Di Cristiana Ceccarelli Un titolo accattivante quello scelto da Diego De Silva, per il suo romanzo del 2010. Lo scrittore, sceneggiatore e giornalista italiano infatti, nella prolifica pubblicazione, ha voluto con questa, cantare le gesta di un gran “rimuginatore”, l’avvocato Malinconico Vincenzo. Altra scelta azzeccata, visto che l’azzeccagarbugli non fa che pensare a tutto quello che potrebbe essere stato.
Questo libro infatti racconta le vicende ma soprattutto le sfacciate e spesso taglienti opinioni e visioni su come capisce solo dopo il mondo del sig. Malinconico, che non si preoccupa mai dal fermarsi a dire la sua, salvo poi pensare a una miglior risposta una volta tornato a casa, cosa che lo spinge a scrivere interminabili memorie su word, che già dal giorno dopo hanno perso qualsiasi possibile e accettabile significato. L’avvocato è un tipo particolare, svolge la professione, non troppo spesso, ma non è specializzato, nella sua carriera ha frequentato un solo tribunale e le domande generiche sugli ultimi aggiornamenti lo fanno sentire inferiore. E’ divorziato e ha due figli; la ex moglie, psicologa con uno stipendio nettamente superiore al suo, gli chiede il mantenimento solo dopo il recente inizio di una convivenza con un’altra donna. La suocera scopre di avere il cancro. Il nostro protagonista è un semi-tutto, semi felice soprattutto, ma è anche un filosofo autodidatta, fautore del pensiero fuori contesto, che spunta e si evolve senza che lo si possa fermare. I suoi pensieri bislacchi però sono fuori contesto in un contesto che è poi l’azione del libro stesso, che gli da vita e forza di esistere. Il caso vuole che l’avvocato si trovi in un supermercato quando viene avvicinato dall’ingegnere Romolo Sesti Orfeo, che si presume lavori come tecnico dove Malinconico si era recato per l’acquisto strambo nelle motivazioni di un vasetto di pesto. L’ingegnere trattiene l’avvocato fino a quando non cattura e immobilizza con delle manette, al corrimano del banco latticini, un avventore del supermercato dall’evidente stile Matrix. Matrix, così verrà soprannominato, è un boss della camorra, e di cognome fa Sesti Orfeo. Malinconico sarà nominato dall’ingegnere avvocato d’ufficio in quello che lui ha progettato essere un processo in diretta, attraverso il sistema di sicurezza del supermercato, organizzato in teleschermi proprio a questo scopo. L’ingegnere aveva organizzato tutto e non manca niente: testimoni, curiosi, carabinieri, e più cosa importante visibilità. L’avvocato riuscirà a gestire la situazione con il suo spiccato e proverbiale senso del ridicolo e la sua irrisolutezza da forse vanesio insicuro, con le azioni che sono dilatate in modo spossante ma divertente dalle sue speculazioni filosofiche e dai suoi pensieri bislacchi. Dobbiamo trovare della moralità in questo scritto? Possiamo, effettivamente. L’avvocato sembra in effetti arrivare a grandi ragionamenti sull’amore, la vita, la giustizia. Quello che rende però questo libro davvero fruibile, nonostante l’intelligente complessità delle sue formulazioni, è lo scopo del libro stesso, sottolineato dall’autore attraverso le parole del protagonista: “Esistono due tipi di scrittura, quella disinteressata e quella utilitaristica. La seconda ha lo scopo di raggiungere un utile, la prima quella di non averlo. Scegliete voi quale delle due si adatta a questo romanzo. (se non entrambe. Ndr)
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Febbraio 2023
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