di fronte a un
dirupo), la vista degli alberi, delle montagne diviene sempre più sbiadita fino a mescolarsi con l'orizzonte e a diventare indistinguibile dal cielo nuvoloso.

Immagine
Viandante su un mare di nebbia
ImmagineMonaco in riva al mare
Questo sentimento dell’incolmabile distanza tra la dimensione finita dell’essere umano e l’infinito (che si intuisce come un’irraggiungibile condizione dell’essere) si ritrova nel celebre quadro di Caspar “Monaco in
riva al mare”. Il tema non è più quello dell'indefinito come luogo diperdizione in cui “naufraga” l'anima, ma quello della consapevolezza dell'uomo di essere una nullità di fronte all'indefinito. Il fatto che il personaggio sia un puntino di fronte all'universo abbandonato nella contemplazione della vastità del paesaggio scaturisce un profondo stato di angoscia, accentuato dal colore blu che, se da una parte dà profondità
all'immagine, dall'altra denota la crisi psicologica del personaggio in questione. Come dice Kant nella Critica del Giudizio, è il sentimento del sublime di fronte al cosmo, uno stato in cui la natura, nei suoi aspetti più
terrificanti, come mari burrascosi, cime innevate o eruzioni vulcaniche, diventa un'emozione negativa, non prodotta dalla contemplazione del fatto in sé, ma dalla consapevolezza della distanza insuperabile che separa il soggetto dall'oggetto. Uno stato che, per molti versi, ricorda Canto Notturno di un Pastore dell'Asia: il poeta che, in stato di totale solitudine, rivolge domande al poeta senza avere risposta sembra incarnare gli stessi dubbi esistenziali del monaco in riva al mare, ossia la piccolezza dell'uomo di
fronte alla potenza della natura.


Immagine
Vista dal giardino Farnese
Sitografia:
www.roberto-crosio.net
www.roberto-crosio.net
www.ebay.it

Bibliografia:


Citati Pietro, Leopardi, Mondadori, 2010
Bazzocchi Antonio, Leopardi, 2008
Bruno Cicchetti, I canti del Leopardi, 1973
Leopardi Giacomo, Canti, Bur, 2004

Immagini tratte da:
- Viandante sul mare di nebbia, wikipedia, pubblico dominio.
- Monaco in riva al mare, wikipedia, pubblico dominio.
- Vista dal giardino Farnese, wikiart.org, pubblico dominio

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