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27/10/2018

Storie di uomini, artifici e contraddizioni

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Vi presentiamo il reportage della Prima Nazionale dello spettacolo "Nel Labirinto. Discorso sul Mito", di e con Vittorio Continelli, andato in scena alla Biblioteca "Giovanni Gronchi" di Pontedera venerdì 19 ottobre in occasione delle celebrazioni del decennale di spettacoli del Teatro Era.
di Enrico Esposito
Un filo rosso raggomitolato, che disegna il perimetro di un rettangolo. Ai quattro lati altrettanti pali di legno, intorno cui Vittorio Continelli passeggia, si immobilizza per indagare l'orizzonte e tesse le tele di un racconto senza tempo. Lo sfondo indaco - vitreo della magnifica Biblioteca "Giovanni Gronchi" viene inghiottita gradualmente dall'approssimarsi della notte, mentre si scopre già assorbita nel gioco di luci proiettato da Fabio Giommarelli. 
Foto

Creta è il centro del mondo questa sera. La terra a sé sul cui solo vanno in scena scontri tra dei e uomini, uomini e uomini, uomini e animali, mentre la storia fa passi da gigante e si gettano le basi della nascita di un continente, l'Europa, che deve il suo nome alla mortale sedotta da Zeus, il padre dei numi. Europa vertice e coda della narrazione in climax che Continelli cuce con estrema calma, razionalità, prestando l'attenzione necessaria all'importanza dei dettagli, delle statuine seppur minuscole e talvolta appena nominate che entrano a far parte di uno scacchiere ben delimitato ma al suo interno inquieto. L'eternità del mito, il suo intramontabile fascino si manifestano attraverso la "solidarietà" di una performance teatrale in divenire, che in una sola ora percorre tempi e psicologie molteplici, ma connesse tra di loro in maniera inestricabile. Europa è la madre di Minosse, il supremo sovrano di Creta, l'uomo tutto d'un pezzo che si lascia tuttavia avvincere dal fascino di un toro bianco meraviglioso destinato a Poseidone, ma in realtà mai sacrificato al vendicativo dio del mare. Minosse commette un errore dal quale scaturiranno per lui conseguenze inimagginabili che lo coinvolgeranno in prima persona, e getteranno la vergogna alla sua corte. Pasifae, la sua sposa, diventa la vittima predestinata della furia di Poseidone, e irrimediabilmente si trasforma nell'esecutrice di un'azione mostruosa, contronatura, che la porta a covare negli anfratti della sua anima inquinata una turpe attrazione per quel toro bianco dai tratti divini. In poco tempo, Pasifae viene divorata dal suo folle desiderio, giorno e notte, e un mattino, riesce con una scusa a uscire da palazzo e compiere su un prato la volontà degli dei. Pasifae, la regina, rimane incinta, e ora porta nel suo grembo il frutto divino, una creatura dal corpo umano ma dalla enorme testa taurina, il Minotauro, il cruccio di Minosse sino alla fine dei suoi giorni.
Non ci sono forzature nella voce di Continelli. Né freddezza. Al contrario domina in lui la volontà di mettere da parte presto l'emozione che lo accompagna all'inizio, per esprimere una partecipazione accorata alle lotte interiori vissute dai protagonisti, alle contraddizioni che rovesciano l'esistenza di uomini e donne come noi, che si ritrovano a essere traviati sotto il peso imbattibile della gelosia divina. Le iterazioni, i silenzi e i mutamenti di tono che l'attore impiega frequentemente nel corso della sua interpretazione svolgono una funzione decisiva e "altruistica" nei confronti degli spettatori, ai quali viene lasciato il tempo di riflettere su quanto narrato, di ritornare a pensarci dopo decenni, oppure scoprire il valore altissimo di leggende conservate da millenni. E quando le parole incominciano ad alternarsi con alcuni movimenti studiati sulla scena e si intensificano i blitz del contrabbasso di Ares Tavolazzi, la tensione si inserisce come un coltello tra le pieghe della storia, che diventa truculenta, sanguinaria. Fa la comparsa sulla scena l'eroe bellico per eccellenza, Teseo, venuto da Atene per essere dato in pasto alla belva, come ogni anno succedeva a sette ragazzi e ragazze della sua città. Una consuetudine terribile, un supplizio imposto da Minosse ad una delle realtà rivali della Grecia per sopperire a un grave misfatto, l'uccisione degli ateniesi di Agenore, figlio di Minosse, ammazzato perché invidiato per le sue magistrali doti canore. Teseo, figlio del re Egeo è giunto però a Creta su una nave a capo del suo manipolo di uomini, e non sa che il fato ha in serbo per lui eventi imprevisti, nel bene e nel male. Il fato sceglie Arianna, figlia di Minosse, come figura fondamentale nell'evoluzione della storia, perché Arianna, innamoratasi a prima vista del condottiero ateniese, farà di tutto per aiutarlo nell'impresa in cui nessuno è mai riuscito finora: eliminare il  Minotauro.
E dunque ecco comparire lo stratagemma del filo di Arianna, che consente a Teseo di non smarrirsi all'interno del labirinto che abita il mostro, di ucciderlo, e ritrovare l'uscita per poi volare nella notte cretese lontano dall'isola, portare con sé l'amata Arianna, e far ritorno ad Atene, dove sarà incoronato e darà inizio ad una nuova fase della storia greca. Il filo, il labirinto, il marchingegno dalle fattezze di una mucca in sui si cela Pasifae, le ali di cera di Icaro. Una serie di formidabili invenzioni fuoriuscite dalla mente sopraffina di un genio dei calcoli, dei ragionamenti, un esule ateniese, Dedalo, ingegnere al servizio di Minosse, confidente della regina e della figlia Arianna, e poi padre, di un fanciullo che lo odia perché verrà rinchiuso insieme a lui proprio all'interno del labirinto dal re di Creta dopo la morte del Minotauro. Dedalo però viene perdonato con ardore dal figlio nell'istante in cui realizzerà l'ennesimo artefatto, delle ali come quelle degli uccelli attaccate alla schiena del giovane, che permettono a entrambi di fuggire dal labirinto, ma allo stesso tempo di andare incontro alla morte, nello scontro con il sole, Helios, nel raffronto ingiurioso con la divinità, che controlla il labirinto dell'uomo.

Immagini tratte da foto di Nico Bruchi, gentilmente fornite da Micle Contorno, Ufficio stampa del Teatro Era

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