La storia del pensiero psicoanalitico trova al suo interno un intimo e proficuo legame con il teatro, quel teatro che offre un accesso insolito e privilegiato non solo a varie personalità, ma proprio a differenti stati mentali. Il lavoro di recitazione e di regia, infatti, indaga la natura dei diversi stati mentali dei personaggi, anche estremi, della tradizione teatrale occidentale e permette di entrare in contatto diretto e di riflettere sulla dimensione mentale inconscia del personaggio e dello stesso autore che lo crea. Nei suoi primi scritti Freud ha usato spesso termini come “ruolo”, “scena”, “maschera”, per descrivere quel particolare “teatro” che è l’inconscio. A partire da Freud, altri autori si sono interessati alle opere teatrali, al loro significato e alla loro fruizione, tra cui possiamo annoverare Otto Rank, Eric Fromm e Jacques Lacan. Un discorso a parte merita l’opera di Jacob L.Moreno che, a partire dal 1921, ha sviluppato un metodo denominato Psicodramma che spinge il soggetto verso un lavoro di ricerca attiva: si tratta di una forma di psicoterapia dove, recitando una situazione passata, presente o futura, i conflitti e gli eventi problematici vengono rivissuti ed elaborati. Ampliando la visione, riguardo alla percezione dell’insight estetico, Di Benedetto, analizzando l’opera di Pirandello, ha esaltato la capacità del teatro come strumento di conoscenza esistenziale. Come egli scrive: “Per vivere non si può far altro che accettare la limitazione di un’immagine falsificante, la condanna a recitare una parte. L’unica verità incontestabile è la finzione. Il teatro, si è detto, la fa conoscere, rappresentandola. La vita la presenta e basta. E purtroppo impone di subirla, scindendo il vero-Sé di ciascuno dai rapporti umani. L’esistere è dunque la tragedia vissuta senza scampo. Il teatro è invece congegno per rivivere quella stessa tragedia, prendendone le distanze e osservandola. È il luogo dove lo spettatore scopre un senso e scopre le verità occultate dalle convenzioni socio-culturali”. Il legame tra psicoanalisi e teatro è evidente nel fatto che l’opera teatrale vive dei fenomeni inconsci interni all’individuo, delle problematiche relazionali e familiari, dell’esperienza umana in senso più ampio che dal particolare giunge all’universale. Nell’analisi dei personaggi permangono, infatti, delle caratteristiche di universalità, indispensabili per quei meccanismi psicodinamici che appartengono alla prospettiva psicoanalitica anche in senso non clinico. Anche quando il teatro propone personaggi “estremi”, in essi è sempre possibile individuare caratteristiche universali percepibili da ogni spettatore. Esiste dunque qualcosa di più forte di un’analogia tra psicoanalisi e teatro: entrambi tendono alla comprensione della realtà emozionale dell’esperienza umana, creando un vero e proprio spazio rituale, entro il quale si possono determinare intense esperienze emotive. BIBLIOGRAFIA
-A.Angelini, Psicoanalisi e Arte Teatrale, Alpes Italia, Roma 2014 IMMAGINI TRATTE DA http://www.filosofico.net/freud.htm http://www.indafondazione.org/it/oggi-al-teatro-greco-baccanti-di-euripide-il-10-giugno-a-palazzo-greco-serata-in-memoria-di-matteotti/
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Febbraio 2023
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