Il 14 dicembre di 40 anni fa veniva pubblicato London Calling: doppio album capolavoro dei The Clash, la band inglese più popolare del 20esimo secolo, pietra miliare della musica rock. 9 brani per una raccolta eclettica in due vinili. Le canzoni prendono vita nei Vanilla Studios, trovati per caso in un annuncio, e incise poi ai Wessex Studios sotto la guida del produttore Guy Stevens, che durante la registrazione urlava, saltava e lanciava sedie per l’elettricità che si percepiva nell’aria. Il disco avrebbe dovuto chiamarsi The Last Testament, ma all’ultimo venne deciso London Calling, come la canzone che lo apre, che a sua volta era inizialmente stata pensata come Ice Age. Ai Vanilla Studios, officina meccanica convertita in sala prove vicino a Vauxhall Bridge, si creò un’alchimia particolare, tra i componenti come con la città, Londra, che portò la band a tornare alle origini garage per superarle. Con questo album infatti i The Clash si scrollano di dosso gli ormai stretti concetti di garage appunto e del genere punk dai tre accordi, che gli erano anche costati una critica (rivelatasi poi infelice) dalla famosa rivista musicale NME. London Calling è stato definito uno dei migliori album della storia della musica, per la sua fusione di diversi stili musicale e per la passione, azione e rabbia politica che porta con sé. Per questo la copertina non poteva che essere il bassista immortalato nello spaccare sul palco del Palladium di NY il suo Fender Precision. Uno scatto sfocato che la fotografa Pennie Smith non voleva fosse scelto ma che invece si sarebbe rivelato perfetto e sarebbe entrato a far parte dell’immaginario collettivo e dell’identificazione, non solo della corrente punk ma di un’intera generazione. Joe Strummer, Mick Jones, Paul Simonon e Topper Headon e la loro storia. La storia di una band che sembrò trovare in questo terzo album la loro verità, la loro caratteristica: la continua trasformazione. E Londra, la loro città che diventa il quinto componente, con i suoi luoghi, la sua storia, il suo presente e futuro. Un presente, a quel tempo (’79) complesso e in bilico a cui i The Clash hanno saputo, come nessun altro, dar voce. La loro è una Londra popolare, una città arrabbiata e ferita che decide di reagire. Rabbia e romanticismo. Brixton, Portobello Road, dove tre componenti si incontrarono la prima volta davanti la casa di George Orwell. La guerra civile spagnola. Landbroke Grove. Notthing Hill, Gli immigrati e le loro culture e influenze anche sulla musica. L’inverno dello scontento. L’elezione di Margaret Thatcher. Il Tamigi. La povertà, la guerra, la disoccupazione. Il loro disco che rimane, anno dopo anno, sempre attuale. Una trasformazione incessante che conobbe in questo album l’apice dell’espressione, che però senza il percorso e la storia precedente non sarebbe mai esistito. E il libro THE CLASH, del giornalista musicale Martin Popoff si propone proprio come guida illustrata della storia della band inglese. Tutti gli album, tutte le canzoni si legge in copertina. Ogni passaggio del loro percorso è spiegato e importante per definire l’identità del gruppo. L’autore analizza tutte e 91 le tracce che formano i 6 album, e ne descrive le circostanze della loro creazione, i dettagli, le date di uscita, i metodi di registrazione, il contesto storico. Il libro inoltre presenta rare foto dei backstage, immagini di copertine, poster.. Protagonisti: la musica che avvolgeva lo scopo di risvegliare l’attenzione sulle cose che sembravano sbagliate, e un gruppo che non è stato solo punk se con punk si intende la visione semplicistica e grezza con la quale veniva identificato. “I the Clash sono stati un gruppo di fusione, non una band di genere” disse Strummer, anche se del genere hanno mostrato lo spirito più ampio e l’impegno. Ed è questo che il libro aiuta a scoprire e capire. Cosa si intende per punk e in che modo i The Clash ne sono stati tra i più grandi rappresentanti superandolo? Se appassionati, assolutamente da avere!
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Febbraio 2023
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