di Lorenzo Vanni Ogni volta che in letteratura si parla di spionaggio è solitamente per imporre uno sguardo meta-letterario: la spia è l’incarnazione finzionale dell’artista che dal suo punto di osservazione privilegiato esprime valutazioni personali di ordine etico sul proprio operato e sull’andamento del mondo. È un intellettuale che abbandona ogni pretesa di onniscienza e, piuttosto che osservare dall’alto ed esprimere giudizi sui personaggi coinvolti, preferisce scendere tra gli uomini fino a diventare uno di loro; il giudizio oggettivo non esiste più, ma è solo la partecipazione diretta dell’artista che si identifica nella spia a garantire l’oggettività. Un’oggettività fragile, evidentemente.
Il nuovo romanzo di Javier Marìas, pubblicato da Einaudi, è Tomás Nevinson ed è appunto un romanzo di spionaggio. Si ricollega idealmente con il romanzo precedente, Berta Isla, moglie di Nevinson, riproponendo personaggi di quel libro, già romanzo dell’anno per La Lettura 2017. In questo nuovo romanzo, Nevinson viene richiamato in servizio dal suo vecchio capo, Tupra, per scoprire dove si trova una delle attentatrici dell’Eta, organizzazione terroristica a favore dell’indipendenza dei baschi, che nel 1987 avevano realizzato un attacco al supermercato Hipercor dove erano morte una trentina di persone. La trama, nonostante non manchi di interesse, è l’elemento meno importante del libro. Non si apre con la richiesta di Tupra, ma con una riflessione sulla natura del bene e del male fatta riesumando un fatto storico risalente ai tempi di Hitler e che contiene in sé una domanda: saremmo disposti a uccidere una persona se sapessimo che ha compiuto una strage? Detto in altro modo: saremmo disposti a mettere da parte la nostra umanità verso chi ci è sconosciuto se sapessimo che proprio quello sconosciuto è uno dei peggiori criminali in circolazione? La risposta tra le righe di Marìas è no e per questo aiuta conoscere quella persona che si vorrebbe uccidere. Javier Marìas è noto per le sue digressioni inserite nel bel mezzo della narrazione: sono riflessioni di ordine etico, altre volte di carattere più generale. Le ossessioni dell’autore sono tempo, morte, l’ambiguità del bene: questo è il classico romanzo di cui non si può raccontare la trama perché ci si farebbe l’idea sbagliata. È un romanzo che ricalca la realtà: le cose che ci accadono stimolano riflessioni in noi sulla natura del nostro vissuto, alcune calate nel mondo contingente e altre che si rifanno a principi più astratti. È un romanzo postmoderno nel senso che la crisi di certezze sul mondo viene espressa attraverso ipotesi e domande poste a se stesso, senza giungere a una forma di verità, pur precaria, contrariamente a quanto accade nel Nuovo Realismo: è un romanzo per chi è disposto a farsi domande sul mondo e chiede che questo facciano gli scrittori. Oltre che un romanzo estremamente accessibile. Fonti immagini: ibs.it
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Maggio 2023
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