di Lorenzo Vanni La gloria postuma non è forse il massimo a cui uno scrittore possa aspirare e in effetti sarebbe preferibile che il proprio talento venga riconosciuto quando si è in vita, ma i casi della vita sono tanti e diversi perciò può benissimo accadere che nella fretta del mondo di celebrare capolavori si perdano pezzi importanti lungo la strada. Uno di questi è senza dubbio Kent Haruf, scoperto in Italia solo a partire dal 2017 con il suo romanzo uscito postumo Le nostre anime di notte riscuotendo enorme successo di pubblico e critica; da quel momento è partito il recupero delle sue opere precedenti che hanno tutte in comune l’ambientazione della città di Holt, la classica cittadina di periferia americana che rappresenta in pieno lo spirito dell’heartland: la vera America, direbbe qualcuno. Uno degli ultimi tasselli (cronologicamente uno dei primi) che si è aggiunto a comporre il ciclo di Holt in italiano è La strada di casa, inizialmente pubblicato nel 1990 e arrivato all’attenzione internazionale dopo trent’anni. La strada di casa è quella che percorre Jack Burdette che torna a Holt dove essere stato in fuga per anni dopo essersi appropriato indebitamente di denaro appartenente alla compagnia di silos per cui lavorava recuperando tutto quel che si era lasciato alle spalle. La storia è raccontata da uno degli ex compagni di scuola di Burdette, Pat Arbuckle, le cui vicende si sono sempre tenute sul ciglio della vita dell’altro; viene quindi ripercorsa la vita di Burdette, inizialmente promettente per poi perdersi e raggiungendo l’apice con la fuga verso la California. Quel che colpisce maggiormente è il modo in cui viene affrontata la giustizia. Parliamo dell’America profonda, un ambiente in cui la giustizia popolare si esprime in modi potenzialmente violenti, dove l’indignazione cresce a ondate finché non è il destino a infliggere pene abbastanza dure da soddisfare il risentimento degli abitanti di Holt. A pagare maggiormente per le colpe di Burdette saranno le due donne che si legheranno a lui: Wanda Jo Evans, ex compagna di classe e innamorata di lui fin da subito e che, dopo anni di regolarità e attesa di una proposta di matrimonio da parte di Burdette, scopre che quest’ultimo si era segretamente sposato con un’altra donna conosciuta solo pochi giorni prima. Questa è Jessie e rappresenta la vera figura tragica per l’elevato senso di giustizia da lei dimostrato dopo la fuga di Burdette. Il finale aperto che la riguarda prefigura una nuova situazione per lei, ulteriormente tragica seppur in modo diverso. L’espediente sfruttato dall’autore per farci entrare in profondità nella psiche della donna è di far iniziare al narratore una relazione con la stessa: pur essendo sposata, del marito si era persa ogni traccia da otto anni e nessuno si aspettava che sarebbe tornato. E invece lo fa, proprio nel momento in cui il reato di cui era accusato era finito in prescrizione. La prosa di Haruf è delicata e si adatta bene alle scene più complesse, specie quelle di violenza o di tensione a differenza di Le nostre anime di notte, che invece risentiva di una scrittura del genere facendo sembrare l’intera struttura costruita nell’intento di commuovere; questo è sicuramente dovuto anche al fatto che il focus è concentrato sulle emozioni, la solitudine e la vecchiaia. Questo è invece un grande romanzo, e ve lo consigliamo calorosamente. Immagini tratte da:
https://www.amazon.it/strada-casa-Kent-Haruf/dp/8894938611 https://www.rsi.ch/rete-due/programmi/cultura/geronimo/Libri/La-verit%C3%A0-sul-caso-Kent-Haruf-8923909.html
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Maggio 2023
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