di Enrico Esposito Quando Bizet mise in scena la Carmen a Parigi nel 1875 ottenne più fischi che applausi e poco dopo morì non riuscendo a osservare in prima persona il crescente successo della sua opera. Solo cinque anni la rappresentazione già raggiunse la popolarità straordinaria di cui gode ancora oggi a quasi centocinquanta anni dal suo esordio. Gli adattamenti arrivarono ben presto tra teatro e cinema come quello realizzato dal grande Peter Brook, il regista britannico, che propose la doppia rivisitazione dal titolo La Tragédie de Carmen. Nel nuovo allestimento del Teatro Goldoni di Livorno in coproduzione Teatro Goldoni di Livorno, Teatro di Pisa, Teatro Sociale di Rovigo e Teatro dell’Opera Giocosa Savona, l'opera è andata in scena al Teatro Verdi di Pisa sabato 13 novembre e domenica 14 novembre. Una versione dell'originale di Bizet scarna ed essenziale che ha messo da parte il rilievo dell'ecosistema folkloristico alla base della tragica storia della bella zingara Carmen e ha innalzato la tensione delle emozioni in scena. Il dialogo, gli sguardi, le pulsioni. La Tragédie de Carmen disorienta e attrae sin dall'attesa iniziale che sul palco mostra una montagna di sabbia e nessuna presenza umana. Sono proprio i silenzi terribili l'elemento perturbante della narrazione insieme alle cause che si producono dietro le quinte per poi sbatterne gli effetti davanti agli spettatori. Muta, la morte assume per prima il centro dell'attenzione senza bisogno di svelare le generalità della donna che ne fa da strumento. Intorno a lei la legge che tenta di fare le cose per bene, ma in un cerchio concentrico l'infrazione e l'impulso ballano nelle stoffe della bellissima gitana Carmen. Una figura demoniaca per la sua sfacciataggine e tendenza alla lussuria alla quale gli ufficiali non sanno resistere come Don Josè, fuggito dai Paesi Baschi per aver commesso un assassinio. Lui è il contraltare quasi gemello di Carmen, l'amante e l'amato sull'orlo del precipizio, che ripensa alla madre abbandonata ma non è in grado di rispettare i suoi valori. Micaela, la pia donna cristiana, si reca da lui per chiamarlo al riscatto e al ritorno alla correttezza vanamente. Nell'animo di Josè ardore e disperazione albergano già da tempo per la sola ragione di vita, l'amore peccaminoso. Abbiamo detto di una location appena accennata con gli splendidi costumi di Maria Spiazzi che ben ritraggono lo sfondo storico-culturale in particolar modo del mondo di Carmen. La madre e l'amico Escamillo, gestore dell'osteria, diffondono lo spirito della loro realtà sulla scena diventando una componente costante alle spalle della protagonista. Le fanno da complici, da conforti ma non possono nulla contro i rivolgimenti del suo volere, le indecisioni che si alternano con le sicurezze. La dura Carmen, che sembra tenere perfettamente all'inizio il polso della situazione, è in realtà dinanzi al vortice di sensi orchestrato da Josè. La loro disperazione completa deflagra nel tesissimo scambio sulla validità del loro amore che si pronuncia in ginocchio e poi a contatto stretto col suolo, quasi sottoterra. C'è però una differenza sostanziale: Don José non ha ormai più nulla di perdere perché è completamente accecato dalla passione per lei e ogni peccato, compreso l'assassinio, assurge al grado di passo per accaparrarsi la gitana. Carmen d'altro canto possiede una saggezza e un sesto senso per le quali prevede le mosse del suo ex amante e del fato fino a scrivere in persona l'epilogo finale. La rivisitazione brookiana alla quale assistiamo in una notte di lampi e fulmini che a volte integrano gli effetti scenici ci avvinghia per 82 minuti distribuendo emozioni molteplici sotto gli effetti della lingua originale dell'opera di Bizet (il francese). Carmen (Lorrie Garcia) incanta sia per la sua seducente sfrontatezza che per la purezza dei sentimenti, Don Josè (Andrea Bianchi) propaga sulla scena le fiamme dell'amore e della perdita del senno, Micaela (Tea Purtseladze) è la candida carezza dell'innocenza. L'orchestra del Teatro Goldoni diretta da Eric Lederhandler scandisce la volubilità dei pensieri che durante i quattro atti generano i celeberrimi brani tra cui l' Habanera di Carmen (atto primo), il duetto dei due amanti Je vais danser en votre honneur dei due amanti (Carmen e Don Josè). Immagini tratte da foto di Augusto Brizzi gentilmente fornite dall'Ufficio Stampa del Teatro Verdi (Beatrice Meucci)
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Maggio 2023
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