di Lorenzo Vanni L’approccio che adotta l’Occidente nei riguardi dell’Africa tende sempre a enfatizzare un certo modo di intendere la cultura dell’uno e dell’altro. Una, quella europea, civilizzata che prende se stessa come riferimento e modello su cui plasmare il resto del mondo visto, nel caso di molti paesi africani e non solo, come barbaro ed estraneo alla modernità; un’altra, quella africana, vista come terra di conquista, arretrata in una preistoria da cui deve essere sottratta per il suo bene. Questo atteggiamento neo-colonialista è al centro di un romanzo di Lawrence Osborne intitolato Nella polvere e pubblicato nel 2012, ma tradotto solo quest’anno da Adelphi. Il paese africano a cui qui si fa riferimento è il Marocco e l’ambientazione ci è pienamente familiare: in mezzo alla semi-povertà che esiste in molte città del paese, ci sono angoli abitati da occidentali (liberali, capitalisti, filantropi in questo ordine) dove ogni traccia di alterità è rimossa dalla vista. I protagonisti sono due inglesi che vengono invitati in Marocco a trascorrere un fine-settimana in uno ksar, una città fortificata in mezzo al deserto, allestita appositamente per occidentali, rimossa dallo sguardo della popolazione locale e in cui si ritrovano inglesi, americani e francesi per passare dei giorni di baldoria in totale spregio della povertà degli abitanti locali e, probabilmente, nell’illegalità. Quando la coppia di inglesi percorre la strada che li condurrà allo ksar di Azna, investono un uomo che invade la strada cercando di vendere loro dei fossili, commercio fiorente della zona. L’evento traumatizza la donna, ma l’uomo avverte solo uno spiacevole fastidio. Arrivati alla festa, tutto procederà nell’indifferenza pressoché totale finché non si presenterà il padre dell’uomo investito che pretende che l’investitore partecipi al funerale del figlio.
L’interesse del romanzo sta nel duplice racconto che fa delle due figure del ragazzo investito e dell’investitore, David; il primo soprattutto è un personaggio sfaccettato nel passato che evoca dopo il suo viaggio in Europa, con le sue promesse di felicità come deve averne per un abitante del Marocco. Eppure nonostante questa sua disposizione tendenzialmente positiva, rimane legato alla propria cultura di origine che lo porta a leggere tutto con la chiave della religione. Così come gli occidentali dello ksar leggono tutto alla luce del loro europeismo con tutto quello che significa: sfruttamento economico a discapito della popolazione locale. Sono due facce della stessa medaglia e il vero problema del rapporto tra l’occidente e il resto del mondo: la polarizzazione che divide il dominio della religione, sintomo di una cultura arcaica, dal dominio dell’economia, sintomo del progresso. I rapporti umani sono visti dagli occidentali come oggetto di monetarizzazione come altri elementi della vita. Osborne è occidentale e critica quel che conosce, l’Occidente: l’Occidente è corrotto, venale e classista. Questo, ci dice. Non che non si sapesse, ma fa sempre bene ribadirlo. Fonte immagine: amazon.it
2 Commenti
29/9/2021 12:08:21
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29/9/2021 12:10:11
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Maggio 2023
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