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19/3/2016

Trainspotting: sfumature di una parola

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​di Lorenzo Vannucci
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Il termine “Trainspotting” nacque agli inizi del '800. Il progresso economico e tecnologico scaturito dalla prima rivoluzione industriale portarono alla fine degli anni '20 alla creazione delle prime ferrovie (tra cui la celebre linea Liverpool – Manchester) e delle prime locomotive. In questi anni nacque il fenomeno del fare trainspotting (trascorrere la giornata lungo le nuove linee a vedere i nuovi treni). Tale avvenimento, nato come semplice passatempo, divenne nel corso degli anni qualcosa di virale, con tanto di regole (annotare su un taccuino il numero della locomotiva).
Il titolo del celebre romanzo di Irvine Welsh, Trainspotting, si riferisce a un episodio all'interno del capitolo “Trainspotting at Leith Station”: Renton e Begbie, mentre stanno urinando nell'ormai dismessa stazione centrale di Leith, vengono improvvisamente avvicinati da un vecchio barbone, che si scoprirà solo in seguito essere il padre di Begbie. Costui chiede loro se stessero facendo trainspotting (ingannare il tempo osservando i treni in arrivo ed in partenza dalla stazione). Il termine “trainspotting”, pertanto, indica in maniera generica tutti coloro che passavano le loro giornate a contare i treni, senza salirci nè facendosi domande sulla destinazione.


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Tuttavia, se andiamo a verificare più attentamente, la parola assume anche altri significati. Il termine “spot" indica il bagliore accecante che si manifesta subito dopo l' assunzione di eroina per via endovenosa, mentre per Cardullo Bert e Patricia Horton il termine “trainspotting” indica l'atto di iniettarsi una dose “a metaphor for shooting heroin”. La loro interpretazione, pertanto, è limitata a una visione più “Welshiana” del termine, vale a dire al tema della marginalizzazione, dell'alienazione e dell'atto di bucarsi.
Trainspotting, infatti, non è altro che un viaggio nel mondo dell'eroina, un inferno chimico in cui sono imprigionati Renton e compagni, incapaci di andarsene da Leith. La celebre ribellione di Renton, che finisce per scegliere di non vivere, sfocia in una sfida contro la società che vede nei tossici degli emarginati. In un mondo di desolazione, la droga diviene l'unico modo di evadere dai problemi della vita: i soldi, la ragazza, le bollette, di fronte alla potenza dell'ero, non hanno nessuna importanza. Drogarsi significa rifiutare qualsiasi aspetto della vita sociale, dai suoi valori ai problemi che ci pone davanti.


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Mentre nel romanzo il lettore non ha la certezza che Mark sia effettivamente cambiato, “as he contemplate his life in Amsterdam”, nel film Renton dichiara di avere chiuso con la Scozia e di volere effettivamente cambiare vita. Non è un caso, allora, che nel film il campo semantico dei treni acquisti molta più importanza rispetto al romanzo. La scena alle Highlands, aggiunta volutamente da Danny Boyle, potrebbe essere interpretata come un primo tentativo di fuga da parte di Mark. Basti ricordare che Renton, mentre si trova nel limbo dei drogati in seguito all'astinenza da droga, crede che la stanza sia piena di treni.
Trainspotting, pertanto, significa essere spettatori passivi, come se ipnotizzati, mentre il mondo reale scorre davanti a noi. Nonostante il senso di libertà sia molto più forte nella versione filmica (rappresentato in senso metaforico dal treno), i ragazzi del buco non riescono ad andarsene da Leith. Sick Boy e compagni nel corso del romanzo hanno svariate occasioni di cambiare vita, di prendere un treno e di andarsene in un altra città, ma fino alla fine della loro vita rimangono invischiati nell'inferno chimico di Leith.

Bibliografia:
Partricia Horton, Trainspotting, A Topography of the Masculinr Ablect, Oxford, English The Joutnsl of the English Associations, 2001, p.223.
Irvine Welsh, Trainpsotting, London, Vintage, 2004
Si veda I.Welsh, Trainspotting, pp 342-343
B.Schoene, The Edimburg Companion to Irvine Welsh, Edimburgh, Edimburgh University Press, 2010
A. Kelly, Irvine Welsh, Manchester, Manchester University Press, 2005
R.Morace, Trainspotting, A Reader's Guide, London, Continuum, 2001

Sitografia:
http://www.ldoceonline.com/
http://www.urbandictionary.com

Immagini tratte da:
- joblo.com
- pinterest.com
- cinema.everyeye.it

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