By David Foster Wallace
Shipping out – on the (nearly lethal) conforts of a luxury cruise era il titolo originale del breve saggio che scrisse David Foster Wallace a proposito di una crociera nei Caraibi; lo scrittore fu infatti invitato dalla rivista americana Harper’s Magazine a partecipare a questo viaggio e poi a scriverne una sorta di diario, reportage delle sue esperienze e riflessioni. Il saggio uscì sulla rivista nel 1996 e fu poi pubblicato nel 1997 con il titolo A Supposedly Fun Thing I'll Never Do Again in una raccolta di testi dell’autore. David Forster Wallace è stata sicuramente una figura emblematica nella letteratura contemporanea: definito dal New York Times un "Émile Zola post-millennio" e ancora "la mente migliore della sua generazione", è stato spesso accostato a scrittori del calibro di De Lillo, Nabokov e Borges. Il suo secondo romanzo Infinite Jest è entrato nella classifica del Time come uno dei “cento migliori romanzi di lingua inglese dal 1923 al 2006”. Una cosa divertente che non farò mai più, questo il titolo del breve scritto, edito in Italia da Minimum Fax, si presenta fin dall’inizio con alcune delle caratteristiche tipiche della scrittura di Wallace. Primo tra tutte, il massiccio uso di note a piè di pagina, spesso molto lunghe, proseguono anche per più di una pagina, racchiudendo al loro interno aneddoti e storie secondarie o correlate. Secondo fondamentale tratto distintivo è l’uso di un tono umoristico, ironico; l’umorismo di Wallace è però un umorismo che lascia sempre un po’ di amaro in bocca, che non nasconde né occulta sia la critica che spesso lo scrittore rivolge alla società né la sua personale depressione. Ci troviamo quindi in fila, pronti all’imbarco insieme a un Wallace non proprio entusiasta come lui stesso tiene a precisare “dall’11 al 18 marzo 1995 io, volontariamente e dietro compenso, mi sono sottoposto alla crociera «7 Notti ai Caraibi»”. Inizia così un viaggio che si snoda dal racconto di esperienze e sensazioni estremamente soggettive e personali a riflessioni sull’industria delle navi da crociera, passando per un’attenta analisi sociale delle varie persone che si possono incontrare a bordo. Leggiamo insieme a Wallace la brochure che non “consiste tanto nell’invito a sognare quanto nella vera e propria evocazione del sogno”, un sogno che in modo autoritario e pretenzioso non vuole cercare di farci divertire e rilassare, ma che lo farà di sicuro perché non potrà essere altrimenti. Saliamo quindi a bordo di questo colosso che si muove sull’acqua, un’enorme macchina del divertimento, che realmente è pronto e organizzato per farci sentire viziati, viziati come lo potrebbero essere solo dei bambini. E se da un lato seguiamo i buffi tentativi di Wallace di sorprendere la cameriera-fantasma Petra mentre riordina la sua cabina, o ridiamo dell’acuta analisi che ci fa dei suoi compagni di tavolo o di altri nadiriti (nome degli altri passeggeri che sono con lui sulla nave, che si chiama appunto Nadir), dall’altro lato lo stesso occhio clinico mette in luce tutte le possibili controindicazioni della crociera: il sistema di gerarchie che vige tra l’equipaggio, dove chi occupa le posizioni più alte esercita un vero e proprio terrore sui subordinati, l’obbligo per questi di dotarsi sempre di un “Sorriso Professionale” quando “l’equipaggio è costretto a lavorare a ritmi dickensiani, ritmi troppo feroci per permettere di essere sinceramente cordiali”. Il libro di Wallace è una satira ironica e brillante del mercato del turismo di massa, del turista medio che non può mai permettersi di ammettere che non vuole o vuole fare qualcosa semplicemente per il gusto di farlo, ma che deve sempre ricorrere a una scusa. Ma è anche molto altro: quella di Wallace è anche la voce a tratti disperata (parola spesso usata dallo scrittore) di un uomo che immerso in una collettività, sotto l’imperativo categorico del divertimento, non riesce a sfuggire dalla sua solitudine e dalle sue paure. Anzi, spesso questa condizione è soltanto un motivo di maggiore inadeguatezza ed esclusione. “In queste crociere extralusso di massa c’è qualcosa di insopportabilmente triste. Come la maggior parte delle cose insopportabilmente tristi, sembra che abbia cause inafferrabili e complicate ed effetti semplicissimi: a bordo della Nadir – e soprattutto la notte, quando il divertimento organizzato, le rassicurazioni e il rumore di allegria cessavano – io mi sentivo disperato. Ormai è una parola abusata e banale, disperato, ma è una parola seria, e la sto usando seriamente.” Un libro da leggere tutto d’un fiato, apprezzando lo stile originale e impeccabile di un autore che ha saputo, con un’apparentemente banale reportage di vacanza, dipingere le fragilità della condizione umana nella società moderna. Foto tratte da: http://www.anobii.com/books/Una_cosa_divertente_che_non_far%C3%B2_mai_pi%C3%B9/9788875214012/011fc47c0965410fc9 http://linfernale.altervista.org/tag/david-foster-wallace/ Potrebbe interessarti anche:
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Febbraio 2023
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