Jacques Prévert e un inno al rischio di Cristiana Ceccarelli Jacques Prévert è stato un poeta e sceneggiatore francese del ‘900 e quello che lo caratterizza, nonostante l’avvicinamento dal 1925 al 1929 al Surrealismo, è la semplicità del registro linguistico. Questa familiarità linguistica e tematica, non è che uno dei miglior metodi per spingere tutti a riflettere su questioni esistenziali comuni e sperimentabili; portando il lettore a incanalare le energie, non alla decrittazione di un ermetismo a volte deviante, ma alla quasi inconscia comprensione e analisi di situazioni e sentimenti, che dall’universale della loro portata accendono in ognuno di noi un dialogo particolare. Questa combinazione di intenti è una peculiarità, quasi paradossale, della letteratura: essere contenitore di esistenzialismi e temi comuni ma declinati al caso singolo, che risultano nella loro totalità spunti per un lavoro personale. “Tanto peggio” è una poesia contenuta in Fatras, una raccolta pubblicata nel 1966 che contiene anche 57 collages, tecnica a cui il poeta francese si affiancò durante il suo ritorno a Parigi nel 1955. I collages, con la riconoscibilità delle immagini, possono essere considerati – così come le parole che si uniscono in poesia- metafora dei pezzetti di esistenza che ci colpiscono in modo particolare e che per questo raccogliamo dalla memoria per salvarli dall’oblio, dalla tristezza che la vita sovente porta, per poi infine crearne una collezione a cui guardare per ricordare a noi stessi, non l’inesistenza delle difficoltà, ma la loro presenza che unita ad attimi di felice benessere riesce a rendere la vita degna di prova. E “Tanto peggio” di Jacques Prévert è un inno alle possibilità, allo scommettere se stessi contro l’avversario delle casualità e vicende della vita. Fate entrare la vita come viene, tenete la porta aperta agli imprevisti e lasciate che vi investano, per poi raccogliere il guanto, che magari servirà anche per lavar via il fango. Le incertezze degli eventi, la loro imprevedibilità possono comportare la sconfitta ma chi non accetta la possibilità di sporcarsi non vedrà mai l’acqua pulita, il futuro in modo più chiaro; rimarrà sempre in un presente offuscato dal precario senso di presunta sicurezza, un presente senza cani, senza fango, senza possibilità da lavare e ricordare. Una vita a patto che non si sporchi non sarà stata vissuta veramente. Per quanto quelli che non rischiano mai, inseguendo sempre le apparenti comode certezze, possano risultare perenni vincitori, stanno in realtà perdendo l’essenza della vita, stanno perdendo se stessi nella paura di sporcarsi; perché i vincitori sono coloro che sfidano la paura del diverso, la paura di fallire. Il fango ci aiuta a realizzare l’importanza dello sperimentare, dell’aprirsi all’altro e al nuovo; a tenere, anche se con un po’ di paura, la porta aperta. Il fango ci aiuta a comprendere la perseveranza, la concessione, a capire quanto siano importanti il perdono e l’indulgenza, verso gli altri e noi stessi, a quanto il riaccogliere ciò che resta serva ad andare avanti ammettendo che gli errori ci rendono umani e vivi; e infine ci aiuta ad apprezzare l’acqua pulita, la felicità che ripaga gli sforzi e i tentativi. Gli errori si lavano via a patto che siano stati commessi e servono per costruire la combinazione di noi stessi; la vita è una bacheca di sbagli e di felicità colorita: è un collage. Immagini tratte da: - Immagine 1 da https://www.google.com/search?q=jacques+prevert&tbm=isch&source=lnt&tbs=isz:l&sa=X&ved=0ahUKEwiZzNz7qObfAhX4BGMBHfDtDJYQpwUIIA&biw=1366&bih=626&dpr=1#imgrc=ta1HjBH8KzvJ5M: - Immagini 2-3-4 da foto dell'autore
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Maggio 2023
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