![]()
“Regressione suicida, dell’abbandono disperato di Emil Cioran e Manlio Sgalambro”: Salvatore Massimo Fazio, fondatore del nichilismo cognitivo, nella sua quarta prova d’autore, attraverso l’analisi degli “stili di pensiero” di Cioran e Sgalambro, ci lascia intravedere una personalissima ipotesi filosofica, che irrompe in sordina quasi a voler rompere il velo di una realtà illusoria, liberare da deformazioni e sovrastrutture.
Fazio analizza e compara il pensiero di due delle figure più eccentriche del Novecento filosofico europeo, due filosofi che, seppur nella loro estrema diversità, sono accomunati dal fatto di aver non solo registrato, ma persino accolto con gioia l’epilogo della filosofia, filosofia come metafisica e antropologia metafisica. In un panorama di ultra-nichilismo da un lato e contemplazione indifferente dall’altro, la realtà sembra rivelarsi nella sua verità solo come qualcosa di esterno al mondo, alla storia, alla grande illusione politica. Come lo stesso Sgalambro afferma, l’esigenza che fa cozzare i progetti umani contro la realtà, che li fa fallire miseramente non è altro che rivelazione della verità: “All’universale concepito come un libero incontro tra i singoli tende per sua natura il falso: esso è l’accordo di tutti contro l’unilateralità scandalosa del vero”. Lo spettro della verità non irrompe come una luce che acceca, ma come un continuo déjà-vu a singhiozzo, barlume di consapevolezza impotente che società e realtà siano solo allucinazioni e illusioni collettive. Un urlo contro una concezione fisica del mondo che non è altro che l’irrigidimento di un pensiero che riflette la riduzione del mondo a pura materia dove la politica resta “quel minimo indispensabile a cui una banda di conigli e miserabili, incapace di autogovernarsi e decidere, delega la propria salvezza” Salvezza ricercata nella cioraniana “gnosi del nulla” che , se si va oltre il giudizio superficiale, non è distruzione bensì creazione: la disperazione dell’io, data dalla follia, sofferenza, dolore, morte e contemplazione di esse, trae fuori da se stessi e precipita nel caos che tuttavia appare come un ritorno, ritorno a una verità da sempre presente. Verità nella distruzione/creazione che porta Cioran a voler vivere appartato “sotto la fascinazione del sole verginale e del sole decrepito”. Nella completa sfiducia e indifferenza del mondo appare l’arte, vista da entrambi i filosofi come qualcosa che surclassa l’esistenza, o l’essere, qualcosa cioè capace di trascendere il vero e la verità del mondo, per proiettare il Pensiero nello spazio del bello, sua stessa immagine. Senza tralasciare critiche pertinenti e costruttive, Fazio sembra voler riscattare questi due filosofi praticamente ignorati dalle università, che non possono dar luogo a una scuola, ma solo a uno stile di pensiero, individuando proprio in questo il loro merito, la forza intellettuale di provocare un’alternativa conoscenza dell’essere, di risvegliare la coscienza. È proprio puntare alla coscienza l’unica azione possibile, regredire al concetto di suicidio; suicidio inteso non come azione violenta della specie rivolta a se stessa, ma come ritorno alla coscienza, alla bellezza dell’amore.
Immagini tratte da:
http://www.salvatoremassimofazio.it/ http://www.bonfirraroeditore.it/saggistica/regressione-suicida-detail.html
0 Commenti
Lascia una Risposta. |
Details
Archivi
Maggio 2023
Categorie |