16/7/2016 Le intermittenze della morte. La parabola sulla vita e sulla morte di José SaramagoRead NowImmaginate che in un Paese qualunque (un Paese senza nome, ma che ricorda tanto il Portogallo dei nostri giorni), all'improvviso, le persone smettano di morire: nessuno muore più di vecchiaia e di malattia, né per incidenti o ferite. Potreste pensare che quel Paese (solamente lì, perché nel resto del mondo le cose vanno avanti come hanno sempre fatto fin dall'alba dei tempi) sia diventato il luogo più felice della Terra: d'altronde, gli uomini non hanno desiderato da sempre l'immortalità? Eppure la vita senza morte, più che un sogno, è un incubo: l'economia e la società si avvicinano al collasso, case di riposo e ospedali si riempiono di esseri a metà tra la vita e la morte (non morire non vuol dire guarire, ma semplicemente vegetare) e c'è persino chi si premura di offrire sottobanco un servizio per chi desidera morire ma non può. Le cose sembrano ritornare alla normalità solo quando la morte (proprio lei in persona, con falce e cappuccio nero) ritorna, consegnando lettere per avvertire le persone sette giorni prima della loro dipartita. Ma non tutto va come previsto. Una busta, indirizzata a un violoncellista, si rifiuta inspiegabilmente di arrivare a destinazione... Sono queste le premesse de Le intermittenze della morte, romanzo pubblicato nel 2005 dal premio Nobel portoghese José Saramago. Più che un romanzo, forse, un esperimento mentale: cosa succederebbe se la morte scomparisse? Sarebbe davvero desiderabile un mondo in cui tutti possano vivere per sempre? Nonostante la serietà della domanda, Saramago affronta la questione con ironia e leggerezza, con uno sguardo insieme complice e sornione, in un romanzo che fa sorridere e riflettere allo stesso tempo. La grande forza del lavoro dello scrittore portoghese sta proprio in questo: nel sapere costruire una parabola (ché tale è, alla fine, le Intermittenze della morte) lontana dai toni didascalici e declamatori. C'è spazio per la satira: quella contro la Chiesa, che è uno dei grandi temi di Saramago (dai tempi dello scandaloso Il Vangelo secondo Gesù Cristo), contro la società dei desideri facili e dei falsi, e contro la corruzione politica. Ma c'è spazio anche per la speranza, e la poesia. La storia del violoncellista, fulcro della seconda parte del romanzo, è in fine dei conti tutta una metafora della potenza dell'arte. Perché (sembra volerci mostrare lo scrittore portoghese) l'arte, la bellezza, la sensibilità sono l'unico mezzo per esorcizzare – ma non sconfiggere – la morte. C'è una lezione importante tra le pagine de Le intermittenze della morte, una riflessione che rivela ma non esaurisce tutto il senso dell'opera di Saramago; una lezione che l'autore ci mette di fronte fin dalla prima pagina, usando le parole di Wittegenstein, come chiave di lettura di una delle sue opere più belle: bisogna saper pensare alla morte per accettarla e per riuscire a vedere la vita con occhio nuovo. Immagini tratte da:
- José Saramago: Wikimedia Commons, voce José Saramago, fair use - Copertina Le intermittenze della morte: http://www.mondadoristore.it/Le-intermittenze-della-morte-Jose-Saramago/eai978880772347/
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