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27/10/2016

Samuel Beckett e il Teatro dell’Assurdo

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​di Ludovica Delfino
Definito “la personalità più originale degli anni Cinquanta”, Samuel Beckett diviene simbolo ed esponente principale di un nuovo stile teatrale che comprende un particolare tipo di opere scritte da alcuni drammaturghi, soprattutto europei, sul finire degli anni  ’40, ’50 e ’60, il Teatro dell’Assurdo.
Il termine fu coniato dal critico Martin Esslin, che ne fece il titolo di una pubblicazione del 1961 “The theatre of the Absurd”. Per Esslin il lavoro di questi autori consiste in un’articolazione artistica del concetto filosofico di assurdità dell’esistenza, elaborato dai principali autori dell’Esistenzialismo, Sartre e Camus.
Le caratteristiche peculiari del Teatro dell’Assurdo sono il deliberato abbandono di un costrutto drammaturgico razionale e il rifiuto del linguaggio logico-consequenziale. In particolare, la struttura tradizionale (trama degli eventi, concatenazione, scioglimento) viene rigettata a favore di un’alogica successione di eventi, legati tra loro da un’effimera traccia apparentemente senza alcun significato, costituita da dialoghi senza senso, ripetitivi e serrati.
L’opera di Beckett che raccoglie, per così dire, tutte queste caratteristiche appena annoverate è la celebre tragicommedia “Aspettando Godot”.

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Vediamone la trama. Nel primo atto due uomini vestiti come vagabondi, Vladimiro ed Estragone, si trovano sotto un albero in una strada di campagna. Sono lì perché un certo Godot ha dato loro appuntamento. Il luogo e l’orario dell’appuntamento sono vaghi. I due non sanno neanche esattamente chi sia questo Godot, ma credono che quando arriverà li porterà a casa sua, gli darà qualcosa di caldo da mangiare e li farà dormire all’asciutto. Mentre attendono passa sulla stessa strada una strana coppia di personaggi: Pozzo, un proprietario terriero, e il suo servitore, Lucky, tenuto al guinzaglio dal primo. Pozzo si ferma a parlare con Vladimiro ed Estragone. I due sono ora incuriositi dall’istrionismo del padrone, ora spaventati dalla miseria della condizione del servo. Lucky si rivela tuttavia una sorpresa quando inizia un delirante monologo erudito che culmina in una rovinosa zuffa tra i personaggi. Pozzo e Lucky riprendono il loro cammino. Intanto è calata la sera. Godot non si è fatto vivo. Arriva però un ragazzo, un giovane messaggero di Godot, il quale dice a Vladimiro e a Estragone che il signor Godot si scusa, ma che questa sera non può proprio venire. Arriverà sicuramente domani. I due prendono in considerazione l’idea di suicidarsi, ma rinunciano. Poi pensano di andarsene, ma restano. Fine primo atto. Nel secondo atto accadono esattamente le stesse cose. I due protagonisti attendono sotto l’albero, di nuovo vedono passare Pozzo e Lucky (Pozzo nel frattempo è diventato cieco). Di nuovo Pozzo e Lucky se ne vanno. Di nuovo arriva il messaggero a dire che Godot non può venire ma verrà sicuramente domani. Di nuovo prendono in considerazione l’idea di mollare tutto. Di nuovo rinunciano. Fine.
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Immagini tratte da:
http://www.lacooltura.com/2015/07/samuel-beckett-godot/
http://genius.com/Samuel-beckett-waiting-for-godot-act-i-annotated
http://www.biography.com/people/samuel-beckett-9204239
Innanzitutto, perché parliamo di tragicommedia? L’uso della parola “tragica” può essere rapportato al significato di vita molto profondo e toccante.
Il particolare lessico si riassume nei silenzi e nelle lunghe pause che intercorrono tra i dialoghi brevi, ma incisivi; silenzi e pause che simboleggiano l’incapacità dell’uomo di comunicare con i suoi simili.
La scenografia è molto spoglia: un albero, un lampione sono sufficienti per centrare l’attenzione sulle parole e sulla loro irrealtà.
I personaggi sono cinque ma in realtà sono solo due i veri protagonisti: Vladimiro detto “Didi” ed Estragone detto “Gogò”; il primo rappresenta la fiducia, colui che non perde la speranza nella venuta di Godot, l’altro, poeta e sognatore, è un debole e contempla il suicidio come alternativa a una vita da cambiare, trascinata da aspettative inutili.
I personaggi sono sospesi nel tempo, incapaci di muoversi e di affrontare una vita basata sull’attesa: non a caso, la commedia è stata definita un’incredibile commedia dell’attesa.
L’immobilità dei due personaggi principali, dimostrabile sia al termine del primo che del secondo atto, quando il sipario cala ma incredibilmente essi rimangono fermi con i piedi incollati alla scena, racchiude due temi fondamentali della pièce che si intrecciano ed, in qualche maniera, escludono a vicenza: speranza e rinuncia.
Il destino, altro elemento da non disconoscere, è disegnato come punto interrogativo, legato all’attesa di Godot che forse cambierà la vita dei protagonisti.
Importante la presenza del bambino che fa la sua comparsa solo e quando deve avvisare che Godot verrà il giorno dopo. Questo fanciullo è stato identificato come il “Messia” che annuncia il suo arrivo, non lo nega ma neppure lo conferma.
Emblematico, inoltre, il messaggio portato dagli altri due personaggi, Pozzo e Lucky, che nella seconda comparsa sulla scena vivono una condizione totalmente agli antipodi rispetto alla prima comparsa: il primo diventa cieco, il secondo sordo. Questo evidenzia la precarietà della posizione sociale dell’uomo e come il tempo possa cambiare o capovolgere il destino.
Filosofia della fragilità, della precarietà vitale che può avvolgere tutti indistintamente, una realtà schiacciante, poiché Godot non verrà.
Ma chi è Godot? Il destino, la morte, la fortuna?
Se lo stesso Beckett disse, parlando della commedia, che “se avesse saputo chi fosse Godot, l’avrebbe scritto nel copione”, è davvero importante scoprirlo?

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