A un pubblico del sec. 21°, il nome di Thomas Hardy (1840-1928) evoca l’esplorazione della vita rurale dell’Inghilterra vittoriana. Ma c’è molto di più. Nato nel 1840 nel Dorset (contea nell’area sud-orientale dell’Inghilterra), Hardy diventa apprendista di un architetto (aspetto non secondario, in quanto la descrizione di edifici e i riferimenti architettonici nella sua opera hanno un ruolo fondamentale), ricostruisce a suo modo la sua terra natia: essa assume il nome di Wessex (la denominazione geografica di questa zona nell’Inghilterra anglosassone), dove a scandire il ritmo della routine non sono più le incrollabili certezze metafisiche del Cristianesimo, ma la Wyrd (il destino, la sorte del mondo antico inglese), tornata prepotentemente in primo piano con la riflessione scientifica di Charles Darwin (il celebre saggio sull’Origine della Specie è del 1860, anno in cui Hardy muove i primi passi nell’agone letterario) e la riflessione filosofica di Arthur Schopenhauer, il quale nega l’esistenza di qualsivoglia divinità, sintetizzando che il mondo è governato da una volontà propria e autonoma (cfr. Wotton 1985: 36). La vita campestre descritta da Hardy non risulta essere affatto serena e idilliaca, ma è invece un microcosmo dominato dal caso e dalle coincidenze. Lo scrittore inglese recupera, in questo modo, il senso di fatalismo proprio del mondo anglosassone, reso ancora più angosciante da Darwin e dalla filosofia schopenhaueriana. Questo contesto filosofico-morale ben emerge in uno dei romanzi più noti di Hardy, Tess of the D’Urbervilles (“Tess dei D’Urberville” 1891). Qui è il caso a scatenare una vicenda ricca di echi biblici (numerose sono le allusioni al Genesi) e pagani (la conclusione a Stonehenge, il celebre sito precristiano): la famiglia Durbeyfield scopre, per bocca del reverendo Tringham, di essere probabilmente imparentata con la nobile ed estinta famiglia D’Urberville, giunta all’epoca dell’invasione normanna. Inizia una vicenda di riscatto sociale, non distante dai Malavoglia di Verga, di cui a farne le spese è Tess, la giovane protagonista, rappresentata come la Madre Terra precristiana e vittima di stupro da parte del ricco e ipocrita Alec (Radford 2003: 183). L’altro grande romanzo hardyano in cui è vivo il contrasto tra il mondo rurale del Wessex e la minaccia dell’industrializzazione è The Mayor of Casterbridge (“Il sindaco di Casterbridge”, 1886). La vita di Michael Henchard, il sindaco della piccola comunità agreste, è sconvolta dal freudiano ritorno del represso, cioè dal ritorno della moglie e della figlia che egli aveva venduto, mentre era ubriaco, a una fiera di paese. La sua reputazione non è solo compromessa dalla riapparizione della sua famiglia, ma anche dallo scontro col giovane Scozzese Donald Farfrae, portavoce di un modello socio-economico distante da quello di Henchard, ma, soprattutto suo successore alla carica di sindaco. La narrativa di Thomas Hardy è molto più di una rappresentazione della campagna: è la descrizione di un mondo che tenta di resistere all’industrializzazione, è un microcosmo dominato dalle sue leggi e dalle sue regole, riscritte alla luce del progresso scientifico, della filosofia di Schopenhauer e del fatalismo germanico. BIBLIOGRAFIA: - Wotton, G (1985) Thomas Hardy: Towards A Materialist Criticism, Lanham, Rowman & Littlefield. - Radford, Andrew D (2003) Thomas Hardy and the Survivals of Time, Farnham, Ashgate. Immagini tratte da:
- Thomas Hardy: da wikipedia, William Strang, Pubblico Dominio, voce Thomas Hardy - Original cover of Tess of the D’Urbervilles: da wikipedia, Pubblico Dominio, voce Tess of the D’Urbervilles. - Borgmästaren i Casterbridge: da Wikipedia svedese, Pubblico Dominio, voce Borgmästaren i Casterbridge.
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Maggio 2023
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