Capita a volte che un libro veda la sua nascita in un determinato anno, per esempio nel 1965, ma che passi in sordina. Capita che lo stesso libro venga “riscoperto” e ridato alla stampa quasi quarant’anni dopo, per esempio nel 2003; ma questa volta quel libro semisconosciuto e anonimo diventa il caso editoriale dell’anno e vende più di 50.000 copie. Questa è la storia di Stoner di John Williams, edito in Italia da Fazi Editore. Un romanzo non troppo lungo (supera di poco le 300 pagine), che con modeste ambizioni ci racconta la vita di un uomo qualunque: William Stoner. Quando incontriamo Stoner alla prima pagina è un ragazzo di campagna di umili origini di 19 anni. Siamo nel Missouri e quella sullo sfondo è l’America di inizio Novecento; leggendo questo romanzo ci muoveremo su una sorta di linea del tempo immaginaria, che ci farà attraversare le due guerre mondiali fino a condurci a metà secolo, per la precisione al 1956. Ma i grandi spazi americani, i cambiamenti sociali, perfino le due grandi guerre che hanno devastato i nostri Paesi restano sullo sfondo, ne sentiamo l’eco ma non le viviamo concretamente. Quello che Williams riesce a tenere in primo piano è invece l’uomo, William Stoner. Non è un caso infatti che la storia si concluda nel 1956, anno della sua morte. Stoner è un uomo ordinario: sicuramente una mente brillante, ma anche un uomo schivo, spesso goffo, inadatto o inconcludente nei rapporti interpersonali, un uomo capace di provare forti passioni, ma spesso incapace di trasmettere all’esterno questo suo slancio:
“Sempre, fin dalle sue prime, maldestre esperienze come matricola del corso di inglese, aveva percepito l’abisso tra i sentimenti che lo studio suscitava in lui e la sua capacità di esprimerli in classe. (…) Ciò che prima pulsava di vita avvizziva subito nelle parole e ciò che si muoveva in lui appena pronunciato diventava gelido. E la percezione della sua inadeguatezza lo angustiava a tal punto che quel sentimento si fece costante, diventando parte di lui come la curvatura delle spalle.” A 19 anni, dopo aver trascorso quasi tutta la sua vita dando una mano ai genitori nella fattoria di famiglia, Stoner si iscrive alla facoltà di Agraria dell’Università di Columbia grazie alle esortazioni di un ispettore della contea (“Dice che secondo lui dovresti andare” dirà il padre a Stoner). Quattro anni di studi e poi il ritorno alla fattoria per mettere in pratica quanto imparato: questo il progetto futuro di Stoner. Ma qualcosa si mette in mezzo, e non è una donna, delle cattive compagnie o una ribellione giovanile, ma un esame di letteratura inglese e il suo professore Archer Sloane: “Ma era l’esame di letteratura inglese a creargli i problemi maggiori, turbandolo come mai gli era accaduto prima.” Un turbamento che è indice di una nuova passione, di un interesse nuovo, tanto che nel secondo semestre di quello stesso anno Stoner abbandona Agraria e inizia a seguire corsi di storia, filosofia e lettere. Da questo momento l’amore per i libri, per i classici, diventerà il vero rifugio di Stoner; i suoi momenti di studio saranno il luogo capace di dargli pace, il suo posto in questa vita, dove sentirsi appagato e dove avvertirà meno il peso della sua inadeguatezza. “Vagava per i corridoi della biblioteca dell’università, in mezzo a migliaia di libri, inalando l’odore stantio del cuoio e della tela delle vecchie pagine, come se fosse un incenso esotico. Certe volte si fermava, prendeva un volume da uno scaffale e lo teneva per un istante tra le sue manone, che vibravano al contatto ancora insolito con il dorso e il bordo e le pagine docili. Poi cominciava a sfogliarlo, leggendo qualche paragrafo qua e là, e le sue dita rigide giravano le pagine con infinita attenzione, quasi timorose di distruggere, con la loro rozzezza, ciò che avevano scoperto con tanta fatica.” Questa nuova consapevolezza sarà il fil rouge della vita di Stoner: non verrà meno quando conoscerà la donna che diventerà sua moglie, Edith, né alla nascita di sua figlia Grace, né durante gli scontri accademici con Lomax, tantomeno quando conoscerà l’amore vero, con Katherine. La bellezza del romanzo di Williams si colloca in una voluta assenza di unicità, che per una volta non ci conduce in storie ricche di pathos, di avventure rocambolesche o scenari fantastici. La bravura dell’autore risiede in questa scelta, ma anche nella sua straordinaria capacità di scrivere: una scrittura piana, lineare che sembra scorrere in modo ordinato lungo una linea temporale, ma che riesce a cristallizzare alcune scene tanto da farcele immaginare vivide nella nostra mente come se stessimo guardando un film. Allo stesso modo, la scelta di un narratore esterno non ci impedisce di provare una sorta di empatia sentimentale con i protagonisti della storia, le cui emozioni escono dalle pagine del romanzo per investirci come un’onda. Aspettiamo di vedere se il prossimo film di Joe Wright con Casey Affleck nei panni di William Stoner saprà regalarci le stesse emozioni; nel frattempo non posso che consigliarvi la lettura di questo “riscoperto” capolavoro. Foto tratte da: https://fazieditore.it/catalogo-libri/stoner-2/ I disegni inseriti in questo articolo sono stati espressamente realizzati da Elisa Grilli, per visionare altre sue opere visitate: https://elisagrillidc.wixsite.com/drawing2dream oppure https://www.facebook.com/elisagrillidicortona/ Potrebbe interessarti anche: http://www.iltermopolio.com/letteratura/follia-di-patrick-mcgrath-e-il-ritorno-del-gotico http://www.iltermopolio.com/letteratura/le-nostre-anime-di-notte
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Febbraio 2023
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