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24/3/2021

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di Agnese Macchi
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Ho sceso dandoti il braccio, è una poesia di Eugenio Montale, composta nel novembre del 1967 in memoria della moglie defunta, Drusilla Tanzi. Come era suo solito fare Eugenio aveva dato un soprannome alla donna: Mosca, così la chiamava, difatti lei portava occhiali dalle lenti spessissime, a causa di una forte miopia. Il componimento è il numero cinque di Xenia, poi inserito nella raccolta Satura. La lirica è una delle più note dell’autore, breve, consta soltanto di dodici versi, ma comunica appieno che cosa rappresentassero Mosca e Montale, l’una per l’altro.

Centrale nella poesia è l’abitudine che aveva Montale quando la moglie era in vita, di porgerle il braccio scendendo le scale a causa appunto della scarsa vista di lei, con un’iperbole si suppone che gli scalini scesi insieme siano stati almeno un milione, per rendere l’idea di quanto tempo i due abbiano trascorso amandosi. Ma Drusilla per Eugenio è stata qualcosa di più, si crea una sorta di contrasto tra i personaggi; se Montale è stato gli occhi di Mosca, questa, mostrandogli ciò che è invisibile alla vista, ha permesso al poeta di comprendere il linguaggio del cuore, di guardare alle cose con esso. “Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio non già perché con quattr’occhi si vede di più. Con te le ho scese perché sapevo che di noi due le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, erano le tue.” così Montale si congeda dalla moglie, ma anche da tutto quello che di effimero e mondano si insinua nella vita di tutti. Allora al poeta non servono più le coincidenze, gli appuntamenti, le prenotazioni e le ricorrenze, quando lo si impara a fare, non si può vedere che col cuore.

Drusilla ora non c’è, e per il poeta è “il vuoto ad ogni gradino”, seppure quelli scesi insieme siano almeno un milione, gli sembra che il tempo del loro amore sia stato comunque breve. Ma il viaggio di Montale continua, questo ce lo dice lui, d’ora in poi sarà diverso, avrà i mezzi giusti per comprendere il mondo, per decifrarlo. Per questo Drusilla è una donna immortale, è a lei che si deve un pezzetto di questa arte, un pezzetto di Eugenio Montale. Ci sono cose che possiamo fare a meno di vedere, e altre che invece sono indispensabili, a quelle bisogna guardare più che a dove si mettono i piedi.

Perché per guarire un cuore miope non basta indossare le lenti.
​


​Immagini tratte da https://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/2/2c/Tanzi_Montale.jpeg

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