Sam Selvon e i Londinesi Solitari
L’Inghilterra è per molti, nell’immaginario comune, una terra di possibilità. Lo è per tutti coloro che per i motivi più diversi sono costretti a emigrare in cerca di un futuro migliore o per chi, semplicemente, cerca un humus più positivo in cui sviluppare i propri talenti; lo era ancor più nel secondo dopoguerra quando, dopo che l’Europa era stata ridotta in macerie dalla macchina militare nazista, la Gran Bretagna cominciò a riprendersi e a ricostruire soprattutto il morale del popolo inglese. Fu in questa fase che iniziò la serie di immigrazioni che portò Londra a diventare quella capitale multiculturale che oggi conosciamo. Erano gli anni ‘50 e tra i numerosi scrittori provenienti dalle colonie ve ne era uno, Sam Selvon (1923-1994), che più e prima di altri comprese che cosa significava il distaccamento dalla propria terra di origine. Selvon veniva dall’isola di Trinidad come il collega V.S. Naipaul, e come lui sperimentò in prima persona il senso di alienazione e perdita di identità a cui erano soggetti tutti coloro che provenivano dalle colonie. Il romanzo per cui Selvon è più noto si chiama Londinesi Solitari (1956) e vede come protagonista Moses muoversi nella città di Londra; in effetti la trama si riduce a poco più di questo perché la sensazione che si ricava maggiormente dalla lettura di questo romanzo è quella di un’intera città in movimento filtrata dallo sguardo del protagonista. Leggiamo dei modi diversi in cui si articola la vita di un immigrato di allora tra donne facili, ricerca di lavoro e i tentativi di mantenere i propri usi e le proprie abitudini. Tutti i personaggi che Moses incontra sono in cerca di una guida, per cui non appare casuale la scelta del nome biblico: così come Mosè aiuta gli schiavi d’Egitto a liberarsi dalla presa del faraone e a fuggire in Terra Santa, così Moses aiuta gli altri immigrati a integrarsi all’interno di un continente che tanti di loro conoscono solo attraverso il mito che l’Occidente stesso ha generato. È da qui che si alimentano speranze e sogni: rimane in mente l’idea ingenua che avevano i giamaicani delle colonie ritenendo che le strade di Londra fossero lastricate d’oro. Al di là di questo però esiste anche il rovescio della medaglia: è possibile interpretare il romanzo a partire delle parole iniziali con cui Selvon avvia la narrazione parlando di “città irreale” (unreal city). Ogni volta che nella letteratura inglese del Novecento si parla di città irreali si fa sempre riferimento in modo più o meno esplicito alla Terra Desolata di T.S. Eliot, e, nell’uso che fa Selvon del termine, l’irrealtà sta nel fatto che Londra non corrisponde esattamente all’immagine che Moses se ne era fatto all’arrivo. La Londra di Selvon è plumbea, spesso cupa come se fosse anch’essa soffocata e annegata nei fiumi di alcol che Moses vede scorrere ogni sera; questa immagine si lega all’alienazione provata da chi venendo dalle colonie si ritrova a perdere parte della propria identità che deve essere costantemente messa in discussione nel rapporto con gli inglesi.
Trinidad non è infatti un luogo neutrale, è il luogo dove vivono quelli che Naipaul chiamava I Mimi, persone che non sono realmente se stesse ma imitano in modo più o meno consapevole gli atteggiamenti e la cultura della madrepatria a causa di un senso di inferiorità culturale trasmesso nei secoli dall’Occidente alle sue colonie. Questo sentimento era tanto diffuso da costituire un argomento di discussione all’interno della stessa psichiatria, infatti è di Frantz Fanon l’espressione I Dannati della Terra usata per indicare tutte quelle persone che subivano l’influenza negativa dell’Occidente e che auspicavano il sorgere di un movimento terzomondista che potesse liberare le colonie da giogo degli inglesi.
Per quanto riguarda invece il ricorso costante alle prostitute da parte degli immigrati del romanzo di Selvon e dello stesso Moses, questo si lega alla teoria relativa all’antropologia del viaggio la cui ultima fase è, appunto, quella dell’erotismo. L’erotismo è il modo che ha il viaggiatore di entrare a contatto con la cultura altra e la donna che ne diventa il mezzo fa da mediatrice tra le due culture. Assistiamo, nel caso di Selvon, a un rovesciamento della situazione classica per due motivi: innanzitutto a compiere il viaggio non è un occidentale (a cui si applicano generalmente queste categorie), ma un uomo delle colonie e in secondo luogo perché l’erotismo diventa una fonte di esotismo che attrae nelle grinfie dello stereotipo sia le inglesi che interpretano, pur con le migliori intenzioni, la diversità come fonte di orgoglio vanesio nel possedere qualcosa che le altre non hanno, sia gli immigrati che vedono l’erotismo come occasione di riscatto e acquisizione di valore di fronte all’Occidente, senza rendersi conto che si fanno vittime inconsapevoli di una nuova forma di dominio, più subdola: quella che porta a pensare di essere tutti fratelli, mentre in segreto, di nascosto, affiliamo le armi.
Bibliografia:
V.S. Naipaul, I Mimi, Adelphi, Milano, 2011. F. Fanon, I Dannati della Terra, Einaudi, Torino, 2007. Immagini tratte da: http://www.ewallpapers.eu/55986-dark-london.html https://www.amren.com/features/2013/07/the-lonely-londoners/ http://www.brixtonblog.com/comment-immigration-lets-hear-it-for-the-pioneers/34680
0 Commenti
Lascia una Risposta. |
Details
Archivi
Febbraio 2023
Categorie |