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6/1/2018

L'origine del nulla

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Tentativo di recensione di un romanzo senza peso.
di Alberto di Pede
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​Ogniqualvolta leggo un libro e scatta quella magia che mi impedisce di distaccarmi dalle pagine, costringendomi a proseguire, a bere le parole, perché la sete non si placa mai, o quando gli impegni quotidiani mi costringono a separarmi da quell'oggetto magnetico e fremo nell'attesa di poter tornare a casa per riaprirlo e proseguirne la lettura, scoprendo così cosa si celi nelle pagine seguenti, ecco, in questi casi capisco di essermi imbattuto in un grande autore.
"Un bel libro è quello da cui non riesci a staccarti!" mi disse una volta uno scrittore che non è più tra noi.
E devo ammettere che, da scrittore, un po' di invidia l'ho sempre provata, perché questo è proprio il genere di risultato che ognuno di noi vorrebbe raggiungere: catturare a tal punto il lettore da non fargli mai alzare gli occhi, farlo diventare spettatore attivo della storia, quasi fosse un personaggio non pensato che si muove all'interno di essa.
Da fanatico divoratore di libri ho letto molto, anche "romanzi"' certamente non definibili tali, quelli che la gente comunemente definisce "libercoli".
Ma, a mio parere, chiunque può insegnarci qualcosa, anche il peggiore nel proprio campo.
Non ho mai considerato Dan Brown un grande scrittore, ma sarebbe iniquo giudicare Il Codice Da Vinci come mal scritto o poco coinvolgente ed è innegabile che in quel lavoro Brown abbia dato tutto sé stesso.
Sospendo il mio giudizio su Angeli e demoni, peraltro non oggetto di discussione in questo momento, ma mi soffermo su Origin, suo ultimo lavoro.
​Lavoro?!
Fin dalle prime pagine si ha netta la percezione che a scrivere non sia lui, ma un esercito di ghost writers ai quali siano stati affidati specifici capitoli, più simili a "pensierini" di alunni poco dotati, incollati tra di loro ed editati con un controllo superficiale, tanto da costringere il lettore a tornare indietro per riallacciare le fila in più occasioni.
Si notano chiare differenze di "stile" e ripetizioni continue che, oltre ad essere fastidiose, interrompono il ritmo, invitando il lettore a porsi più volte la fatidica domanda: "Forse avrei fatto meglio a non comprarlo?"
I tecnicismi sono del tutto assenti e non si è assolutamente tenuto conto né del fatto che il libro possa essere letto da addetti ai lavori, né della cultura media delle persone, né dell'esistenza della rete che concede controlli e verifiche.
L'autore cade inoltre spesso in contraddizioni a dir poco ridicole descrivendo, ad esempio, in modo minuzioso il modello dell'aereo con il quale l'ormai stantio prof. Langdon e la futura regina di Spagna Ambra Vidal tentano la fuga e, contemporaneamente, facendo sfondare allo stesso una rete, per poi fargli effettuare una retromarcia e farlo decollare tranquillamente.
Il tutto all'interno di un aeroporto gestito da una torre di controllo con la quale i piloti dialogano in modo a dir poco infantile.
Scene alla 007 abbastanza improbabili che sviliscono la trama, rendendola simile ad un action movie da pochi soldi che denotano il menefreghismo dell'autore nel voler approfondire gli aspetti più realistici del testo, menefreghismo che si riscontra anche in altre situazioni "estreme".
Ed è solo un esempio.
Uno scrittore che liberi la propria fantasia - ed ha tutto il diritto di farlo - non può e non deve mai perdere di vista la realtà delle cose, neppure se scrive di fantascienza, pena la mancanza di rispetto verso i propri lettori.
Proprio per questo si fa una fatica immensa a leggere più di due o tre pagine alla volta e non vi è alcun desiderio di riprendere in mano il libro per proseguire.
Il continuo girare intorno ad un mistero che viene forzatamente acuito, il perpetrasi di azioni quasi inumane, il costante contatto con un'intelligenza artificiale talmente progredita da poter comprendere l'animo umano, alienano il lettore, quasi si trattasse di impalpabile polvere cosmica.
La descrizione dei luoghi, infine, sembra estrapolata da wikipedia, con l'aggiunta di qualche nota di colore.
L'unico stimolo che si ha è quello di voler terminare quanto prima per conoscere il deludente, quanto improbabile finale, il che dimostra quanto l'autore abbia non scritto un libro, ma portato avanti un progetto editoriale al solo scopo di vendere il maggior numero di copie possibili.

Immagini tratte da www.ibs.it


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