Io venìa pien d’angoscia a rimirarti e altre biografie finzionali di Tommaso Dal Monte Un’immagine ricorsiva Nell’opera di Leopardi è sicuramente la luna. Dal Dialogo della Terra e della Luna, alle conosciutissime poesie Canto notturno di un pastore errante dell’Asia o Le ricordanze, l’astro notturno è senza dubbio un referente privilegiato del poeta recanatese. Ma a cosa si deve questa ricorrenza quasi ossessiva? Vale il topos del poeta romantico che trascorre le notti insonne a fissare il cielo? Secondo Michele Mari, critico letterario e scrittore classe 1969, la verità è un’altra, e ben più inquietante… Il suo Io venìa pien d’angoscia a rimirarti (Longanesi 1990) si presenta come un diario – ovviamente inventato dall’autore – scritto da Carlo Orazio Leopardi, fratello minore di Giacomo, che copre un arco cronologico di pochi mesi dell’anno 1813, quando i due fratelli avevano rispettivamente quattordici e tredici anni. Con un’ansia e un sospetto crescenti per via di misteriose morti, il narratore e insieme il lettore arrivano progressivamente ad accreditare l’evento soprannaturale ‒ mai definitivamente accertato, cioè che Giacomo non sia altro che un lupo mannaro. Su queste basi, il testo potrebbe apparire poco più che un gioco letterario fine a se stesso, frutto di una risposta tanto originale quando scherzosa al “motivo della luna”. Tuttavia liquidare il libro come un semplice divertissement sarebbe un errore superficiale per più ragioni. Intanto la lingua imita, più per il lessico che per la sintassi, lo stile ottocentesco, rivelandone dunque un’ottima padronanza da parte di Mari; ma soprattutto la finzionalità del testo è unita a molti elementi veri o verosimili, che ci danno una rappresentazione in movimento della vita di Giacomo e della sua famiglia. Lo vediamo così studiare nella nota biblioteca paterna, discutere con l’intransigente e ultracattolica madre, muoversi tra la camera da letto e il colle dell’Infinito e così via. In tutto questo è evidente la formazione accademica di Mari e la sua volontà di restituire un’immagina viva di Leopardi adolescente attraverso un inconsueto registro horrorifico-giallo. Se però credete che le vite inconsuete di Giacomo si limitino alla licantropia vi sbagliate di grosso. Alessandro Zaccuri, ne Il signor figlio (Mondadori 2007), ci mostra il poeta che, non certo morto a Napoli nel 1837, parte dalla città partenopea per vivere altri lunghi anni in Inghilterra, dove stringe amicizie illustri e conduce una vita da bohemien. Questi due testi non sono casi isolati, ma rientrano nel genere, molto diffuso, della biofiction, in cui elementi biografici storicamente verificabili si uniscono ad altri evidentemente finzionali. La biofiction può essere in realtà declinata in molti modi e le parti finzionali, preponderanti nei due libri citati, possono avere un peso decisamente minore. La diffusione di questo genere non si limita alla sola letteratura, ma si ritrovano casi illustri anche nel cinema: se osserviamo l’ultimo film di Tarantino, C’era una volta ad Hollywood (2019), ci rendiamo conto come ad un biografismo documentario (Sharon Tate e Roman Polanski vivevano ad Hollywood, Sharon Tate era incinta…) si affianca l’immaginazione autoriale (gli hippies di Charles Manson non sono stati uccisi dai vicini dei Polanski). Sulle implicazioni di questo genere ci sono ampie discussioni teoriche, tra coloro che sostengono l’indifferenza tra racconto finzionale e racconto veritiero, e coloro che si interrogano sul discrimine tra i due. La mia idea è che spesso il nome di un personaggio noto o notissimo serva ad attirare il lettore, cresciuto e abituato ad un contesto culturale in cui la privacy, l’intimità e il segreto sono ridotti a merce da rivendere nei talk show. La smania di entrare nella vita di persone note diviene quindi l’esca che lo scrittore utilizza per attirare il lettore in un mondo che parte del verosimile per avventurarsi fino al soprannaturale. In tal modo la possibilità di dar libero sfogo alla creatività si concilia con la speranza di ottenere un buon pubblico grazie alla fama del biografato. BIBLIOGRAFIA Leopardi G., Canti, qualsiasi edizione. Leopardi G., Operette Morali, qualsiasi edizione. Mari M., Io venìa pien d’angoscia a rimirarti, Milano, Longanesi, 1990. Zaccuri A., Il signor figlio, Milano, Mondadori, 2007. FILMOGRAFIA C’era una volta a… Hollywood, regia di Q. Tarantino, Heyday Films, USA/UK, 2019. IMMAGINI TRATTE DA Immagine 1 Leopardi licantropo: da FoggiaToday, https://www.foggiatoday.it/eventi/premio-lupo-monti-dauni-programma-eventi.html Immagine 2 Polanski Tate: da Di Lei, https://dilei.it/vip/sharon-tate/516567/
1 Commento
|
Details
Archivi
Febbraio 2023
Categorie |