di Cristiana Ceccarelli
Tenera è la notte è ambientata negli anni ’20, gli anni dell’illusione e dell’abbandono ai piaceri materiali, del perseguimento e della mostra del denaro. Sono anni turbinosi, dove l’assuefazione dalla materialità è un pretesto per non vedere la precaria e superficiale costruzione della realtà, con le sue bugie e repressioni. Il libro registra, in un realismo dalla forma poetica, il declino di una generazione, l’infrangersi delle speranze del boom economico causata dalla crisi del 1929, il distruggersi della patina dorata magistralmente dipinta sopra la fragile scorza di un’interiorità soffocata dall’apparenza, dall’alcool, dal denaro e dall’ascesa al potere; così convenzionalmente decisi quanto allettanti, come in un gioco di tira e molla. Siamo in Costa Azzurra, dove una giovane nascente attrice di Hollywood incontra un gruppo di americani in vacanza per l’Europa; tra quest’ultimi ci sono, appunto, i Diver, a cui tutti gli altri sembrano girare intorno, come sotto una sorta di incantesimo. La magia del portamento di lui, la spigolosa bellezza di lei. Lo snodo del racconto sembra essere l’amore dell’attrice Rosemary per Dick Diver, il quale però sembra rimanere sempre legato alla moglie. Sono loro il fulcro dell’intera storia. In un flashback scopriamo cosa davvero si nasconde dietro al riflesso della famiglia perfetta: un transfert, un paziente schizofrenico che ripiega, riflette, scarica le sue problematiche sul terapeuta, eleggendolo a salvatore. Il paziente sembrerà stare meglio ma avrà un ricaduta, il terapeuta pur di salvarlo, lo farà a costo della sua carriera e della sua interiorità; come in uno scambio di energie, l’uno diventerà più forte rendendo più debole l’altro, fino a quando lo stare insieme diventerà come non esserlo davvero e allora si può restare uniti solo col pensiero o con il pegno dell’autodistruzione. È una storia d’amore ricca di eccessi, attaccamento, sacrificio; ma è anche una storia d’amore ricca di estrema dolcezza e, forse, ingenuità. Colpa di quella speranza che ti fa credere davvero che l’amore possa porre rimedio e affievolire ogni cosa. Questo è un romanzo di una scrittura elaborata al dettaglio, precisa, curata in ogni minimo particolare. La ricercatezza linguistica rende, a tratti, la lettura un po’ difficile ma la trama non complessa e la poetica musicalità delle parole lo rende, nell’ insieme, scorrevole. Le parole si tengono in un continuum di estasiante profonda leggerezza; come le due facce di una realtà che vogliono evitare di incontrarsi ma sono attaccate, nel libro convivono in armonia stilistica scene cariche di drammaticità e frivolezze, proprio come accade nel processo che è la vita. I dialoghi lasciano spazio all’ introspezione, acuta, sincera; un’introspezione che svela tutto ciò che viene nascosto dalle pretese di una mondanità che altro non persegue se non il denaro e la perenne contentezza e assenza di problemi: paura, solitudine, tante imperfezioni. La trama può apparire semplice ma i personaggi, sono un capolavoro di umanità, sono costruiti perfettamente nelle loro caratteristiche quanto nei loro limiti; sono loro i veri protagonisti. Fitzgerald ha saputo renderli reali, di quel reale che pensi di star leggendo le vicende di una persona conosciuta dall’infanzia, ti affezioni ai personaggi, provi subito empatia o diffidenza, tale è la carica emotiva che solo dei personaggi veritieri sanno creare. “Perché l’uomo è dimora eccellente dei difetti, e lo è proprio per rendersi, con questi addosso, perfetto nell’imperfezione. A volte un uomo trova il senso della vita nel salvarne un’altra; può farlo per nascondersi, può credere sia l’amore o, può farlo per avere qualcuno che sia in debito, un debito automatico che deve essere ripagato: il perdono di questa imperfezione.
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Maggio 2023
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