di Lorenzo Vanni Il rock è in continuo fermento: persino oggi che tanto si va dicendo che è morto (ma è da una ventina d’anni che il refrain si ripete), mostra sempre la sua vitalità. Lo si può accusare di ripercorrere sentieri già battuti in passato nei decenni d’oro del genere, ma musicalmente la proposta non è mai mancata, i capolavori continuano a essere pubblicati e a giudicare dalla qualità del prodotto pare che non ne se ne andrà tanto presto. Ma allora che cosa si intende quando si parla di morte del rock? Ci risponde Enzo Guaitamacchi che ha pubblicato nel 2014 per l’editore Hoepli la prima storia del rock in italiano intitolata semplicemente La Storia del Rock che ripercorre le tappe fondamentali del genere affrontate sia secondo una prospettiva strettamente musicale sia secondo una contestualizzazione storica per mostrare quanto la musica e la Storia siano legate, in alcuni casi dipendenti l’una dall’altra. Nell’introduzione al volume, Guaitamacchi afferma che quel che manca alla musica di oggi è una dimensione globale; mentre in passato il rock era un genere unificante che incideva sulla realtà costituendone un tassello fondamentale e nasceva da esigenze storico-sociali precise, oggi quel legame si è sciolto e lasciata a se stessa è come se la musica avesse smarrito parzialmente la rotta. È bene quindi recuperare questo libro per avere un’idea precisa di che cosa si parla quando si parla di rock. Il rock non è solo un genere musicale, ma uno stile di vita: seguendo la sua storia comprendiamo che un concerto, ma anche semplicemente un ascolto possono essere momenti aggreganti dove ogni tipo di differenza da una norma (sociale o sessuale principalmente) è annullato e a contare è soltanto l’individuo con le sue caratteristiche umane. Questo tratto, non così sviluppato negli altri generi, è frutto di una storia che risale agli schiavi delle piantagioni di zucchero in America dove il canto era un gesto ribelle. Da qui nasce il blues e da qui si svilupperà più avanti il rock’n’roll; il rock è da sempre il linguaggio e la voce degli oppressi e così anche negli anni ’60 decide di schierarsi contro la guerra in Vietnam e a favore delle proteste degli afroamericani. Negli anni ’70 c’è lo spettro del muro di Berlino ad agitare un certo filone del rock; ci sono i Pink Floyd con “The Wall” ovviamente, ma anche il David Bowie di “Heroes” secondo album della cosiddetta trilogia berlinese precursore della new-wave. Negli anni ’80 è il thatcherismo a farla da padrone in Inghilterra e non possiamo non parlare degli Smiths o del punk nato tra fine ’70 e inizio ’80 come ribellione sociale seguendo un impeto autodistruttivo che portò molte band a sciogliersi dopo uno o due album. E poi i ’90 in cui la rabbia del punk viene trattenuta dentro se stessi vedendo che non riesce a incidere sulla società, dilaga la droga tra i giovani e la disperazione provata viene gridata fuori come nel caso dei Nirvana, degli Alice In Chains e dei Soundgarden tra gli altri. Ogni capitolo del libro di Guaitamacchi affronta i decenni secondo diverse angolazioni a seconda di dove provengono le voci più importanti, qual è l’istanza sociale di cui si fanno portavoce e quale è l’importanza nella storia. Da band inizialmente marginali come i Velvet Underground ad altre con più ampio riconoscimento pubblico fino a far sfociare tutto nel Festival di Woodstock. Tenutosi nel 1969, è l’evento più rappresentativo dell’intera storia del rock e il più celebrato dove gli ideali di pace e amore libero insieme con l’uso di droghe sintetiche tra cui LSD venivano miscelati insieme per dare una sorta di prefigurazione del mondo che i giovani di allora volevano creare. Un mondo fatto di libertà dove gli allucinogeni era un modo per alterare gli stati mentali e avere qualcosa da opporre all’ordine rigido dei padri, dove quest’ultimo era oppressione e regole mentre l’allucinazione mentale era libertà e caos creativo.
Molte band del tempo si facevano portavoce di questa urgenza e creavano composizioni lisergiche come nel caso dei Jefferson Airplane, presenti a Woodstock, o dei primi Pink Floyd (quelli di The Piper at the Gates of Dawn, per intenderci). Agli anni ’60 Guaitamacchi dedica una parte consistente del libro perché è in quel decennio che si pongono le basi per quel che il rock sarà in futuro. Se si vuole capire il rock si deve partire da qui; tutto è contenuto, per intenderci, tra il Bob Dylan di The Freewheelin’ Bob Dylan e i King Crimson di In The Court of the Crimson King. Ed anche così è un viaggio scoprire come si passa da Dylan a Fripp, come si elettrifica la chitarra di Dylan al festival di Newport del 1966, come viene realizzato il festival di Woodstock e come nasce il progressive ossia quel genere che riprende la musica classica creando l’avanguardia del rock. Dopodiché la musica continua fino a oggi, ma il libro di Guaitamacchi finisce negli anni ’90. Mentre riscopriamo la musica del passato non dimentichiamo quel che viene suonato oggi, ma anzi sfruttiamo la conoscenza del passato per capire meglio il presente. Potremmo scoprire che il rock era ancora lì, eravamo solo noi che non sapevamo riconoscerlo. Immagini tratte da: https://www.bethelwoodscenter.org/blog/50-years-of-peace-music-22-jefferson-airplane https://sentireascoltare.com/recensioni/ezio-guaitamacchi-la-storia-del-rock/
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Febbraio 2023
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