25/10/2019 Presentazione di “La Macchina del Vento” di Wu Ming 1 alla Biblioteca Civica Falesiana di PiombinoRead Nowdi Lorenzo Vanni Si è tenuta venerdì 25 ottobre la presentazione del nuovo romanzo di Wu Ming 1, alias Roberto Bui, “La macchina del vento”; quella che solitamente è una sala studio, è stata affollata da lettori appassionati che, fin dall’inizio, hanno fatto sentire tutto il loro calore. È difficile definire la narrativa di Wu Ming. Una definizione che è stata data è quella di romanzo neo-storico italiano formulato dalla maggiore conoscitrice del collettivo, Giuliana Benvenuti. I Wu Ming danno un nome alla loro linea d’azione: poetica della lamina. Così come una lamina può sopportare qualunque sollecitazione nonostante gli stimoli che può ricevere, allo stesso modo la finzione narrativa può inserirsi nella Storia senza che quest’ultima ne risulti modificata. Gli strumenti a cui può ricorrere un autore di romanzi storici sono numerosi e questo consente di ottenere un grado di realismo storico che in passato non era possibile. Wu Ming 1 aveva avuto l’idea per il romanzo poco dopo aver letto un intervista allo Spectator, quotidiano inglese di destra, in cui Silvio Berlusconi sosteneva che Mussolini non aveva mai ucciso nessuno e che mandasse i comunisti su alcune isole, oggi mete turistiche. Tra queste c’era Ventotene. L’ambientazione è tutt’altro che neutra: Ventotene non è un semplice luogo di esilio, ma il luogo in cui si formano le principali menti che unite insieme danno forma al progetto della Resistenza gettando le basi per gli anni immediatamente successivi alla dittatura. In un momento storico in cui non si aveva una chiara percezione della possibilità della fine del regime che, anzi, appariva eterno. La scelta di fare in modo che tutta l’azione sia concentrata sull’isola permette di sfruttare le unità aristoteliche di tempo, luogo e azione. Tutta la vicenda si svolge in un solo giorno, nello stesso luogo. Il tema del tempo è inserito nella definizione del periodo storico affrontato all’interno del romanzo, ossia il periodo del Ventennio fascista e della resistenza interpretandolo come un’applicazione dell’universo concentrazionario secondo la teoria formulata negli anni ’60 da Michel Foucault. Viene ipotizzato che un fisico arrivi sull’isola portando con sé il segreto per costruire una macchina del tempo. Riflettere sul tempo permette anche di capire quanto le attività intellettuali in confino fossero in fermento tanto da cominciare a immaginare un futuro che non c’era e che, in Italia, era impossibile da immaginare. Ventotene tuttavia non è un luogo neutro anche perché è su quell’isola che prende forma il progetto dell’Unione Europea e quindi è possibile fare in modo che romanzo assuma anche un valore politico: pubblicato ad aprile 2019, è impossibile non leggerlo come una sorta di risposta alle politiche anti-ONG portate avanti dal Ministero dell’Interno a partire dal Codice Minniti per finire poi con i decreti sicurezza dell’ex-ministro Salvini. Gli intellettuali che sono confinati su Ventotene saranno, di fatto, tra i padri fondatori dell’Europa di oggi e parlarne significa ribadire l’importanza dell’appartenenza comune ad un unico grande progetto mentre allo stesso tempo si creano i presupposti per realizzare Mare Nostrum, intendendo il mare secondo quanto l’espressione latina suggerisce: un luogo di transito. Non un ostacolo come vuole la lettura deformante data in anni recenti. La gestazione del libro è stata molto lunga: terminata la prima parte nel 2005, solo nel 2017 c’è stata effettivamente la possibilità di riprendere in mano il lavoro. Erano gli anni in cui le politiche immigratorie diventavano argomenti centrali nei dibattiti quotidiani e proprio per questo, alla sua uscita nel 2019, “La macchina del vento” è stato recepito come un testo urgente e importante. Foto dell’autore dell’articolo.
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