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Claudio Magris è uno dei più importanti scrittori viventi. Il suo nome compare regolarmente tra i candidati al Premio Nobel per la Letteratura da molti anni eppure, nonostante questo, non è tra i più noti al grande pubblico. Questo è forse dovuto alla scrittura di Magris, “alta” e per molti aspetti intricata, ma è questo uno degli elementi di maggior fascino per chi sia disposto a fare il tentativo di sospendere il giudizio e leggere uno dei suoi romanzi.
Magris nasce inizialmente come germanista dedicandosi in particolare allo studio dell’opera di autori come Hoffman e Joseph Roth, per non parlare ovviamente della sua tesi di laurea pubblicata nel 1963 che aveva come tema principale l’elaborazione del mito asburgico nella letteratura austriaca. Per una prima parte della sua carriera, l’autore si dedica alla stesura di saggi di germanistica poi, nel 1986, passa alla forma romanzo con Danubio, che assembla tutte le suggestioni derivategli dalla cultura mitteleuropea e ripercorre la Storia e i personaggi che hanno fatto grande quella parte di Europa. Il romanzo è ritenuto il suo capolavoro e, se sarà premiato al Nobel, sarà verosimilmente per questo suo volume ![]()
Il suo ultimo romanzo è invece Non Luogo a Procedere, pubblicato nel 2015 da Garzanti. La trama è tutt’altro che lineare e questo per alcuni lettori potrebbe costituire un ostacolo, ma la riflessione che fa Magris è fondamentale. Subito dopo la seconda guerra mondiale, un uomo decide di costruire un “Museo della Guerra per l’Avvento della Pace” attraverso cui ripercorrere tutti gli strumenti che nel corso del tempo sono stati sfruttati come mezzi per commettere violenze; vi trovano posto gli oggetti più bizzarri, passando dai panzer usati nella guerra a una sciarpa usata per strangolare un parente. La speranza è che, una volta esposte tutte quelle armi, la violenza venga fermata per sempre. L’uomo muore ma spera di poter portare a termine l’impresa; così, lascia un quaderno di appunti su cui sono riportati tutti i materiali e gli allestimenti del futuro Museo.
Luisa è invece la donna incaricata di portare a termine l’allestimento del Museo e leggendo gli appunti ripercorre mentalmente la storia della sua famiglia di origine ebrea nel periodo immediatamente precedente la guerra e durante il conflitto. A questa storia se ne affianca un’altra di un antropologo europeo del primo Novecento che porta dal Paraguay un Chamacoco per esibirlo davanti alla grande corte di Praga. Da un punto di vista critico, la necessità del Museo sta nel fatto che, se da un lato celebra la Pace esponendo il suo opposto fissandolo nel tempo, dall’altro la Storia viene di fatto archiviata e rimossa. Un’espressione usa Magris è “disattivazione della Storia”, e quindi l’intera opera museale ha la funzione di rendere innocua e distaccare da sé una realtà troppo dolorosa. Il pensiero di Magris è postmoderno e lo si deduce non solo da questo, ma anche da un’espressione che usa: “Tutto è segno”: ridurre i fatti della Storia a una serie di segni linguistici risponde a un’esigenza di dover interpretare la realtà come se fosse un grande discorso. Da questo emerge l’incertezza e la natura sostanzialmente tragica del pensiero di Magris. La guerra non può essere vissuta in modo pacifico perché segna un punto di rottura troppo netto con l’idea di mondo che dominava in passato. La Seconda Guerra Mondiale ha aperto le porte a un nichilismo disperato di cui è impossibile liberarsi a meno che non si accetti di reinterpretare la realtà secondo la propria visione delle cose. Se anche la morte è un fatto della Storia e i fatti della Storia devono essere interpretati, si aprono prospettive inedite. Immagini tratte da: http://www.quilibri.eu/96-2/ http://www.mondadoristore.it/Non-luogo-a-procedere-Claudio-Magris/eai978881114373/
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Maggio 2023
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