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23/11/2019

La scopa del sistema

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 di Cristiana Ceccarelli

​La scopa del sistema è un romanzo dello scrittore statunitense David Foster Wallace pubblicato nel 1987, e definito dall’autore stesso un dialogo ideale tra Wittgenstein e Derrida; sulle loro teorie infatti è articolato strutturalmente il romanzo, in un linguaggio che gioca con se stesso e con le cose che definisce.

Wallace è stato considerato una delle voci più influenti e innovative della nostra società e paragonato a nomi della letteratura come Zola e Borges per la sua capacità di catturare le arrendevoli e toste complessità della contemporaneità, nonché i suoi meccanismi e vizi.

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​ Premiato, di talento, letto, quando la letteratura sembrava (e sembra) non attecchire più sulle persone, si suicida però nel 2008, dopo lunghi anni di depressione; e leggendo i suoi scritti sapendo l’esito dei suoi 46 anni forse ne condiziona un po’ l’interpretazione.

Un genio a cui, per alcuni, i testi lasciati non rendono veramente giustizia; ma per quanto si possa condividere questa opinione è innegabile che il genio si trovi anche ne La scopa del sistema o Infinite Jest e ancora Il re pallido. Forse, mi azzardo a dire, per la sua onesta costruzione.

Il linguaggio è invenzione dell’umanità e come tale contribuisce alla creazione di coloro che lo hanno ideato, e proprio su questo gioco, sull’utilizzo sapiente delle parole e sulla loro accorta disposizione si basa il romanzo: che racconta di come anche i più consapevoli di questa potenza linguistica ne soccombano ma al tempo stesso ne usufruiscono le possibilità rimanendone affascinati.

La prosa in piena e incalzante dell’autore fa piovere le vite dei personaggi, e a rendere le loro vite ordinarie surreali e quasi mitiche è proprio il modo attraverso il quale sono raccontati.

Personaggi verosimili con vite fuori dall’ordinario che si sorreggono l’esistenza e si salvano la vita, forse. Perché comunque il libro, con il suo finale, lascia in sospeso il lettore e non ha una fine certa.

Lenore, la protagonista, è autentica nelle innumerevoli imperfezioni che le sono state scritte addosso e per questo è impossibile da non amare anche se è difficile accettare quello per cui soffre, che poi è la parte di cui ognuno di noi ha più paura e per questo nasconde: l’essere e il sentirsi inutili. Una così profonda descrizione non poteva derivare se non dalla devozione dello scrittore stesso per questa ragazza singolare che rispecchia tutti noi. Leonore, che ha lo stesso nome della bisnonna scappata dalla casa di riposo, è figlia di industriali, di una vita agiata dalla quale tenta di scappare distruggendo le aspettative che gli altri hanno per lei, ma fondamentalmente ammalando le sue. Il dolore del sentirsi nulla, che viene nascosto sotto un tappeto come la polvere che non si ha voglia o forza di buttare, è qui palesato con una grazia e disperazione da ammutolire e che rende il personaggio universale: chi, almeno una volta, non si è sentito così?

E per questo che assecondiamo l’ambivalenza di Lenore, perché erdonando e amando il personaggio perdoniamo e amiamo noi stessi; anche se forse non è sufficiente.

Dopo la scomparsa della nonna, e con lei i suoi insegnamenti e consigli, Lenore si sente nuda, scoperta di una barriera che la avvolgeva delle sicurezze che solo l’anziana sapeva infonderle.

Per questo va in terapia, per combattere queste barriere, soprattutto interpersonali, che sono onnipresenti nel romanzo a specchio della vita; ma il sua resistenza psicologia non le permette di aprirsi veramente.

Queste barriere provano ad essere aggirate e momentaneamente dimenticate attraverso le relazioni con Rick e Wang Dang Lang.

Rick che ama profondamente e in modo ossessivo una Lenore che non lo ricambia, ma che sta con lui per la paura di rimanere sola.

Perché queste sono le paure che oggi scuotono: la solitudine, la paura della vera intimità perché legata all’esposizione dell’io vero e personale, l’esporci, l’essere prevaricati, trovare il vuoto.

Mentre con WDL i meccanismi di difesa sembrano cedere, la relazione essere diversa. Il ritorno del coetaneo sembra essere l’unica cosa che può sanare l’incapacità della ragazza di patteggiare con l’assenza di controllo sulla vita.

Ma basta questo per salvarsi? Non ne troviamo conferma, nemmeno nel finale.

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