di Lorenzo Vanni Il fatto di cronaca nera è il seguente: un uomo viene trovato morto con la gola tagliata e dell’omicidio viene accusato un rider. Incredibilmente, però, il caso viene considerato un suicidio. È questa la materia di partenza da cui prende spunto il romanzo d’esordio di Alessia Sorgato, “Ulyssa lo sa”, pubblicato dalle Edizioni Torre dei Venti.
Sorgato non è solo autrice, ma anche e soprattutto (fino a questo momento) avvocato specializzato in casi di violenza di genere quindi conosce dall’interno i meccanismi che dettano il funzionamento della giustizia e soprattutto dell’apparato burocratico che è sotteso. È questo in effetti l’elemento che emerge di più dalla narrazione: non tanto l’aspetto investigativo, non tanto l’aspetto di disvelamento, quanto piuttosto l’esposizione impoetica della prassi seguita quotidianamente da chi è tenuto a indagare o difendere un imputato. Si tratta dunque di un ribaltamento dello schema classico dei gialli, basati su suspense e thrilling, per poi portare a una verità complessiva che dia un senso alla storia in sé e spieghi aspetti del carattere umano di cui l’indagine costituisce un’epitome. L’interesse di Sorgato è un tipo di verità diverso: la verità priva di poesia dell’ordinarietà che deriva dalla conoscenza del meccanismo interno. Non esistono valutazioni morali, non esistono rappresentazioni più grandi degli assoluti del mondo, ma più banalmente esiste una procedura da seguire. La verità vera, se interessa, è questa. Tutto il resto è un orpello da romanzieri. Questo non significa che, in questo romanzo, non ci siano espedienti narrativi. Le whippets sono personaggi riusciti che da un lato aiutano nell’esposizione di informazioni tecniche che in mani meno consapevoli farebbero crollare tutto sotto l’info-dumping, dall’altro fanno da controcanto parzialmente umoristico alle vicende più centrali. Il loro ruolo ricorda quello degli Irregolari di Baker Street sfruttati da Conan Doyle nelle “Avventure di Sherlock Holmes” dove fanno da aiutanti del celebre investigatore privato. L’altro aspetto da sottolineare è che il romanzo è ambientato in pieno periodo Covid. L’impressione generale che si ha leggendo i libri ambientati in questa fase è che ci sia una sorta di autocensura che porta a raccontare con imbarazzo e una certa riluttanza il periodo trascorso; questa incertezza e difficoltà non ci sono in Sorgato che non compie l’errore di altri scrittori di sentirsi in dovere di raccontare cosa significano le fasce di colore, che cosa sono le mascherine e cosa dicono i DPCM. In Sorgato questo non accade: la pandemia e le restrizioni sono solo un contesto che non è determinante ai fini della storia. Potrà sembrare banale dire questo, anzi dovrebbe essere la normalità, però la sensazione è che gli scrittori si stiano preparando a raccontare una grande storia sul Covid trovando ancora difficoltà nell’usare le parole giuste. In sintesi, quel che ha in comune Sorgato con altri giallisti è la ricerca della verità, ma con mezzi diversi, più reali. Non manca di assumere posizioni implicitamente critiche quando giustappone scene di indagine e ricerca con le whippets ai fatti che accadono in America sotto l’amministrazione Trump. L’associazione è Trump-notizie false fino al culmine di Capitol Hill che ne rappresenta il momento topico; a questo si contrappone la narrazione. Contro Trump, ma anche contro i “poeti del giallo”. Fonti immagini: thrillernord.it
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Maggio 2023
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